Il vero problema dell’INVALSI 2023? I risultati delle elementari

Si sprecano i commenti (e le bufale) sugli esiti delle prove INVALSI 2023, ma il presidente dell’Istituto Roberto Ricci, intervistato da SenzaFiltro, punta il dito su alcuni dati positivi e su ciò che dovrebbe davvero destare preoccupazione

INVALSI 2023, una bambina di scuola primaria svolge le prove

Da quando sono usciti i risultati delle prove INVALSI ho letto di tutto, dai commenti infelici dei grandi psicologi, ai titoloni sui quotidiani che denunciano il grosso divario tra Nord e Sud evidenziato dai risultati. Hanno scoperto l’acqua calda. Il divario c’è sempre stato; ne avevo parlato anche in un precedente articolo con il presidente INVALSI Roberto Ricci, che ha dato una spiegazione chiara di questo dislivello, che purtroppo si è acuito (e non per colpa degli anni di pandemia).

Nessuno, invece, si preoccupa di evidenziare quello che di positivo è emerso dalle prove.

Il buono dei risultati INVALSI 2023: meno dispersione, migliora l’inglese

Le prove INVALSI 2023 hanno coinvolto oltre un milione di allievi della scuola primaria (classe II e classe V), circa 570.000 studenti della scuola secondaria di primo grado (classe III) e più di un milione di studenti della scuola secondaria di secondo grado. Che cosa ne è uscito di buono?

“In primo luogo la dispersione implicita, cioè la quota di studenti molto fragili, è diminuita di un punto percentuale ed è passata da 9.7% a 8.7%. Questa diminuzione è un dato positivo”, spiega il presidente INVALSI Roberto Ricci, “perché questi ragazzi corrono il grande rischio di trovarsi in condizioni di esclusione sociale, se non raggiungono le competenze per muoversi in un mondo sempre più complicato. E questa diminuzione della dispersione implicita è stata rilevata soprattutto nelle Regioni del Sud, che vivono da sempre una situazione più complicata”.

L’altro dato positivo riguarda l’inglese, che migliora in modo rilevante rispetto al 2018. L’11% in più di studenti ha raggiunto i traguardi. In più, sempre in inglese, il 54% degli studenti raggiunge il B2 nella prova di reading (+2 punti percentuali rispetto al 2022) e il 41% in quella di listening (+3 punti percentuali rispetto al 2022 e ben +6 punti dall’inizio della rilevazione, collocato nel 2019).

Roberto Ricci, presidente INVALSI: “Il dato davvero preoccupante del 2023 non riguarda le superiori”

Poi tocchiamo il nervo scoperto, quello di cui parlano tutti e che riguarda gli studenti delle superiori: in italiano il 51% degli studenti (-1 punto rispetto al 2022) raggiunge almeno il livello base, e il divario tra Nord e Sud raggiunge la quota di ben 23 punti percentuali.

Il problema c’è sempre stato e quest’anno coinvolge l’1% in più degli studenti, ma il dato più preoccupante non è questo. Secondo Ricci “quello che si osserva alle superiori è un problema già presente alla scuola primaria, che purtroppo si acuisce nel tempo. Le scuole primarie sono sempre state un po’ il nostro fiore all’occhiello, e invece anche loro quest’anno registrano un calo, più evidente tra i bambini di quinta rispetto a quelli di seconda”. Questo è il dato che dovrebbe preoccuparci. Ecco i dati, nel dettaglio.

Per la II primaria:

  • in italiano, circa il 69% (era il 72% nel 2022) raggiunge almeno il livello base;
  • in matematica, circa il 64% (era il 70% nel 2022) raggiunge almeno il livello base.

Per la V primaria:

  • in italiano circa il 74% (era l’80% nel 2022) raggiunge almeno il livello base;
  • in matematica circa il 63% (era il 66% nel 2022) raggiunge almeno il livello base.

La scuola comincia mostrare segni di cedimento, e soprattutto al Sud sono evidenti le differenze tra scuole e tra classi. Roberto Ricci mi spiega che la rappresentazione semplificata che vedeva buoni risultati alle elementari, una sorta di buco nero alle medie e un andamento altalenante alle superiori non è più veritiera.

“I problemi affondano le loro radici nella scuola primaria e diventano più grandi man mano che i ragazzi crescono. In realtà per quanto riguarda la primaria il nostro Paese è ancora tra i migliori in Europa, ma non possiamo negare che ha subito un calo”.

Il paternalismo della domenica all’indomani dei risultati INVALSI

Di certo tutte le ipersemplificazioni che si leggono in questi giorni sui giornali non fanno bene a nessuno. Leggo su Orizzonte Scuola: “Prove INVALSI 2023, Crepet: ‘Uno studente su due non sa niente. Oggi vogliono fare tutti l’influencer e lo youtuber’. E aggiunge che almeno prima i ragazzi puntavano a fare i calciatori, che era più difficile.

Puntare il dito contro i ragazzi non serve a nulla. I ragazzi non sono tutti uguali, non vivono negli stessi contesti, non sono tutti facilmente influenzabili, non vivono tutti con il telefonino in mano. Vero è che la politica si è troppo spesso disinteressata di loro, ma tutte le attuali polemiche sui risultati INVALSI hanno finalmente destato l’interesse del ministro Valditara, alleluia, dal quale è arrivato un segnale forte. Staremo con le antenne dritte.

Ora non si tratta solo di trovare le risorse. La sfida è metodologica, didattica e di organizzazione.

 

 

 

Photo credits: altuofianco.blog

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