United Sales of America, come ti vendo il carisma

Negli USA abbiamo una cultura che per alcuni tratti è diversa da quella europea. Uno di questi tratti è il grado di imprenditorialità e l’enfasi che si dà al ruolo delle vendite, o sales. È facile trovare gruppi di scout che vendono biscotti e capannelli di bimbi che provano a vendere la loro limonata. Si […]

Negli USA abbiamo una cultura che per alcuni tratti è diversa da quella europea. Uno di questi tratti è il grado di imprenditorialità e l’enfasi che si dà al ruolo delle vendite, o sales. È facile trovare gruppi di scout che vendono biscotti e capannelli di bimbi che provano a vendere la loro limonata. Si può immaginare che quei biscotti e quelle limonate lascino molto a desiderare dal punto di vista culinario e igienico, ma noi grandi siamo pronti a pagare per comprare quantità dell’uno e dell’altro, sapendo che non li consumeremo nemmeno. Il motivo è che questi primi esercizi di vendita, che vengono seguiti nelle scuole medie e licei dalla raccolta di fondi per attività extrascolastiche, sono percepiti come altamente importanti per instillare l’etica del lavoro e la capacità di convincere il prossimo.

Vendite senza accademia

In un paese dove l’individualismo è un tratto caratteristico della cultura nazionale, imprenditore e venditore (e loro declinazioni al femminile) sono le professioni che ottengono il maggiore rispetto e i maggiori salari. Questo non significa che non esista discriminazione salariale nelle vendite tra maschi e femmine, al contrario, ma chi lavora nelle vendite normalmente guadagna ben più di altri enti.

Sorprende quindi che a livello universitario non esistano corsi dedicati alle vendite: si può studiare economia, gestione aziendale, marketing, ma la vera e propria disciplina delle vendite ha una scarsissima copertura accademica, sia a livello di insegnamento che di ricerca. La spiegazione è che il mestiere delle vendite, in USA molto più che in Europa, è essenzialmente solo relazionale. Ecco quindi che aziende piccole e grandi ricorrono alla formazione professionale di consulenze specializzate, come Sandler’s Training, che annovera tra i clienti anche nomi come Accenture e Ford. Il metodo che viene insegnato si basa su un approccio disciplinato alle diverse fasi di pre-suasione e per-suasione, in pratica teso alla creazione di un rapporto fiduciario, cui segue una fase di analisi dei “problemi” del cliente, che invariabilmente saranno percepiti come risolti o risolvibili con le soluzioni proposte da venditore o venditrice.

Da un punto di vista accademico c’è in effetti abbondante ricerca nel campo della psicologia, specificamente della persuasione e della gestione del bias cognitivo. Autori come Robert Cialdini, Dan Siegel, Dan Kahnemann e altri sono il riferimento continuo per chi volesse approfondire.

I venditori americani

Dal punto di vista di chi gestisce un’azienda italiana negli USA, la prima sorpresa è proprio nell’ammontare e nella struttura della paga dei venditori. Stipendi fissi da 150.000 a 300.000 dollari a seconda della città variabili su venduto o primo margine, che arrivano a moltiplicare queste cifre per tre o quattro volte, sono comuni per venditori senior che presidiano bene il proprio mercato. I costi sono inoltre aumentati da spese che in Europa non sarebbero minimamente ammesse, come 60.000 dollari di sola iscrizione annua al Country Club dove giocare a golf con clienti e prospect. Per questo motivo è anche comune trovare agenti che vengono pagati solo su commissione una volta vinto l’ordine.

Nel caso di aziende tecnologiche, dove quindi il prodotto o servizio abbiano un notevole grado di complessità, non pensiamo che il venditore andrà mai oltre una superficiale conoscenza del tema in oggetto. Tutto il suo lavoro è mirato alla costruzione e gestione dell’aspetto relazionale, e qualsiasi comunicazione di carattere tecnico viene demandata a colleghi in prevendite, progettazione o altri enti. È importante sottolineare come questo configuri un mestiere molto “solitario” e molto basato su misure quantitative delle performance. Il vantaggio rispetto alle aziende europee è che il “potere politico” delle vendite è più delimitato; lo svantaggio è che i venditori finiscono per girare da un concorrente all’altro, perché sono fedeli solo a se stessi e non alla propria organizzazione, e anche perché una volta costruite le relazioni in un determinato mercato è veramente difficile ripartire da zero in uno nuovo.

Gli acquirenti americani

Vi chiederete quindi quale grado di attenzione e “cattiveria” ci sia dall’altro lato, quello dell’acquirente. A livello consumer molte persone cercano di rifuggire il rapporto personale, mirando più che altro alla qualità e tempestività del servizio. Un americano su quattro è abbonato ad Amazon Prime, e l’e-commerce in generale ha fatto passi da gigante a scapito del retail tradizionale. Questo ha determinato un trend molto interessante verso la customizzazione dell’esperienza di vendita, in modo da portare su Internet un livello di intelligenza emotiva e personalizzazione che fino a poco tempo fa non erano possibili.

Se andiamo a vedere un paragone tra prezzi USA e prezzi europei, gli americani continuano mediamente a pagare di più, tranne per quelle poche categorie merceologiche che sono state rese commodity dall’e-commerce. Questo va dall’esempio dell’automobile, mediamente molto più economica delle nostre proprio perché resa commodity, al farmaco, che al contrario costa dalle tre alle cinquanta volte un nostro equivalente (infatti solo ora Amazon sta iniziando a vendere farmaci, e ne vedremo delle belle).

Anche a livello business to business, le aziende acquirenti usano outsourcing e tecnologia per evitare o contenere il rapporto personalizzato con i venditori. Tuttavia anche in questo caso la cultura fa la parte del leone, e la peace of mind è il criterio principale per assegnare un contratto all’una o all’altra azienda. Si sono quindi sviluppate nicchie professionali, come il customer success, che puntano proprio a sviluppare la relazione sul lungo periodo per andare oltre la singola vendita, verso un ruolo di partnership dove il fornitore dimostra il suo contributo al successo del cliente nel medio e lungo periodo. Da Boeing nella vendita a servizio dei suoi aerei, a PTC nella vendita a canone di tutti i loro prodotti SW, a molte altre aziende che riclassificano i propri prodotti come servizi da vendere a consumo sul lungo periodo, il trend generale è quello di enfatizzare il contributo che si riesce a dare alle performance del cliente.

Venditori negli USA: ecco come fare

Quindi, se qualcuno volesse pensare a perseguire una carriera nelle vendite in USA, da dove bisogna iniziare? Partiamo dalla considerazione che oltre alla lingua non natia, mediamente non conosciamo una serie di argomenti di conversazione (sport, scoutismo, volontariato, associazioni di alumni sono argomenti ricorrenti, mentre si deve star lontani dal dibattito politico, razziale o religioso), quindi si parte da una posizione di handicap.

Le tecniche di vendita possono essere apprese facilmente a livello razionale, ma per essere introiettate come un comportamento naturale posso assolutamente suggerire una forte esperienza di teatro. Solo una persona su seicento riesce a farcela a Broadway, ma da anni i migliori venditori degli USA sono proprio quei 599 che non ce la fanno. Perché?  Proprio perché la professionalità dell’attore è quella che si avvicina di più a quella del venditore americano, che sa pre-suadere e per-suadere l’audience. L’attore sa percepire e modulare lo stato d’animo di chi ha di fronte in modo facile e naturale, e nel far questo riesce proprio a stabilire e poi costruire quel rapporto fiduciario che sta alla base delle fasi che poi portano alla vendita.

Infine, in quanto italiani siamo culturalmente predisposti a un elemento fondamentale nel lavoro delle vendite: possiamo usare il senso dell’umorismo con tatto ed efficacia. Nelle vendite la capacità di rendere “leggero” il clima della conversazione è fondamentale, e gli italo-americani ne fanno normalmente un cavallo di battaglia.

In conclusione, mi sento di raccomandare un’esperienza lavorativa di due-tre anni negli USA per chi sia in ambito marketing o vendite: l’aspetto di crescita professionale su metodi e tecniche di comunicazione è molto evoluto, e consente di rientrare in patria con un buon bagaglio di esperienze facilmente riciclabili.

 

Photo by Mike Licht [CC BY-NC-ND 2.0] via Flickr

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