Quando il porno non basta mai

L’era digitale ha moltiplicato sia la domanda che l’offerta di pornografia online, con tutti i fenomeni correlati: così è sempre più facile cadere nella pornodipendenza. OnlyFans, che garantisce un guadagno medio di 800 dollari al mese, è il più recente spartiacque: intervistiamo il creator Alessio Spera e la sessuologa Giulia Leto

08.10.2024
Pornodipendenza, Rocco Siffredi guarda in camera

Mi ha scritto la prima volta su Instagram con una scusa”, racconta Laura (nome di fantasia), 26 anni. “Mi ha fatto i complimenti per la foto che avevo scattato al tramonto. Da lì la conversazione è andata avanti e si è prolungata, con alcuni momenti di pausa, per alcuni giorni. Sembrava, a prima vista, un tipo come tanti: foto di libri, foto al mare, selfie, foto di gruppo in vacanza con gli amici. Finché, un giorno, non mi ha avanzato una proposta: mi avrebbe pagato una cifra da me stabilita per una foto dei miei piedi. All’inizio sono rimasta incredula e, in parte, spaventata dalla richiesta. Pensavo si trattasse di un maniaco o di una persona che voleva prendersi gioco di me. Così l’ho ringraziato gentilmente e ho rifiutato l’offerta. Lui sembrava aver incassato bene il colpo e non ha insistito. Se non che, qualche giorno dopo, è tornato all’attacco: ‘Ti pago quello che vuoi. Che ti costa? Ho questo fetish, accontentami, ti prego’”.

“In quel momento – racconta Laura – ho capito che la cosa non si sarebbe chiusa lì e che, se non avessi messo un punto fermo, lui avrebbe continuato a importunarmi. Così gli ho detto di non scrivermi più e l’ho bloccato. Sembrava finita lì e invece qualche settimana dopo mi arriva una richiesta di messaggio privato da parte di un profilo anonimo, sempre su Instagram. Entro e leggo il contenuto del messaggio: ‘Ciao, sono un money slave. Sai cosa vuol dire?’. Anche in quel caso, resto allibita: non avevo mai sentito quel termine prima d’ora: ‘No, cosa significa?’, gli chiedo. ‘Vuol dire che posso essere il tuo schiavo: mi eccita pagarti. Non voglio niente in cambio. Tu mandami il tuo IBAN e io ti faccio un bonifico della cifra che preferisci: mi piacerebbe darti tutto il mio stipendio mensile’. Sono rimasta a guardare lo schermo senza parole per qualche minuto. Poi ho risposto: ‘So che sei tu. Smettila di stalkerarmi o ti denuncio’. Da quel momento, almeno fino a oggi, questa storia sembra essersi chiusa lì”, conclude Laura.

Quello di Laura non è un caso isolato. Con la diffusione delle piattaforme social e degli smartphone, il sexting – ossia l’invio di testi o immagini sessualmente esplicite tramite Internet o telefono cellulare – è una pratica sempre più diffusa. Se consensuale, lo scambio di questo tipo di materiale non costituisce motivo di offesa, o un reato. Il problema sorge nel momento in cui l’invio o la richiesta di questi contenuti avviene senza il permesso o il consenso dell’altra persona. E su Internet, spesso, il confine tra le due situazioni si fa labile – a volte, indistinguibile.

Così si assiste alla diffusione e al proliferare online di reati come la sextortion – truffa perpetrata ai danni di utenti ai quali, con l’illusione di un flirt o una storia sentimentale, sono estorte immagini erotiche usate poi come strumento di ricatto (136 casi nel 2023 vs 130 nel 2022, secondo il bilancio annuale della Polizia Postale) – e il revenge porn o, più correttamente: la condivisione, attraverso la rete, di materiale intimo della persona ritratta allo scopo di nuocerle, umiliarla o ricattarla. E più di tre giovani su dieci hanno subito molestie tramite social, messaggi o telefonate.

Il successo di OnlyFans e i guadagni dei suoi creator

Il mondo del sesso è da sempre sfaccettato, complesso e difficile da indagare. Con l’avvento di Internet, la nascita dei social network, delle piattaforme online per adulti, siti, app d’incontri e chat anonime con tanto di webcam, il quadro si è ulteriormente parcellizzato. A farla da padrone, dall’esplosione della pandemia di COVID-19 nel 2020 in poi, sono state però le piattaforme porno amatoriali, dove qualsiasi utente può fare del proprio corpo e delle proprie performance sessuali un business, più o meno redditizio. Una su tutte è sorta agli onori delle cronache in questi ultimi anni: OnlyFans.

Fondata nel 2016 da Timothy Stokely, oggi 39 anni, assieme al padre Guy Stokely, banchiere in pensione, e al fratello Thomas, OnlyFans – nota anche solo con l’acronimo “OF” – fa il salto di qualità nel 2018, quando Leonid Radvinsky, un misterioso imprenditore ucraino naturalizzato statunitense con un’esperienza torbida nel campo del business online, decide di acquistare il 75% della società. All’epoca OnlyFans era un semplice sito di video e un social network in fase di costruzione, che permetteva a content creator di vario genere – perlopiù sex worker, ovvero chi offre prestazioni sessuali in cambio di un compenso in denaro – di guadagnare in autonomia da casa propria. Oggi, invece, l’azienda britannica viaggia su numeri da capogiro: conta ben 240 milioni di utenti attivi e 3.1 milioni di creatori di contenuti, e fattura 4.8 miliardi di dollari l’anno.

Funziona così: gli utenti aprono un account e chiedono agli spettatori, che l’azienda chiama “fan”, di pagare un abbonamento che vai dai 4,99 e ai 49,99 dollari al mese per guardare contenuti esclusivi. L’80% dei guadagni va ai performer, il 20% a OF. Per fare un esempio: con 500 abbonati paganti 4,99 dollari al mese, i ricavi di un creator arrivano a 2.500 euro al mese, a cui bisogna togliere la commissione del 20% della piattaforma.

Al di là delle storie sensazionali di creator che guadagnano centinaia di migliaia di euro all’anno, che si leggono sui grandi media, in realtà il guadagno medio, nel mondo, si aggira sugli 800 dollari al mese. Quanto il minimo previsto da uno stage extracurriculare nella Regione Lazio, per intenderci.

Alessio Spera: “OnlyFans è un lavoro duro, sono un imprenditore”

Sfondare su Onlyfans, infatti, non è affatto semplice. Il successo dei creator sulla piattaforma erotica online è collegato ai numeri raggiunti su altri social: essendo i contenuti disponibili solo a pagamento, i fan atterrano su OF solo dopo aver seguito la persona su altri canali, di solito TikTok, Instagram o X. La vera partita si gioca lì, quindi, e non su OnlyFans.

Alessio Spera, 21 anni, è uno dei creator italiani più seguiti su OnlyFans. Con 39.200 follower su Instagram e altrettanti su TikTok, Spera ci racconta che in un mese su OF riesce a guadagnare in media “8-10.000 dollari”, ma in un caso è riuscito addirittura a raggiungere i 15.000. Il suo segreto? Aspetto fisico a parte, il target a cui si rivolge.

Sono eterosessuale, ho anche una compagna, ma il mio pubblico è composto al 99,9% da ragazzi gay. Per questo ho deciso di creare contenuti rivolti principalmente a loro, ottenendo un grande successo”. Il creator non si vergogna e non si interessa dei giudizi altrui: “Ci sarà sempre chi storcerà la bocca, mio padre ad esempio non era contento della mia scelta, ma a me piace quello che faccio, mi riesce bene e guadagno tanto. Molti miei coetanei sono invidiosi del mio successo”.

Alessio ha iniziato la sua carriera in questo settore solo due anni fa, perché aveva bisogno di soldi.

“Avevo problemi famigliari ed economici e ho capito presto che questo era il modo migliore e più veloce per guadagnare”. Se un giorno se ne dovesse pentire? Non succederà mai. Non mi voglio nascondere, è un motivo di vanto per me”.

Oggi Alessio lavora a tempo pieno in questo campo e collabora con altri creator, principalmente all’estero: “Qui in Italia il giro è troppo piccolo, così ho deciso di stringere partnership con altri creator all’estero. Lì c’è anche molta più attenzione alla salute e alla prevenzione: ogni tre settimane facciamo i test per le malattie sessualmente trasmissibili”. E le tasse? “Ho aperto una partita IVA e OnlyFans manda tutto quello che fatturo all’Agenzia delle Entrate. È tutto tracciato”.

A chi sostiene che questo non sia un vero lavoro, Spera risponde che “in realtà è un lavoro molto duro e non è per tutti. Oltre alla parte relativa alla registrazione e al montaggio dei video, c’è la gestione dei canali social, le chat con i fan e la necessità di pensare costantemente a nuove strategie per restare rilevanti. Sono un imprenditore a tutti gli effetti, ma in Italia la mentalità è ancora troppo arretrata”.

I sintomi della dipendenza da pornografia

Se c’è chi è ancora scettico di fronte a questa nuova frontiera del porno online, altre persone, anche famose, hanno ammesso invece di farne un uso eccessivo e di esserne diventati dipendenti. Tra gli altri il rapper Guè Pequeno, che ha rivelato al podcast Growing Up Italian di spendere su OF oltre 5.000 euro al mese: “È la truffa del futuro”, ha dichiarato il cantante.

In Italia, la “dipendenza dal sesso” riguarda il 5,8% della popolazione adulta: dati che non si discostano di molto da quelli mondiali, che oscillano tra il 3% e il 6%, con l’ago della bilancia leggermente spostato verso il sesso maschile.

Quando si parla di ipersessualità o dipendenza dal sesso online bisogna fare però una precisazione importante: “Ad oggi non esiste ancora una categoria specifica per la dipendenza da pornografia online,” spiega Giulia Leto, psicologa e sessuologa del Centro Il Ponte, che collabora con la piattaforma online miosessuologo.it. “Quindi nel DSM-5 (manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) l’unica dipendenza comportamentale a cui viene data una categoria è il disturbo da gioco d’azzardo, mentre viene ancora posta una discussione circa le altre”.

Le persone, inoltre, usufruiscono del porno per motivi diversi: “Può essere utilizzato per un uso ricreativo, legato alla possibilità di incrementare l’eccitazione sessuale e fantasie, come può essere anche collegato a una funzione compensatoria di fantasie sessuali che non trovano altra forma di soddisfacimento, o ancora come strategia di regolazione emotiva, gestione delle emozioni considerate negative,” continua la sessuologa. “A tal proposito, alcuni studi focalizzati sulla fruizione di pornografia online hanno evidenziato uno stato di dissociazione online che comporterebbe una perdita di controllo circa il tempo e forme di depersonalizzazione”.

Per Leto non è possibile trovare una correlazione a priori tra la fruizione di un certo tipo di materiale e lo sviluppo di una dipendenza: “Non tutte le persone che usufruiscono di determinati servizi o contenuti sviluppano un comportamento dipendente, e dietro la dipendenza si celano vissuti spesso impliciti, legati a quanto citato sopra e molto altro”. Per quanto riguarda le conseguenze della dipendenza, invece, queste esistono “e possono essere svariate sia in termini di coppia (difficoltà sessuali, conflitti, aspettative vs comportamenti sessuali del partner, etc.), che individuali (vergogna, colpa, solitudine, depressione, ansia)”.

Il porno ha fatto anche cose buone?

Attraverso i social network e le piattaforme porno amatoriali oggi il sexting e il sesso sono sempre più sdoganati e sempre meno tabù, tanto che si parla di “ipersessualizzazionedella società. Per Leto è ingiusto però demonizzare il ruolo dei social in questo senso.

“Con ogni probabilità, oggi il tema della sessualità è qualcosa di cui si può parlare maggiormente anche grazie ai social network, i quali non propongono solo temi – quindi immagini e contenuti di natura sessualizzata – ma provano anche a condurre una psicoeducazione che possa arrivare ai giovani e non solo. Oggi molti giovani arrivano a intraprendere percorsi psicosessuologici anche grazie a queste pagine, le quali forniscono spunti, danno informazioni in pillole e permettono di alimentare domande, curiosità e quindi una conoscenza di sé e l’altro più sviluppata.”

“È chiaro,” specifica la sessuologa, “che questa tipologia di contenuti e l’effetto che può avere sulla persona siano ben differenti rispetto alle piattaforme pornografiche di natura sia amatoriale che non. Tuttavia, è necessario non demonizzare la pornografia e non farla diventare qualcosa di negativo.”

“Quando parliamo di sexting, invece, è necessario fare due riflessioni distinte. Da una parte, il sexting permette alle coppie, ad esempio, di scoprire una nuova dimensione della sessualità, fatta di fantasie, oltre a fornire un modo per rimanere in contatto se distanti o per incrementare un livello di eccitazione durante una giornata, che può trovare il suo picco massimo di piacere una volta ricongiunti. Allo stesso tempo è vero anche che il principale interlocutore del sexting è lo schermo, e che se questo da una parte rappresenta un buon modo per sperimentare una forte disinibizione, dall’altra parte può essere il simbolo della paura del contatto e del rapporto carnale, e dunque una protezione che l’individuo pone fra sé e l’altro. In conclusione, non possiamo generalizzare, ma valutare di volta in volta di cosa si tratti, tenendo la mente sgombra da pregiudizi che annebbiano e creano solo confusione nel clinico che si interfaccia con una persona.”

Si fa presto a puntare il dito e a mettere un carico morale su tutti i fenomeni che riguardano il sesso, la più scabrosa e quotidiana delle esperienze umane. Se queste tendenze sono un’ebbrezza destinata a mitigarsi da sé o se segneranno l’avvento di una nuova esperienza della sfera intima, è ancora presto per capirlo: l’era della pornografia accessibile è ancora troppo giovane per esprimere consensi o dissensi.

 

 

 

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Photo credits: cinematographe.it

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