E alla fine la sentenza è arrivata: nessuna responsabilità del datore di lavoro per la mancata previsione del rischio da innevamento eccessivo, e del conseguente isolamento, all’interno del DVR (Documento Valutazione dei Rischi), che avrebbe permesso di gestire l’emergenza e salvare la vita di molti dipendenti e clienti.
Il processo per quanto è successo a Rigopiano il 18 gennaio 2017 – quando la valanga travolse e uccise 29 persone – continua, ma “per la responsabilità del datore di lavoro su cui avevamo puntato il dito non c’è stato il riconoscimento in questo grado di giudizio”, commenta Massimiliano Gabrielli.
“Resta quindi quanto era stato definito in precedenza, ossia le condanne al gestore dell’albergo e al geometra che aveva redatto la relazione allegata al permesso per la ristrutturazione dell’albergo, per i reati di falsità ideologica loro attribuiti. Sui risarcimenti in favore delle parti civili si deciderà all’esito del giudizio di rinvio”.
Nonostante non prenda in considerazione il tema della sicurezza da parte dei datori di lavoro, la sentenza della Cassazione del 3 dicembre dà indubbiamente delle speranze. Il processo continua con una versione “bis” a Perugia – probabilmente nel marzo 2025 – per i sei dirigenti della Protezione Civile della Regione Abruzzo e il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta. Confermata anche la sentenza di secondo grado per l’ex prefetto di Pescara Francesco Provolo, condannato a 1 anno e 8 mesi per omissione di atti d’ufficio e falso ideologico, nonché quella del capo di Gabinetto della stessa prefettura per falso ideologico in atto pubblico.
“La sentenza porta con sé una rivalutazione a carico loro, porta una dichiarazione di principi sulla responsabilità dei soggetti per il reato di disastro, tutti aspetti su cui avevamo puntato. Purtroppo porta anche con sé la prescrizione dei reati di omicidio colposo, perché nel tempo necessario a fare un nuovo processo di appello saranno tutti prescritti”, chiosa il legale.
“Mi sento sollevata, mi aspettavo il peggio e invece il processo continua”, ci dice Mariangela Di Giorgio, mamma di Ilaria Di Biase, 22enne morta in hotel mentre lavorava come cuoca. “Certo si allungano i tempi, è uno stillicidio, ma se fosse finita il 3 dicembre voleva dire che giustizia non era stata fatta. Nessuno mi riporterà indietro mia figlia che è stata ritrovata proprio mentre, nonostante tutto, cucinava per gli ospiti. La gente tende a dimenticare, ognuno com’è preso dalla sua vita, ma io la voglio tenere in vita e continuerò a farlo”.
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