
L’equazione è semplice: scelte difficili, vite facili; non viceversa. Scopriamo perché diffidare dei guru che promettono di risolvere ogni problema con poco
Quanto ancora è sostenibile, ma soprattutto sopportabile, leggere nelle job description fra le caratteristiche richieste: “provenienza dal settore di riferimento” o “residenza in zona”? Eppure ancora oggi, nonostante nelle stesse aziende si moltiplichino le richieste di formazione sui temi del “cambiamento”, nonostante le migliaia di slide sulla disruptive economy che stanno dimostrando come i modelli manageriali di […]
Quanto ancora è sostenibile, ma soprattutto sopportabile, leggere nelle job description fra le caratteristiche richieste: “provenienza dal settore di riferimento” o “residenza in zona”?
Eppure ancora oggi, nonostante nelle stesse aziende si moltiplichino le richieste di formazione sui temi del “cambiamento”, nonostante le migliaia di slide sulla disruptive economy che stanno dimostrando come i modelli manageriali di dieci anni fa tendenzialmente non portino più alcun valore, sebbene in molti siano pronti ad acclamare il primo Brunello Cucinelli che propaganda segnali di grande innovazione da un Borgo di mille anime alla faccia delle multinazionali meneghinocentriche, non riusciamo proprio a guardare più in là della provincia. Di residenza.
Per non parlare dei commerciali con portafoglio, un’altra stortura figlia di una cultura HR che si tramanda di direttore del personale in bamboloni dell’interinale perché, si sa, un commerciale si misura dal suo fatturato.
Questa serie minima di brutalità nei confronti di candidati motivati, disponibili, talentuosi, adeguati, educati, disponibili al cambiamento, disposti ad imparare, vogliosi di crescere, laureati col massimo dei voti o con voti minimi perché mentre studiavano campavano quattro fratelli e una madre, referenziati e qualificati è uno degli elementi di insostenibilità delle Risorse Umane Italiane.
Non tocchiamo neppure per sbaglio il discorso dell’età. Il mio amico Luca Bertozzi, grande esperto di Big Data e altre cose incomprensibili ai più (e per questo ricercatissimo all’estero) riguardanti mestieri che in Italia vedremo in concomitanza con il primo Papa Nero, il settimo governo Renzi e il nipote di Banderas che frigge le merendine nel Mulino Bianco, da tre anni fa l’expatriate in Irlanda e nello stesso tempo ha ricevuto due offerte di lavoro. L’ultima per Accenture.
Luca vuole rientrare in Italia e gli dico: “qui per gli over 45 è davvero dura“. Mi risponde: “qui invece guardano cosa c’è scritto nel cv e ti assumono“.
Abbiamo un modello di selezione che non funziona perché troppo basato sulle esperienze HR di 10 anni fa, quando per strappare un candidato alla concorrenza bisognava fare un’offerta minima del 20% di incremento sullo stipendio attuale e nonostante questo i candidati rifiutavano. Quando c’era carenza di candidature e quindi bisognava testare molto bene le motivazioni al cambiamento, spesso dettate solo dalla proposta economica e non da una reale necessità o convinzione. Quando i candidati che rispondevano alle inserzioni erano poche decine perché le opportunità erano tantissime e capitava di doversi contendere lo stesso candidato con i competitor per più posizioni diverse. Quando la mobilità era minima, la comunicazione più ridotta, le opportunità di lavoro in remoto erano nulle, i treni lentissimi, le call conference inesistenti. Quando a 60 anni si andava in pensione e a 25 avevi voglia di fare la gavetta.
Quel mondo non esiste più. I candidati hanno meno potere di acquisto, c’è una maggiore cultura della mobilità, in Italia si stimano milioni di pendolari giornalieri e decine di migliaia settimanali.
Pertanto è evidente che alcune pietre miliari della selezione non solo non siano più attuali, ma addirittura si siano capovolte. Parliamo naturalmente di profili specializzati e di manager.
Un candidato che accetta un’ offerta di lavoro a più di 300 km di distanza dal posto di lavoro è sostenibile? A mio avviso lo è per almeno tre motivi.
La provenienza di settore garantisce competenza e risultati? Non necessariamente
Dipende come sempre dal motivo per cui state cercando un nuovo collaboratore. Se l’esigenza è quella di confermare la propria leadership sul mercato, è probabile che un leader di mercato sia la giusta scelta. Ma se l’esigenza è quella di definire nuove strategie, posizionarsi meglio, identificare processi ed azioni diverse da quelle generate fino ad oggi, inutile proseguire sulla stessa strada. Provate a guardare il vostro business con occhi diversi, a importare metodi e KPI da altri mondi. Non è un caso se le aziende più innovative sono quelle che hanno contaminato e le aziende che sono rinate dalle grandi crisi e i grandi fallimenti sono quelle che hanno cambiato radicalmente business e spesso anche prodotto.
Una risorsa giovane costa di meno ed è più facilmente plasmabile. Completamente errato.
Questa è la scusa di chi vuole fare le nozze con i fichi secchi ed è convinto che risparmierà e impiegherà meno tempo a formare una risorsa junior piuttosto che perdere tempo con un anziano di 50 anni che ci mette un’ora a compilare un report. Peccato che quell’anziano non solo sappia cosa scrivere nel report, ma anche come conseguire quei dati. La competenza e l’esperienza sono il prezzo che le aziende devono imparare a riconoscere in maniera tangibile. Non assumete giovani se non avete in azienda qualcuno che può far loro da tutor, che sia in grado di farli crescere, che sappia fare affiancamento e misurarne le performance. Il costo in formazione, errori e turn over è meno tangibile ma non per questo meno oneroso di quel che sembri.
Il mito del portafoglio clienti
Infine, spazziamo via qualsiasi dubbio sulla storia del portafoglio clienti:
Credo sia davvero importante iniziare a dare un “perché” ai motivi delle nostre scelte e valutazioni anziché continuare ad operare su un canovaccio da operetta che nessuno aggiorna più da anni.
Sono cambiati i tempi, le esigenze, ma soprattutto sono cambiati i candidati. L’unica cosa che non è ancora cambiato è un modello davvero poco rappresentativo di fare selezione.
E se da domani iniziassero i candidati a valutare la sostenibilità delle aziende?
L’equazione è semplice: scelte difficili, vite facili; non viceversa. Scopriamo perché diffidare dei guru che promettono di risolvere ogni problema con poco
Uno due tre. Otto, nove e dieci. Ho imparato questa sequenza forse intorno ai 5 anni. Probabilmente non ero nemmeno consapevole del suo significato; la ripetevo perché mi piaceva la sonorità di questa cantilena con quel “e 10” pronunciato in maniera netta, definitiva. Poi il mio orizzonte matematico si è ampliato e nuove cantilene hanno […]
Chi non ha mai fantasticato “on a dream job”. Chi, davanti al grigiore della propria scrivania, non ha mai divagato vedendosi come guardiano di un faro in Normandia. Il freddo, il maglione a collo alto, un libro sorseggiando una tazza fumante di tè indiano e intorno la natura. Beh, svegliamoci, questi lavori non esistono e vogliamo […]