Ciak, come ti giro la città

L’occhio della telecamera racconta gli spazi urbani in modi spesso inaspettati. Abbiamo individuato film e serie tv che hanno descritto alcune città da prospettive particolari. Nel bene e nel male.

Petra

La sfida della serie Sky Original Petra, prodotta da Cattleya in associazione con Bartleby, è stata quella di tradurre in immagini una saga letteraria di acclarato successo come quella della spagnola Alicia Giménez-Bartlett, che vede protagonisti Petra Delicado e Fermín Garzón.

L’azione della serie, diretta da Maria Sole Tognazzi, si sposta dalla Barcellona dei romanzi alla Genova italiana, che diventa la terza interprete principale insieme all’ispettrice della squadra mobile Petra Delicato (Paola Cortellesi) e il viceispettore Antonio Monte (Andrea Pennacchi). Città verticale e portuale, in costante trasformazione, pulsante di vita e di mistero come le atmosfere di un crime richiedono, Genova è rappresentata attraverso i suoi antichi carruggi, le sue caratteristiche crêuze, ma anche tramite scorci inediti e di grande fascino.

La serie, la cui prima stagione è composta da quattro episodi, restituisce la complessità di uno scenario urbano finora poco considerato dall’immaginario cinematografico e televisivo. Fa risaltare le indagini e la densità del legame che stringono progressivamente Petra, con due matrimoni falliti alle spalle e un carattere libero – quasi respingente – dietro cui nasconde le sue fragilità, e il viceispettore di vecchio stampo Monte, vedovo e prossimo alla pensione. Il rapporto tra questi due personaggi distanti tra loro, umani e tormentati in maniera differente, è la vera forza della narrazione di un prodotto che affronta la violenza e il crimine con uno sguardo femminile inedito e lontano dagli stereotipi.

Come un gatto in tangenziale

Del difficile dialogo tra centro e periferia parla la commedia di grande successo Come un gatto in tangenziale, il cui sequel uscirà a Natale 2021.

Giovanni (Antonio Albanese) è un intellettuale che vive nel centro di Roma. È membro di un think tank che si occupa di integrazione sociale e recupero delle periferie urbane, valori in cui sembra fermamente credere fino a quando la figlia Agnese (Alice Maselli) non intreccia una relazione con Alessio (Simone De Bianchi), che abita nel complesso Bastogi di Roma, tristemente conosciuto per il suo degrado, sul cui muro di ingresso del quartiere campeggia la scritta “Lassate ogni speranza o voi k’entrate”. Qui conosce Monica (Paola Cortellesi), la tosta madre del ragazzo, che lavora in una mensa per anziani per mantenere il figlio e le due sorelle cleptomani Sue Ellen e Pamela.

Entrambi i genitori non vedono di buon occhio il legame tra i figli, ma non riuscendo a dissuaderli iniziano a frequentarsi, lasciando emergere tutte le differenze tra i loro mondi, ma anche i rispettivi pregiudizi e le ipocrisie. L’incontro/scontro tra classi sociali è esemplificato dalle due spiagge rappresentate nel film: da un lato la coatta “Coccia di Morto” a Fiumicino, dall’altro il contesto radical chic di Capalbio.

La commedia di Riccardo Milani (2017) offre uno sguardo sì leggero, grazie soprattutto al trattamento dei personaggi secondari, ma anche amaro sull’incomunicabilità tra centro e periferia urbana e sullo scarto esistente tra classi sociali, mettendo alla berlina il perbenismo che separa l’ideologia dai fatti concreti.

Mina Settembre

Gelsomina Settembre (Serena Rossi), per tutti Mina, è un’assistente sociale che lavora in un consultorio nel centro storico di Napoli; una donna empatica e determinata che non esita un istante ad aiutare uomini, donne e giovani in difficoltà in una città complessa come il capoluogo partenopeo, ritratto nella fiction con toni e colori lontani da serie crime come Gomorra.

Lo sguardo lontano dagli stereotipi della regista Tiziana Aristarco e lo scenografo Carlo De Marino restituiscono una Napoli bella e autentica nella sua quotidianità, svelandone di volta in volta la sua anima popolare, aristocratica o moderna.

Coproduzione Rai Fiction – Italian International Film, prodotta da Fulvio e Paola Lucisano, liberamente tratta dai romanzi di Maurizio De Giovanni, Mina Settembre resta una commedia che racconta le vicissitudini sentimentali e personali della sua luminosa protagonista senza spingere eccessivamente sul coté sociale, restituendo però centralità a una professione come l’assistente sociale, vista in maniera certamente romanzata, ma positiva e attenta ai bisogni della sua comunità.

Good Bye, Lenin!

Alex (Daniel Bruhl, lanciato grazie a questo film a una carriera internazionale) deve evitare che la madre Christiane (Katrin Sass), fervente socialista, caduta in coma poco prima del crollo del muro di Berlino nel 1989, subisca al suo risveglio – otto mesi dopo – uno shock fatale in seguito agli sconvolgimenti sociali e politici avvenuti.

Ricostruisce così per lei una Repubblica Democratica Tedesca privata, riproducendo cibi ormai scomparsi (i cetrioli dello Spreewald in barattolo) e fabbricando finti telegiornali di propaganda con l’aiuto dell’amico dotato di velleità registiche. Il grande merito di questa dramedy intelligente e sensibile, diventato un titolo cult non solo in Germania, è di raccontare in chiave universale le atmosfere della Berlino Est pre e post muro (ricostruita grazie al digitale) e lo smarrimento di un popolo nel processo di unificazione, costruendo una personale lettura della Ostalgie, del sentimento nostalgico verso la DDR che cortocircuita la storia e la memoria, personale e collettiva.

Emily in Paris

Emily Cooper (Lily Collins) è una giovane digital marketer di Chicago che viene mandata nell’agenzia di Parigi per sostituire il suo capo Madeleine, scopertasi incinta.

Nella ville lumière incontrerà l’amore e il successo, diventando in un battibaleno influencer Instagram grazie al suo patinato diario social quotidiano dalla capitale francese. Ogni difficoltà viene superata senza il minimo sforzo, nonostante all’inizio Emily sia “vittima” di uno scontro culturale sul posto di lavoro, evidenziato dal rapporto con la sua ostile referente e i suoi colleghi più inclini alla bella vita che non al lavoro.

La commedia romantica targata Netflix creata da Darren Star, celebre per serie come Sex and the City e Beverly Hills 90210, fortemente caratterizzate dai contesti urbani in cui si muovono storie e personaggi, è una favola mondana che non può essere presa sul serio in virtù di una rappresentazione fortemente stereotipata e densa di cliché di una Parigi da cartolina e dei parigini, infuriatisi per la superficialità del loro ritratto. Il divertimento scaccia-pensieri rimane; peccato per Parigi, che resta che resta solo un fondale ricco di glamour ma un po’ fine a sé stesso.

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