Alitalia, eternamente alla ricerca di un cavaliere bianco che la salvi dal disastro, resta la madre di tutte le crisi aziendali. Ma nelle scorse settimane la lista nera delle crisi di impresa è diventata lunga e preoccupante: dal caso della multinazionale americana Whirlpool, che dopo aver incassato un sacco di quattrini dallo Stato italiano ha […]
Dietro le quinte del turismo di provincia
Ero pronto a scrivere un necrologio. Eppure non è da funerale il clima che si respira lungo la strada che costeggia le Terme Bonifacio VIII, nonostante il numero bassissimo di turisti che tra giugno e luglio di quest’anno ne hanno varcato gli archi di ingresso e gli hotel non ancora completamente aperti.
Ero pronto a scrivere un necrologio. Eppure non è da funerale il clima che si respira lungo la strada che costeggia le Terme Bonifacio VIII, nonostante il numero bassissimo di turisti che tra giugno e luglio di quest’anno ne hanno varcato gli archi di ingresso e gli hotel non ancora completamente aperti. Forse una crisi che si abbatte su una situazione già complicata si rivela meno dirompente che altrove, ma praticamente nessun albergo è stato costretto a chiudere a causa della pandemia.
Fiuggi: “Il COVID ci ha uniti. Per la prima volta abbiamo fatto sistema”
“Abbiamo registrato un calo del 70% rispetto al 2019, ma per il mese di agosto le previsioni sono ottimistiche, e soprattutto: siamo ancora qui. Questo è fondamentale, siamo pur sempre il secondo polo turistico e alberghiero del Lazio”, sottolinea Lara Bufloni, referente Confimpreseitalia Fiuggi e responsabile dell’Hotel delle Terme. “Noi – continua – abbiamo tutte le caratteristiche che le persone cercano per il post COVID: spazi aperti, distanziamento sociale naturale e una grande attenzione al benessere. È da qui che dobbiamo ripartire e ripensarci.”
Fiuggi è una piccola cittadina del basso Lazio che negli anni Sessanta e Settanta, anche grazie alla complicità di una certa classe politica e alla moda delle acque termali, ha vissuto momenti felici, rendendosi palcoscenico di eventi importanti e meta ambita da turisti italiani e stranieri. Poi qualcosa è cambiato: l’economia, lo switch generazionale tra chi ha costruito e chi ha ereditato, la digitalizzazione. Un insieme di fattori che, abbinati all’incapacità di rinnovare l’offerta turistica e la città, l’hanno ibernata, conducendola verso un lento declino.
“Negli anni molti albergatori, per assenza di una vera cultura imprenditoriale e per necessità di liquidità, hanno preferito adottare una strategia di abbassamento prezzi, e quindi non hanno avuto modo di reinvestire. Nonostante tutto le previsioni per il 2020 erano positive, ma è arrivato il COVID che ci ha gettato in una profonda crisi. Però, paradossalmente, ci ha permesso di scoprirci uniti, e forse per la prima volta abbiamo fatto sistema.”
Ed è vero, basta fare una passeggiata sui più famosi portali di prenotazione per capire che, salvo rare eccezioni, adesso l’offerta è omogenea. E per quanto possa sembrare banale a Fiuggi è meglio non dare nulla per scontato, perché nonostante la città ambisca a un respiro internazionale corre seriamente il rischio – come tutti i borghi – di restare imbrigliata in dinamiche famigliari, quasi tribali, intrise di passato e di rapporti personali consolidati negli anni. “Io non sono di qua – prosegue Lara – e a me non interessa quello che c’era, e forse è anche per questo che riesco a lavorare con un po’ più di serenità. Vengo vista come super partes”.
Fiuggi, il turismo di provincia è ancora in piedi. E spera nella rinascita
Le difficoltà non sono poche, specie per le strutture più piccole che, per chiari limiti architetturali, hanno più difficoltà a garantire le misure di sicurezza, e per le spa che rappresentano il core business di molti hotel, e la direzione – quella del wellness – che la città sta cercando di intraprendere. “Dobbiamo garantire la salute degli ospiti, ed è giustissimo che sia così, ma lavorare per otto ore al giorno in una spa con camice, mascherina, visiera e guanti mette a rischio quella dell’operatore. Chiediamo comprensione. Per non parlare poi delle spese che abbiamo dovuto sostenere per adeguarci alle normative, o a quelle dei canoni, Rai e SIAE ad esempio, che in modo incomprensibile non stati rivisti.”
Ogni hotel ha rimodulato la propria strategia in un’ottica di spending review quanto mai necessaria. C’è chi ha ridotto il personale e chi ha limitato alcuni servizi. Negli anni il target di Fiuggi si è spostato verso un pubblico anziano, il che ha fisiologicamente contribuito a un calo numerico dei turisti, eppure “quelli che hanno chiamato quest’anno”, spiega Lara, “anche solo per sapere se eravamo aperti, non ci hanno mostrato paura. Forse perché sono più strutturati o perché hanno avuto un passato più ruvido, ma hanno mostrato di sapere molto bene quello che vogliono. E constatare che proprio gli anziani, la categoria più colpita dal COVID, si spostano con agilità, è una cosa che dà speranza. Eppure bisognerebbe coinvolgerli di più: il mondo della terza età non ha i mezzi per aderire a una digitalizzazione anche turistica, diciamo, integralista.”
Gli hotel, oltre al lockdown e al sopraggiungere di spese impreviste per gli adeguamenti, hanno dovuto fronteggiare anche l’assenza di liquidità per la promozione, fondamentale in ambito turistico. Nonostante i buoni propositi politici Lara ci tiene a sottolineare che “quel poco che è stato fatto avrebbe dovuto essere più veloce. Intanto non esiste un Ministero per il solo Turismo; poi la Regione Lazio è ferma con i contributi a fondo perduto che ci aveva promesso, e gli hotel sono stati incredibilmente esclusi dall’eco bonus, che per tutte le città termali e tutte le strutture alberghiere italiane sarebbe stata un’occasione d’oro. Solo la Camera di Commercio ha dato vita a un buono per le vacanze in Ciociaria, che a differenza del bonus governativo ci consente di avere liquidità. Il turista è avvantaggiato da uno sconto; la quota restante la versa a noi direttamente la CCIAA, e non la riceviamo sotto forma di credito di imposta.”
La crisi si è abbattuta su una Fiuggi che però sembra sperare e lavorare per un ritorno ai fasti di un passato non così lontano. Lo dimostrano gli importanti investimenti fatti negli ultimi mesi, dei quali non c’è ancora stato modo di vedere il ritorno. Il gruppo Forte Village ha acquistato e avviato i progetti per creare un punto di riferimento internazionale del wellness nell’hotel 5 stelle superior della città; degli imprenditori russi stanno avviando una struttura di sole suite di lusso, e i lavori per l’allestimento del palacongressi da 1.800 posti sono proseguiti anche durante la quarantena. In più, il bando di privatizzazione della società che gestisce l’acqua e le terme dovrebbe essere aperto entro l’anno.
Tutti elementi che giustificano la convinzione che Fiuggi possa davvero rinascere, non rinnegando le proprie origini ma adattandole ai tempi: quelli del digitale e quelli del post pandemia. Chissà che il virus non sia stato davvero un’occasione per capire gli errori del passato, e, per concludere con le parole di Lara, “di resistere uniti per dare un senso alla crisi”.
Tagli di personale, offerta limitata: l’Abruzzo del turismo e il contraccolpo del COVID
Spostandoci di pochi chilometri veniamo invece catapultati in una situazione del tutto differente: Abruzzo, provincia di Teramo, un luogo ricco di spiagge e resort a misura di famiglia.
Passeggiando la sera sulla lunga pista ciclabile, tra risciò e biciclette con le rotelle, non è raro essere attirati dalla voce degli animatori che dai villaggi intrattengono la clientela a suon di giochi aperitivo e spettacoli di cabaret. Salvo qualche volto coperto dalla mascherina, sembra quasi che il virus qui non sia arrivato. Negli hotel la situazione è differente.
“Con le associazioni di categoria ci siamo presentati uniti e coesi, ma i regolamenti sono stati stilati senza il nostro coinvolgimento. La regione non si è mossa più di tanto: si è limitata ad applicare quasi alla lettera le direttive dell’OMS, e quando ti dicono che puoi riaprire ma ti impongono mille regole per farlo è difficile orientarsi. Avrei preferito meno regole e più chiare, se c’è da assumersi un rischio, che lo si faccia insieme. Inoltre noi siamo fortunati perché abbiamo un resort e abbiamo potuto operare delle scelte. Mi immedesimo in chi ha una struttura diversa, e l’unica alternativa ad accettare restrizioni era la chiusura per l’intera stagione. E tra chiudere per una stagione o chiudere per sempre il confine è sottile. Oggi ognuno cerca di districarsi come può: mantenendo attivi tutti i servizi e cercando di rispettare le regole, o aderendo alle restrizioni limitando l’offerta”. Così commenta Paolo Raschiatore, titolare insieme al fratello Roberto del Residence Hotel Paradiso a Villa Rosa di Martinsicuro.
“Il 3 marzo – aggiunge Roberto – in pieno lockdown e con tutti noi che aspettavamo direttive e risposte, il comune ha istituito la tassa di soggiorno. Forse questo è il miglior esempio di disorganizzazione istituzionale che si possa dare”. Nell’hotel di Paolo e Roberto le restrizioni sono evidenti e applicate con diligenza. La sala da pranzo è chiusa al pubblico e i pasti vengono serviti in confezioni di alluminio che gli ospiti passano a prendere durante gli orari prestabiliti per andarli a consumare nei loro appartamenti. Complessivamente, dei 300 posti letto disponibili solo un centinaio sono occupati, e il personale rispetto allo scorso anno è stato più che dimezzato.
“Nelle stagioni scorse eravamo più di cinquanta”, ci ha detto un ragazzo dello staff. “Oggi siamo in venti. Alcuni dei miei collaboratori sono riusciti a ritrovare un’occupazione per questa stagione, ma ovviamente è una soluzione temporanea”.
“Quest’anno ad esempio – continua Roberto – non abbiamo il miniclub, che è sempre stato un nostro punto di forza, ma non ce la siamo sentita. Come ci si può assumere la responsabilità e dichiarare che i bambini manterranno tra loro la distanza di sicurezza? Se si verificasse un caso di contagio nella struttura sarebbe una catastrofe. Pe noi e per tutti gli ospiti. Anche parlando con gli operatori ASL, non emerge una linea chiara sul da farsi nel caso si concretizzasse questa eventualità. Escludere alcuni servizi, e di conseguenza alcuni operatori, è stata una scelta dolorosa, ma presa per aderire alle norme ancor prima che per contrarre i costi. Anzi, abbiamo abbassato del 25% i prezzi al pubblico per scusarci di questa mancanza, della quale però non siamo responsabili.”
Federalberghi Abruzzo ha recentemente diramato un comunicato che evidenzia un calo del flusso turistico pari all’80,6% nel mese di giugno 2020 confrontato con lo stesso periodo dell’anno precedente. Le strategie per affrontare un crollo così drastico possono essere molteplici, alcune più rischiose, altre più prudenti. Ma questa volta non si può parlare di quale si dimostrerà vincitrice, perché il COVID, tra le tante cose che lasciato, ha insegnato che con una pandemia non esistono vincitori, ma solo sconfitti.
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