In tutta Italia si rincorrono testimonianze di diritti all’inclusione disattesi e di educatori lasciati nel limbo, a discapito dei bambini con disabilità e bisogni educativi speciali. Ne abbiamo raccolte alcune.
Educatori uniti sull’internalizzazione, ma divisi dal disegno di legge
Il ddl 236/2022 punta a rendere gli educatori dipendenti del Miur per stabilizzarne la presenza e le funzioni all’interno della scuola, ma non è esente da dubbi da parte degli stessi professionisti. Intervistiamo Rosario Boccadifuoco, educatore critico sul ddl, e Maurizio Benincasa, avvocato e portavoce MISAAC, a favore della norma
È un’odissea di tutele messe all’angolo e mancata valorizzazione quella che da anni attanaglia il comparto degli educatori e delle educatrici, che svolgono un servizio essenziale e, per assurdo, intaccato da riconoscimenti mancati. Come abbiamo già raccontato diverse volte, soprattutto a seguito della pandemia, questo ha comportato una vera e propria emorragia di risorse umane che si sono dirette perlopiù verso il lavoro dell’insegnamento, abbandonando quello di educatori per avere più tutele.
Nel frattempo gli educatori hanno cominciato a scarseggiare e i servizi non riescono a rispondere in modo puntuale alle necessità di persone con disabilità e fragilità di vario tipo. L’internalizzazione di queste figure viene caldeggiata da tempo dai lavoratori e dalle lavoratrici del settore. A questo proposito è stato emanato il disegno di legge 236/2022 finalizzato a introdurre il profilo professionale dell’Assistente all’Autonomia e alla Comunicazione (ASACOM) nei ruoli del personale scolastico: in pratica gli educatori scolastici, come gli insegnanti, diventerebbero dipendenti del Miur.
Di primo acchito appare come una svolta positiva per gli operatori del settore, ma in realtà non mancano i dubbi e le rimostranze proprio nei confronti del disegno di legge. Per par condicio ascoltiamo così la voce di chi questi dubbi li esplicita e di chi invece crede che la proposta di legge vada sostenuta così com’è.
Internalizzazione degli educatori, i dubbi sulla legge: risorse incerte, mancati riconoscimenti e fino a 100.000 professionisti tagliati fuori
Per la prima intervista raggiungiamo Rosario Boccadifuoco, educatore del territorio bolognese e conduttore a radio Città Fujiko della seguitissima trasmissione Signore e Signori, il Welfare è sparito!, che tratta i temi caldi del comparto.
Boccadifuoco sin da subito ha espresso alcuni dubbi sul disegno di legge, ma ci tiene a chiarire in prima battuta: “Non voglio che la legge in questione venga cestinata: io e chi come me ha sempre sostenuto l’internalizzazione a tutela degli educatori non è contro il principio della legge, con cui siamo pienamente d’accordo proprio perché contrasta il sistema del precariato”. E precisa: “Il nostro timore è che questa proposta di legge, così come è stata fatta, sia più uno specchietto per allodole, un modo per fare propaganda, piuttosto che uno strumento concreto per migliorare la situazione”.
Quali sono secondo lei le cose che non vanno in questo disegno di legge? “Prima di tutto le risorse economiche”, spiega Boccadifuoco. “Nel disegno di legge, che ha come prima firmataria la senatrice Carmela Bucalo, questo punto non è spiegato con chiarezza, anzi è molto nebuloso. Ci è stato addirittura risposto che è il Parlamento a dover trovare le risorse: ok, ma quali sono le fonti certe da cui verrebbero attinte?”.
Rosario Boccadifuoco esplicita altre perplessità: “Il disegno di legge parla di internalizzare funzioni, ma non parla di profili che in diversi casi temiamo restino fuori dai giochi. Ci chiediamo infatti perché nel testo non compaia la dicitura ‘educatore professionale’, pur essendo quella che identifica più lavoratori del settore”. E aggiunge: “Mancano insomma i dettagli, e non sappiamo nemmeno se ci sarà un concorso; secondo le stime di alcuni sindacati resterebbero fuori oltre 100.000 educatori da questa internalizzazione, che si porrebbe quindi come un surrogato”.
Boccadifuoco esplicita un terzo punto nevralgico: “L’altro timore è che in assenza di una regolamentazione esplicita tutto il carico organizzativo e finanziario della fase transitoria si riversi sul livello regionale e locale, con l’ulteriore rischio del venir meno anche dei pochi finanziamenti fin qui garantiti dallo Stato”. E ribadisce: “Noi siamo a favore dell’internalizzazione, ma che risulti concreta e non lasci fuori una fetta di lavoratori: quello che chiediamo è di migliorare alcuni passaggi del disegno di legge per renderlo affidabile”.
Non dimentichiamo infine che molti educatori e educatrici svolgono anche attività domiciliare: con l’internalizzazione come si potrebbero conciliare, a livello contrattuale, questi due aspetti? “È un problema che ci siamo posti”, chiosa Boccadifuoco. “A questo punto credo che chi andrà a lavorare all’interno della scuola si focalizzerà su quella mansione e le cooperative torneranno – finalmente, secondo il mio parere – a gestire in maniera dedicata i servizi domiciliari. Oggi purtroppo gli educatori molto spesso non si sentono tutelati dalle cooperative, perché non sono di fatto più cooperatori. La verità è che questo mestiere è da tempo non più appetibile, e infatti c’è una fuga dalle facoltà universitarie che formano a questo indirizzo professionale: l’internalizzazione potrebbe cambiare anche questo aspetto”.
“Internalizziamo una funzione, non ci saranno esclusi”: le motivazioni a favore della legge
L’altra intervista che raccogliamo è quella di Maurizio Benincasa, di professione avvocato e portavoce del Movimento per l’Internalizzazione e la Stabilizzazione degli Assistenti all’Autonomia e alla Comunicazione (MISAAC), realtà fortemente attiva nel sostenere il disegno di legge per l’internalizzazione 236/22 in contrasto con la precarietà sinora vissuta dal comparto educatori.
Benincasa, quali saranno secondo lei le eventuali tempistiche di concretizzazione della legge? “Pronostici non ne posso fare”, spiega. “Come Movimento noi speriamo il prima possibile. Il disegno di legge sull’internalizzazione nel 2023 ha avuto uno stop a causa della legge di Bilancio, che ha catalizzato tutta l’attenzione lo scorso anno, ma credo che ora, nel 2024, dovrebbe finalmente realizzarsi qualcosa d’importante in relazione al tema di cui stiamo parlando”.
Uno dei dubbi espressi da una parte del comparto educatori è che il disegno di legge presenti delle lacune: che cosa risponde? “Non ci si può limitare a guardare solo il disegno di legge e crederlo definitivo perché così non è. Possono essere apportate delle modifiche al disegno di legge in quanto tale; inoltre il quadro si completa con uno o più decreti attuativi interministeriali e con la fase di contrattazione sociale, che non dipende da noi, ma dal rapporto tra ministero e parti sociali”. E aggiunge: “Occorre guardare alla prospettiva delle norme di dettaglio, considerando modifiche e miglioramenti. Nel frattempo però è fondamentale sostenere compatti gli obiettivi di questo disegno di legge, che sono la stabilizzazione e l’internalizzazione delle figure degli educatori, con un conseguente miglioramento del servizio a favore degli studenti con disabilità e dell’inclusione”.
Uno dei timori espressi da una parte dei lavoratori è che non tutte le figure degli educatori e delle educatrici siano considerate, e quindi tutelate, dal disegno di legge in questione, con il rischio quindi che una fetta ne venga esclusa: che cosa replica a questo proposito? “Sinceramente non so più in che modo posso rassicurare su questo aspetto: ribadisco che noi non internalizziamo un nome o un titolo di studio, bensì una funzione, che è quella dell’assistenza all’autonomia e alla comunicazione, prevista dall’articolo 13, comma 3. Da qui il fatto di essere compresi nel disegno di legge, e quindi inclusi e riconosciuti in esso”.
Ammettiamo però che c’è una frammentazione a livello regionale sul fronte della denominazione di queste figure. “Certo”, conferma Benincasa. “C’è da considerare che questo timore è suscitato anche da un errore derivato dalle Regioni nella loro autonomia legislativa: hanno fatto coincidere una funzione con titoli professionali dai nomi differenti, da qui la confusione e la disarticolazione del servizio.” Ed evidenzia: “Dall’altro lato però va ricordato che se metti in moto un processo legislativo nazionale di stabilizzazione del personale non puoi non stabilizzare tutti coloro che a vario titolo stanno svolgendo questa funzione, perché qualunque atto normativo che non prevedesse un’operazione di questo genere sarebbe illegittimo, e quindi impugnabile davanti al giudice.”
Che cosa la preoccupa sul fronte di queste differenti posizioni? “Le perplessità di una parte di educatori, considerando che il 50% del MISAAC è formato proprio da queste figure. Mi chiedo perché venga fatta una battaglia di retroguardia all’unica possibilità che abbiamo di stabilizzazione. Capisco in pieno il loro principio di difesa del titolo, ma questa è una battaglia che non va fatta all’interno di un processo di stabilizzazione, quanto semmai in quello di costruzione di un profilo professionale, che è un’altra cosa”.
Una cosa che viene sottolineata è che l’internalizzazione impedirebbe anche le asimmetrie di trattamento, che purtroppo tutt’oggi avvengono, tra educatori e docenti. “Questo è certo, visto che gli educatori sarebbero dipendenti del Miur come loro. Purtroppo questa asimmetria finora è dipesa proprio dal ritenere gli educatori una sorta di ospiti del comparto scuola, una cosa assurda visto che svolgono una funzione essenziale proprio nel medesimo contesto”.
Anche in questo caso chiediamo come si concilierebbe nella legge la questione del servizio domiciliare svolto dagli educatori scolastici: “Questa funzione può essere svolta anche a domicilio. Un contesto diverso non cambia infatti la natura della funzione: pensiamo alle attività di doposcuola o aiuto nei compiti. I docenti che fanno lezione di supporto agli alunni a casa non per questo sono considerati meno docenti scolastici: perché tutto ciò non dovrebbe valere anche per gli educatori?”.
Le riflessioni, insomma, restano aperte.
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