Gli immigrati imprenditori fanno meno paura

Nel 2019 il termine immigrazione viene utilizzato di continuo: nella politica nazionale e internazionale, nei talk show italiani ed esteri, sui mezzi pubblici nostrani e non, nei bar del Belpaese e di ogni angolo del globo. È un tema fondamentale e dibattuto di continuo che si è anche trasformato in un argomento scomodo, scivoloso e […]

Nel 2019 il termine immigrazione viene utilizzato di continuo: nella politica nazionale e internazionale, nei talk show italiani ed esteri, sui mezzi pubblici nostrani e non, nei bar del Belpaese e di ogni angolo del globo. È un tema fondamentale e dibattuto di continuo che si è anche trasformato in un argomento scomodo, scivoloso e troppo spesso fonte di conflitti verbali a volte spinti al limite.

Ma qual è la definizione esatta di immigrazione, diciamo, da dizionario? Eccola: “L’insediamento e la permanenza con carattere temporaneo o definitivo in un luogo, di persone provenienti dall’estero o da altre zone del territorio nazionale in cerca di lavoro o di miglioramento economico”.

Il 15 Novembre 2018 è stato presentato il XVIII Rapporto sull’immigrazione in Lombardia dell’Osservatorio Regionale per l’integrazione e la Multietnicità (ORIM), che è stato istituito nel 2000 da Regione Lombardia ed è gestito da Polis Lombardia.

A margine dell’incontro Riccardo De Corato, Assessore alla Sicurezza, Immigrazione e Polizia locale di Regione Lombardia, ha affermato: “L’Istat riconferma i dati contenuti nella nota statistica semestrale redatta da Orim e Polis Lombardia secondo cui, nella nostra Regione, la maggior parte degli stranieri residenti, 1.153.835 in totale, proviene da Paesi non comunitari”.

Secondo l’ultimo rapporto, comparando le presenze dal 2001 al 2018 le variazioni più significative nelle presenze di stranieri in Lombardia in base ai principali Paesi di provenienza, si evidenziano in percentuale: +24,3 Ucraina, +15,6 Romania, +12 Moldavia, +11,4 Ecuador, +10,7 Bangladesh, +9,5 Pakistan, +8,6 India, +7,4 Cina, +6,5 Egitto.

Numero di stranieri presenti in Lombardia dal 1° gennaio 2001 al 1° luglio 2018, con principali Paesi di provenienza

 

 

Immigrati imprenditori in Lombardia

Sono diverse le motivazioni che portano all’immigrazione in Lombardia. Lo studio ne ha evidenziate principalmente tre:

  1. motivi economici;
  2. motivi familiari;
  3. motivi umanitari.

E se tra i motivi economici mettessimo sotto la nostra lente d’ingrandimento la decisione di una parte di questi stranieri di avviare un’attività d’impresa? Ribaltiamo il paradigma: oggi a Milano e in Lombardia esistono immigrati che creano lavoro e occupazione.

“Al 1° luglio 2018 l’Osservatorio Regionale per l’Integrazione e la Multietnicità stima che un immigrato ultraquattordicenne su nove sia disoccupato ma, considerando anche le casalinghe, la quota di non occupati sul totale degli ultraquattordicenni supera il livello di una persona ogni cinque. Inoltre un ulteriore 6% di stranieri ultraquattordicenni presenti in Lombardia è studente (non lavoratore), l’1% è in un’altra condizione non professionale (tipicamente pensionato) e un ulteriore 10% lavora senza alcun contratto. In altri termini si può stimare che gli stranieri provenienti da Paesi a forte pressione migratoria che lavorano in Lombardia siano circa 640.000, a cui se ne possono aggiungere ulteriori 110.000 completamente impiegati ‘in nero’, per un totale di 750.000; mentre i disoccupati sono stimabili in 120.000 e le casalinghe in 95.000. Il tasso di disoccupazione è del 13,6%, ma se lo si calcola considerando formalmente disoccupato chi in realtà ha un lavoro irregolare esso sale al 26%.”

“Tra i lavoratori circa metà, ovvero 370.000, sono occupati a tempo indeterminato e con orario normale, e a seguire oltre 85.000 sono i lavoratori autonomi regolari, con ulteriori 10.000 lavoratori autonomi irregolari, cui si aggiungono circa 15.000 imprenditori. Tra chi è dipendente oltre ai circa 370.000 occupati a tempo indeterminato si contano più di 70.000 lavoratori a tempo determinato e quasi altrettanti a tempo parziale, e poi circa 15.000 lavoratori parasubordinati, quasi altrettanti studenti lavoratori e poco più di 10.000 soci di cooperative. Infine, quasi 10.000 sono i migranti in cassa integrazione o che non stanno lavorando con un permesso per malattia, infortunio o maternità. Tra i principali Paesi si nota una forte presenza di lavoratori autonomi tra i cinesi – pari al 30% degli immigrati ultraquattordicenni di tale nazionalità – ma anche di lavoratori irregolari all’interno di tale collettivo, con quote di disoccupazione de facto bassissime (1% circa); mentre l’occupazione regolare a tempo indeterminato è più diffusa tra rumeni e albanesi (riguardando il 37-38% degli ultraquattordicenni di tali nazionalità); la disoccupazione è particolarmente presente tra i marocchini (fra i quali il 16% di chi ha più di 15 anni di età si dichiara disoccupato, senza considerare chi lavora irregolarmente) e la quota di persone che si dichiarano casalinghe ricorre spesso tra gli egiziani (23%, ovvero quasi una persona su quattro).” Fonte: Polis Lombardia, L’immigrazione in Lombardia – Rapporto 2018 – Osservatorio Regionale per l’Integrazione e la Multietnicità.

Dal rapporto si evince numerosa la presenza di autonomi nella comunità cinese. Sono solo i cinesi a fare la parte del leone nelle attività d’impresa in Lombardia?

Secondo Marco Accornero, membro di giunta della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi: “A Milano sono quasi 48.000 le attività di imprenditori nati all’estero; per la maggior parte sono ditte individuali, 36.000. Sono in forte crescita, +4% in un anno e +37% in cinque anni e il peso delle imprese straniere è oggi del 16%. In molti casi si tratta di imprese specializzate in alcuni settori. I prodotti e servizi spesso sono dedicati alla comunità di appartenenza e contribuiscono a creare proposte nuove di mercato per gli stessi italiani. Anche attraverso queste imprese, a Milano si creano rapporti con i Paesi d’origine e nuove occasioni culturali e di business, in un trend europeo e internazionale”.

 

Il dominio cinese sulle imprese straniere in Lombardia

Nel 2018 il numero degli addetti delle imprese presenti in Lombardia, secondo i dati forniti dall’ufficio stampa della Camera di commercio, superano i quattro milioni (4.108.750), mentre le imprese straniere registrate nelle province di Lodi, Milano e Monza Brianza ammontano a 57.523. Ma in quale settore d’impresa si cimentano, per esempio, i cinesi?

Se si comparano i dati forniti dalla Camera di commercio di Via Meravigli del 2013 con quelli del 2018, le imprese cinesi sono maggiormente attive nei seguenti settori:

  • confezione abbigliamento (574 unità, diventate 720 quest’anno con un aumento del 25,43%);
  • commercio all’ingrosso (da 525 a 797, con incremento del 51,80%);
  • commercio al dettaglio (922, scese a 898, con diminuzione del 2,60%);
  • ristorazione (da 1.151 a 1.363, con un +18,41%);
  • attività di servizi alle persone (da 650 a 1034, con un aumento che sfiora il 60%).

Un totale di imprese attive nel territorio che dalle 4.429 del 2013 sono arrivate a essere 5.654, con un aumento del 27,65%. Ma chi acquista dalle imprese cinesi?

Il numero di lombardi che acquistano o usufruiscono dei loro servizi è in continua crescita: dai parrucchieri ai centri estetici, dai negozi di abbigliamento a quelli che riparano cellulari la corsa all’affare non “risparmia” nessuno. “Shampoo e piega fatti a opera d’arte e pagati quasi la metà rispetto al salone di bellezza da cui andavo ormai da diversi anni”, mi dice una signora sulla sessantina uscendo da un negozio di parrucchieri uomo e donna di Milano. In un noto centro commerciale di Lodi c’è un negozio gestito da imprenditori cinesi, marito e moglie, nel cui locale è possibile trovare di tutto: dall’abbigliamento uomo e donna agli articoli per la casa, dai cibi per cani e gatti agli accessori per computer. “Se non trovo qualcosa, vengo qui e risolvo la situazione. Poi compro e risparmio, cosa chiedere di più?”, afferma Lorenzo, insegnante di storia al liceo.

Ma l’imprenditore cinese non solo investe: dà lavoro anche agli italiani. Marta, studentessa universitaria di 21 anni, lavora in un ristorante cinese per pagarsi gli studi: “Sono molto esigenti, ma estremamente corretti nei miei confronti e sempre puntuali nei pagamenti. Il ragazzo che ho sostituito – italiano e studente come me – mi ha detto di stare tranquilla prima che iniziassi a prender servizio da loro, perché mi sarei trovata bene con i proprietari cinesi del ristorante. E così è stato”.

 

Cina e India: tra i giganti non c’è gara

Un paradigma che si ribalta: lo straniero immigrato che crea e dà lavoro agli italiani.

Durante il mio primo viaggio in Cina, nel 2007, ricordo che a farmi compagnia durante il viaggio fu il Libro: L’impero di Cindia. Cina, India e dintorni: la superpotenza, di Federico Rampini. Alla Cina veniva affiancato un altro Paese che avrebbe dovuto fare la parte della tigre in questi dieci anni, l’India. Eppure i numeri – almeno in Lombardia – affermano il contrario. Un totale di imprese indiane attive nel territorio che dalle 98 del 2013 è arrivato a 158, con un aumento del 70%, ma con dei numeri che, rispetto a quelli che riguardano le imprese cinesi, sono ben lontani dall’indicare una lotta tra i due giganti dell’Asia.

Francesco Wu, cinese di seconda generazione, è stato nominato da Carlo Sangalli, eletto nuovamente al timone di Confcommercio, come referente per l’imprenditoria straniera ed è Presidente onorario di UNIC (Unione imprenditori Italia Cina). Lo incontriamo a Legnano nel suo ristorante di famiglia, Il borgo antico, e afferma: “Oggi l’imprenditore cinese non è solo attivo nella ristorazione; si muove in molti campi ed è imprenditore e datore di lavoro anche a collaboratori italiani. Questa è la rivoluzione”.

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