Istruzione e formazione professionale: ancora pochi iscritti e salari bassi

Intervistiamo Antonietta Trovò, responsabile Formazione Professionale FLC CGIL Veneto: “Lavoriamo per un rinnovo sostenibile e dignitoso del contratto dei docenti formatori: oggi fanno più ore della scuola pubblica, con retribuzioni più basse”

08.12.2023
Istruzione e formazione professionale, un professore in laboratorio con gli studenti

Operatori specializzati, manutentori, assistenti tecnici, conduttori d’impianti o di macchine a controllo numerico. Suona ormai come un ritornello la classifica delle professionalità difficili da reperire nel mercato del lavoro manifatturiero italiano. Non a caso la quarta indagine sugli esiti dei percorsi di istruzione e formazione professionale (IeFP), condotta da INAPP, parla di crescita strutturale nel numero di occupati a tre anni dal conseguimento del titolo, con una percentuale che tocca il 67,7% dei qualificati e del 71,5% tra i diplomati.

“Queste scuole rappresentano probabilmente il luogo di incontro più promettente tra il mondo della formazione e quello del lavoro”, afferma Sebastiano Fadda, presidente di INAPP. La spiegazione è semplice: gli istituti formano studenti in particolar modo sulle materie propedeutiche ai ruoli citati in apertura. Area meccanica, elettrica, elettronica. Da sottolineare che anche la quota di inattivi, nel caso di specie, è residuale. Nemmeno l’1%, a riprova che non esistono NEET in questo settore. Tra i diplomati il 64% ottiene un contratto a tempo indeterminato nel triennio d’ingresso nel mondo del lavoro. Non male.

A controbilanciare queste statistiche ci pensa il XX Rapporto di Monitoraggio sul sistema di Istruzione e Formazione Professionale e sui percorsi in Duale nella IeFP, sempre condotto da INAPP nel 2023, ma che fa riferimento all’anno scolastico 2020-2021. Ebbene, gli iscritti alla istruzione e formazione professionale sono stati poco meno di 223.000, con una diminuzione di quasi l’11%, da addebitare agli istituti professionali (-23%) e, in misura minore, ai centri accreditati (-2.8%).

Vale quindi la pena tastare il polso sullo stato di salute della IeFP, in considerazione dell’importanza di questi percorsi in termini di collocamento. Con SenzaFiltro avevamo fatto il punto tre anni fa; i tempi sono maturi per un aggiornamento. Lo facciamo intervistando Antonietta Trovò, responsabile Formazione Professionale FLC CGIL Veneto, fresca di sciopero generale del 17 novembre scorso.

Antonietta Trovò, responsabile Formazione Professionale FLC CGIL Veneto
Antonietta Trovò, responsabile Formazione Professionale FLC CGIL Veneto

Antonietta Trovò, FLC CGIL: “Come stiamo rinnovando il contratto per i lavoratori dell’istruzione e formazione professionale”

“All’interno della mobilitazione complessiva le motivazioni del settore non mancano. La situazione dei lavoratori IeFP è in stallo da troppo tempo, non dobbiamo dimenticarci che il contratto nazionale è scaduto nel 2013, ben dieci anni fa. Ora siamo in fase di trattativa vera, il tavolo sta lavorando in particolare sulla parte economica e sugli istituti contrattuali che regolamentano il rapporto di lavoro, ormai troppo obsoleti.”

 

 

Qual è il problema principale?

Troppa discrezionalità da parte delle Regioni: ricordo che la IeFP è gestita da loro con competenza esclusiva, in conseguenza al superamento della legge 845 e del Titolo V. In questo modo emergono disparità abnormi da contesto a contesto. Parametri che passano dai 152 euro di costo orario per allievo nella provincia di Trento, ai 92 euro del Veneto, fino ai 70 della Sicilia.

Dal punto di vista pratico, quali sono le ripercussioni? Immagino che da un lato si tratti del calo delle iscrizioni correlato alla mancanza di finanziamenti, dall’altro la scarsa qualità della docenza, visto il budget limitato sotto il profilo salariale.

Guardi, le dico che il minor numero di iscritti è legato al calo demografico, cosa che riguarda più o meno tutti. Quanto al personale docente, il tema è che la prospettiva di lavoro non è paragonabile a quella della scuola pubblica: l’impegno in termini orari è maggiore e le retribuzioni sono più basse, con un CCNL scaduto dal 2013 e senza aggiornamenti economici. Inoltre, l’attività richiesta a un formatore è maggiore della scuola statale. Nella formazione professionale l’insegnante è coinvolto in una serie di attività aggiuntive che rientrano, per l’appunto, nel ruolo di formatore.

Di conseguenza il rapporto tra aziende e scuole per l’organizzazione dei tirocini rischia di perdere in attenzione e qualità del servizio.

Argomento delicato e caldo, il sindacato nelle varie trattative cerca di mettere i puntini sulle ‘i’. Molti enti si sono attrezzati con questionari da erogare alle aziende, che hanno l’obbligo di rispondere indicando i requisiti necessari per la sicurezza sul lavoro. Si stanno organizzando molti corsi per formare gli insegnanti, opereranno come tutor esterni per l’apprendistato duale, ad esempio. Abbiamo di recente vissuto momenti particolari e drammatici, con ragazzi che hanno perso la vita durante l’attività di stage, ma l’attenzione che poniamo qualche risultato lo sta portando.

Insisto: magari le buone intenzioni ci sono, ma mancano tempo e risorse per mettere in campo l’attenzione di cui parla.

Non nego le difficoltà ad arrivare al top, però c’è un lavoro costante in questo senso. Un occhio di riguardo che si sta chiedendo alle scuole nella scelta dei tutor, una presenza sempre più fattiva degli RLS nelle dinamiche. Aggiungo, infine, che spesso per questo ruolo di sinergia tra scuole e aziende gli enti scelgono professori di laboratorio, persone in grado di effettuare valutazioni oggettive rispetto all’azienda che prenderà in carico lo studente per l’alternanza.

Ecco, credo che per attrarre i migliori docenti sul mercato il tema salariale sia un aspetto non derogabile. Mi spiego: perché un ingegnere meccanico o un perito con alte competenze tecniche dovrebbe insegnare nella IeFP, quando nelle aziende private può percepire una retribuzione molto più alta? Non penso che la vocazione all’insegnamento sia sufficiente.

Senza dubbio il nostro contratto è molto basso, è difficile che professionalità con qualifiche e competenze elevate vengano da noi con accordi di natura subordinata. Magari è più facile strutturare collaborazioni esterne, però a mio avviso devono essere finalizzate a periodi di breve durata. Il settore si dovrebbe mantenere con personale assunto e in forza con contratto di lavoro dipendente. Senza per questo precludere un salario dignitoso. Detto questo, una precisazione è d’obbligo: non è detto che a insegnare non ci siano già, in alcuni casi, i migliori profili possibili. A volte la vocazione vince su tutto; poi, se avessimo retribuzioni adeguate alle spalle, il circolo sarebbe più virtuoso.

Seguendo il ragionamento, la partita del rinnovo è di fondamentale importanza.

Stiamo lavorando per un rinnovo contrattuale sostenibile ma dignitoso. Il prossimo 5 dicembre ci sarà un incontro tra tutte le parti e le organizzazioni sindacali sulla proposta di aumento contrattuale. Manca ancora la parte normativa, ma la volontà è di chiudere il prima possibile, pur tra mille difficoltà dovute alle differenze tra le varie Regioni che citavo prima. Si tratta di una partita complessa, ma che dobbiamo vincere: almeno per l’assolvimento dell’obbligo scolastico ci dovrebbe essere un finanziamento specifico. Parliamoci chiaro: stiamo togliendo, ai ragazzi che frequentano la IeFP, diritti che i loro compagni di altri istituti hanno consolidati. Per esempio, non ci sono insegnanti di sostegno, cosa gravissima.

Attrarre studenti diventa così una corsa a ostacoli.

Guardi, io sono in distacco sindacale da un anno e mezzo, ho insegnato per trent’anni nei CFP, quindi ho visto come funziona, quanto meno in Veneto. Ho il ricordo vivo di ragazzi entrati in formazione professionale dopo veri e propri passaggi a vuoto nella scuola statale, dove sembravano aver smarrito del tutto la loro strada. Invece avevano solo abilità diverse e un carico di sfiducia enorme, perché mancavano risultati. Ebbene, da noi sono rifioriti, grazie soprattutto a quegli insegnanti che, come dicevamo prima, hanno scelto questa professione quasi per vocazione, in particolar modo nei laboratori. Noi, di fatto, offriamo svolte ai ragazzi e alla loro capacità di rapportarsi nella società in termini di valorizzazione.

 

 

Certo, mi chiedo solo se non sia possibile intercettare prima queste attitudini, in modo da limitare il numero di chi, nei licei, perde la bussola. Insomma, la formazione professionale non dovrebbe rappresentare l’ultima spiaggia.

 

 

 

Photo credits: lombardianotizie.online

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