Jack Ma è uscito dal gruppo

C’è un piccolo angolo immerso nel verde al limitare del parco Liu Gong di Hangzhou, uno spazio dove ogni domenica mattina presto, prima che d’estate la calura e l’afa rendano l’aria irrespirabile, dove gruppetti di studenti si avvicendano facendo conversazione in inglese. A volte conversano tra di loro; altre volte, quando sono fortunati, riescono a […]

C’è un piccolo angolo immerso nel verde al limitare del parco Liu Gong di Hangzhou, uno spazio dove ogni domenica mattina presto, prima che d’estate la calura e l’afa rendano l’aria irrespirabile, dove gruppetti di studenti si avvicendano facendo conversazione in inglese. A volte conversano tra di loro; altre volte, quando sono fortunati, riescono a coinvolgere il turista occidentale di turno e allora la scena si anima e la conversazione diventa vera e propria lezione di lingua.

È proprio qui, in questo “english corner”, che è nato, cresciuto e HA formato il proprio carattere uno dei più straordinari talenti visionari di tutti i tempi, perché in Cina ce ne sono diversi e meriterebbero tutti una biografia attenta.

Il “vero” Jack Ma, quello cinese

Ma Yun (questo il vero nome cinese) contiene al suo interno Jack, il quale non è, come potremmo pensare, la semplice traduzione in inglese del proprio nome ma un vero e proprio alter-ego.

Jack è il ragazzino che la mattina, mentre i compagni di classe riposano, si alza presto e sulle sponde del lago Xihu si mette alla ricerca di turisti americani (soprattutto nei tempi del disgelo di Nixon e Kissinger) spacciandosi per guida turistica, organizzando tour e soprattutto imparando l’inglese.

La mente aperta, il desiderio profondo di aumentare la propria conoscenza per migliorarsi e la capacità di rialzarsi dopo ogni knock-out. Viene quasi in mente la celebre frase di Obama usata in campagna elettorale per sottolineare che non importa quante volte vai al tappeto ma quanto sei veloce nel rialzarti. E Jack a rialzarsi è un fulmine, anche quando fallisce per ben due volte il test di ammissione per il college (vuole diventare insegnante e ci riesce); anche quando per due volte il sogno del suo Alibaba si infrange per mancanza di liquidità, egli sa fare una cosa che dovremmo tutti imparare dai cinesi e dagli americani: usare le proprie relazioni personali per trasformare amici in potenziali investitori. È il 1999 e il famoso ladrone persiano viene sostituito in ogni motore di ricerca dalla dicitura “Wholesales online suppliers”.

Molto è stato scritto sul suo conto, che in realtà se prima di lui non fosse esistito un certo E-bay probabilmente Alibaba non avrebbe mai preso forma concreta, oppure che la creatura di Jack Ma abbia tratto innegabile vantaggio dall’ingresso della Cina nel W.T.O e dal fatto che essa stesse diventando la fabbrica del mondo.

Un po’ di storia, un po’ di intraprendenza, un po’ di e-commerce

Può anche darsi, ma ci terrei a raccontarvi un aneddoto personale.

Era il mio primo anno di esperienza il 2005 e mi capitò di conoscere un giovane squattrinato quanto intraprendente ragazzo di Perugia, il quale era volato alle porte di Pechino per conoscere di persona il proprio fornitore dopo circa due anni che intrattenevano rapporti commerciali.

Il ragazzo aveva avuto l’idea di creare un cestello di ghiaccio secco personalizzabile da proporre ai vari ristoranti, alberghi di lusso, convention; sfortunatamente in Italia già solo la produzione dello stampo costava oltre 20.000 euro, cifra che non poteva affatto permettersi.Presto detto, cercò su Alibaba e trovò una fabbrica in provincia di Pechino cui Alibaba assegnava il “Certificaton of Quality” (piccola accortezza ma di grande significato quando tra compratore e venditore ci sono circa 10.000 km di distanza). Per farla breve, il ragazzo si era fidato e si erano trovati d’accordo sul prezzo: con 7.500 euro aveva prodotto lo stampo e i cestelli da ghiaccio, importandoli successivamente in Italia e ottenendo enorme successo.

Alibaba da quel momento in poi ha radicalmente cambiato il modo di intendere il commercio internazionale ed è valso per tutti, ma soprattutto per i giovani imprenditori ha significato una finestra aperta attraverso cui venire in contatto con il più grande ed influente Paese produttore al mondo.

In un crescendo continuo e inarrestabile, Jack è diventato la personificazione della crescita e dell’evolversi della “Nuova Cina”, riempiendo le aule magne della più blasonate Università del mondo con la sua affabilità, down to earth, col suo atteggiamento di persona che c’è l’ha fatta nella vita ma non pontifica, anzi appena può insegna, dispensa consigli, sente di poter essere un faro per un’intera generazione di giovani cinesi.

Forse negli ultimi anni, sostiene Thomas Lin, imprenditore del media marketing originario di Shanghai ma di stanza a Milano, “è emerso in lui il desiderio di dedicarsi alla formazione, cosa che ha fatto partecipando a numerose convention internazionali, e come riflesso di tale atteggiamento è arrivata anche la consapevolezza che i tempi erano maturi per un cambiamento”.

“In fondo”, continua Thomas Lin, “la sostituzione come Presidente del Consiglio di Amministrazione con Daniel Zhang, manager di notevolissime capacità e presente in azienda sino dal 2007 (inventore del double 11 day che ha segnato un punto di non ritorno nella strategia marketing dell’azienda) ha una sua logica considerando che Zhang ha cambiato faccia ad Alibaba, con la creazione dei virtual stores di Tmall Global dove sono presenti i più importanti marchi italiani”.

Le dietrologie tutte italiane

La verità è che non riusciamo a vederci chiaro nonostante le rassicurazioni di tanti amici imprenditori cinesi, serpeggia in noi una malignità condita con la sempreverde italica dietrologia che quasi ci impedisce di accettare questa versione.

Jack gira il mondo, incontra Capi di Stato, diventa una sorta di ambasciatore universale della Cina, e si sa che in Cina il potere è geloso delle sue rappresentazioni e pertanto un ascendente di tal calibro potrebbe essere apparso scomodo, da cui la ritirata preventiva con tanto di dichiarazione di non voler morire in ufficio ma, piuttosto, al mare.

Tuttavia al nostro “senso di ragno” abituato a scavare nel torbido e pizzicare costantemente dobbiamo contrappore il fatto che non si sono mai registrate tensioni tra Jack Ma, Alibaba e rappresentanti del governo cinese. Che la transizione appare come completamento di una parabola che lo ha visto progressivamente defilarsi nelle scelte strategiche delle aziende a favore di un brillante stratega quale è stato ed è Zhang Yong alias Daniel.

Quindi, in ultima analisi, non c’è motivo di alzare gli scudi, di scatenare fantasie romanziere quasi come se il passo di Jack Ma celasse in sé un mistero alla stregua di un Majorana che scompare nel nulla per chissà quale ordito complotto.

Teniamo presente che così come i gusti sono diversi, anche gli imprenditori cinesi non sono i nostri imprenditori: hanno una concezione della vita aziendale meno rigida. Ricordiamo poi sempre che “fare il pensionato” per Jack Ma non significa andare al parco ad ascoltare il canto dei grilli ma dedicarsi semplicemente a altri progetti collaterali. E infine non dimentichiamo mai che in Cina le decisioni le prende chi non appare in pubblico e di certo sappiamo che Jack Ma è uscito dal gruppo.

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