Disagio e senso di colpa, le armi del fundraising sono note: toccare le coscienze delle persone per generare una donazione economica. È di indubbia efficacia questo copione, ripetuto degli spot di numerose organizzazioni, governative e non, che compaiono come mosche soprattutto con l’approssimarsi del “più solidale” periodo natalizio. Lo è ancora di più quando sono gli sguardi di bambini scheletrici […]
Le “Relazioni Meticolose” per la bussola del mercato
La bussola del mercato sembra impazzita solo a chi non riesce più a leggerla: il futuro del successo sta tutto nelle relazioni tra le aziende e i clienti.
Il mercato: è capriccioso, è resistente, gioca al rialzo. Le persone chiedono di più.
Ma questo “di più”, che fino a dieci anni fa spingeva i brand a produrre più merci, più comunicazione, più pubblicità, oggi si manifesta piuttosto come la richiesta, da parte dell’utente, di una relazione di qualità vera e propria. Ed esattamente come in una relazione tra due persone, il gioco si fa duro perché ci troviamo di fronte ad almeno quattro tipi di richieste:
- reciprocità (se mi vuoi mi devi dare qualcosa in cambio);
- adesione alle aspettative (dammi ciò che mi aspetto da te);
- risposte alle necessità sia manifeste che latenti (certe volte so quel che voglio, altre volte mi devi anticipare);
- risoluzione dei problemi del quotidiano (come mi sollevi dalle preoccupazioni?).
Tutto tradotto in un’unica grande domanda.
Utente: Perché dovrei comprarti?
Brand: Perché sono fatto bene e costo meno degli altri.
E la risposta è insufficiente. Se qualcuno di voi era al Festival Nobìlita, sa che la buona lezione che ci ha accomunato tutti è stata: per avere bisogna dare, da questo non si salva nessuno, né i brand BtoB né i brand BtoC. Non possiamo che prendere atto della necessità per le imprese di “tornare ad avere un impatto positivo” nella vita dello stakeholder.
La bussola del mercato non si orienta solo sui big data
Ma come farlo? Un punto essenziale dipende dalla lettura di quella parola che fa più paura dell’uomo nero: big data. Prendetela e buttatevela alle spalle. Il mio è un suggerimento per maturare la consapevolezza di guardare oltre le parole di tendenza, non un atto di ribellione all’inglesismo. Per conoscere bene il mercato non abbiamo bisogno di milioni di dati, ma solo di saper leggere le pratiche, le buone informazioni. Quelle che ci dicono come risolvere un problema che affligge la nostra rete, perché se siamo in grado di fare la differenza saremo la prima scelta.
Un esempio. Wavin è un’impresa che produce tubi e ha un mercato BtoB. Un tubo è un tubo, e farne percepire la qualità rispetto al competitor è veramente complesso. Il management si trova a dover fare una scelta, data un’importante perdita di fatturato: costruisco un nuovo stabilimento per immettere più prodotto a un prezzo minore o cerco di capire come farmi preferire al mio competitor? Ed è in quel preciso istante che Wavin intraprende una strada basata sulla comprensione di un dato fondamentale. I tecnici addetti al montaggio di tubature hanno problemi nel reperimento delle istruzioni di montaggio. Semplice e chiaro. Il management decide così di creare la Wavin Academy per insegnare alla rete di professionisti come montare bene il prodotto, quali vantaggi ne conseguono, etc. Ogni stakeholder diventa un advocate. In breve tempo Wavin ha colmato il gap sul suo mercato e risolto il problema di fatturato che lo affliggeva. Il mercato riceve? Il mercato dà. E il valore del dato che ha guidato la scelta strategica va oltre il numero, perché risponde a un’esigenza di relazione tra impresa e utente.
Il primo “grande dato” che possiamo usare non è altro che “una buona informazione”.
Nel momento in cui la relazione con l’utente diventa il centro di gravità l’impresa deve dire a gran voce: eccomi, questa sono io, queste le cose in cui credo, queste le persone che mi animano e questo è quello che posso fare per te. Così fare branding significa prima di tutto comprendere in quale modo un’impresa può dare il suo contributo alla vita dello stakeholder in modo da rendere una strategia di relazione un’azione costante e mirata.
L’utilità dei dati
E i dati? Ci servono a prendere una posizione.
Un dato è un fatto, e saper riconoscere i fatti che coinvolgono il profilo dell’utente desiderato per adottare soluzioni pratiche è fare branding. Se sappiamo che uno dei problemi principali che affligge le nuove generazioni è l’impatto ecologico del consumo e desideriamo che la nostra impresa sopravviva nel tempo, non possiamo esimerci dal prendere una posizione in merito. Questo caratterizzerà il mercato dei prossimi dieci anni. E si scatena la corsa al packaging plastic free, agli spot strappalacrime, alle campagne di sensibilizzazione (Corporate Social Responsability). Tutto molto bello e spesso tutto molto inutile, perché l’impresa non deve semplicemente comunicare una posizione, ma deve produrre azioni in cui “rischia qualcosa” che supportino la comunicazione, perché non avere una posizione attiva significherà, nei prossimi anni, non avere più un posto nel mercato. Per essere indispensabili nella vita della propria rete bisogna fare l’impossibile.
Burger King. Appeno lo dico visualizzate tutti l’hamburger, simbolo dell’allevamento intensivo. Il contrario del mangiare sano. E invece no. Burger King sta facendo l’impossibile. Collaborando con la startup Impossible Food ha lanciato il Whopper vegano. Fin qui niente di nuovo, il solito hamburger vegetale; se non fosse che la resa organolettica e di consistenza rende impossibile distinguerlo da quello di carne. Nei test effettuati nessuno è riuscito a capire la differenza e dal 1 aprile 2019 l’Impossible Whopper è disponibile in 59 ristoranti in Missouri. Ecologico, salutista, ma fatto per tutti (vegan e non), e lo ha fatto un Brand del fast food ribaltando completamente il proprio paradigma produttivo!
Non ci sono grandi relazioni e piccole relazioni, ma solo relazioni di valore
Una sola buona relazione può fare un’enorme differenza se gestita nel modo giusto. Singolare che sia proprio il mercato del porno a insegnarci questo.
Pornhub ha basato sulla relazione con l’utente tutta la sua identità di branding, semplicemente perché non poteva parlare del prodotto. Questo gli ha consentito di usare i dati per conversare in modo unico e differenziante con soggetti diversi: dalle testate giornalistiche agli influencers, per passare dai brand, dai professionisti della comunicazione e dai consumatori finali (si guardi Pornhub Insight).
L’utente è stato preso in considerazione dal grado persona al grado mercato. Pornhub che sostituisce il computer rotto di un ragazzo che lo ha distrutto per l’ingresso improvviso della madre nella sua stanza, Pornhub che finanzia un progetto sulla sessualità spiegata ai giovani, o che pianta un albero ogni volta che una certa parola viene cliccata sulla sua piattaforma.
Che cosa ci suggerisce quanto detto finora?
Trovate un angolo, il vostro angolo, che sia la visione chiara di come è il mondo per voi. Rendete tangibile ciò che raccontate agendo in modo che le vostre azioni cambino qualcosa per qualcuno e non solo per l’impresa. Vi consiglio di essere voi stessi e imparare a capire l’altro e le sue necessità, anteponendole alle vostre. Ma non è forse questo il presupposto di ogni relazione umana che voglia essere significativa?
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