Una situazione, questa, che non giova ai numeri sull’occupazione, sia femminile che giovanile.
Sul fronte donne, il PNRR punta a incrementare di quattro punti percentuali l’occupazione nel biennio 2024-2026, partendo da uno 0,7% registrato nel 2021 rispetto all’anno precedente. La situazione di partenza parlava di un tasso di inattività per necessità assistenziali del 35% in rapporto a una media europea del 31%, e di circa il 74% di differenza nell’occupazione tra donne di 25/49 anni con figli in età prescolare e donne senza figli. Più bassa rispetto al resto di Europa anche la percentuale relativa al tasso di partecipazione delle donne al mercato del lavoro, 53,8% rispetto a una media del 67%.
Per quanto riguarda i giovani, l’obiettivo è un +3,2% di incremento dell’occupazione nel biennio 2024-2026, in confronto a un dato di partenza dello 0,4% del 2021 rispetto all’anno precedente. In questo scenario pesa il dato relativo ai NEET, i giovani che non studiano né lavorano, circa il 27,9% del totale della fascia d’età 20/34 anni, e il 29% relativo al tasso di disoccupazione giovanile per la fascia 15-24 anni.
Gli ultimi dati disponibili parlano di un leggero incremento dell’occupazione rispetto al 2021, +2,1% in un anno, con un aumento che però, ad esempio, riguarda più gli over 50 rispetto alla fascia 15/34 anni.
Si è creata, quindi, una situazione per cui le aziende usufruiscono comunque dei fondi del PNRR, ma in molti casi – due su tre – senza attenersi ai vincoli relativi alle assunzioni. Una percentuale non banale se rapportata al totale dei progetti, rispetto alla quale non sembrano esserci misure correttive nell’immediato. C’è inoltre da approfondire quanto nel periodo di riferimento si riuscirà a traguardare gli obiettivi prefissati, che al momento sembrano essere ostacolati dal ricorso alle deroghe legate ai vincoli di assunzione.
Un segnale potenzialmente positivo potrebbe arrivare dalla rimodulazione del PNRR approvata alla fine dell’anno precedente, che ha portato a un aumento del numero di riforme, 66, sette in più rispetto al piano originario e degli investimenti (150). La rimodulazione ha consentito di liberare circa 21 miliardi di euro per le imprese, con focus sui settori dell’agricoltura e del turismo.
Bisognerà ora capire quale sarà l’impatto effettivo di questi nuovi investimenti, e soprattutto pensare a una ridefinizione delle clausole relative alle deroghe e ai criteri di premialità.
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Photo credits: partitodemocratico.it