Riapertura ristoranti: come prima, più di prima, mangerò?

Durante i mesi di lockdown ci siamo chiesti tante volte come sarebbe stato tornare a mangiare al ristorante. E ora ci siamo. Tra le categorie che affrontano le incognite della ripartenza ci sono i ristoratori, che invocano aiuti e sgravi fiscali da parte del governo per sopravvivere ai mesi di lockdown, al calo degli incassi […]

Durante i mesi di lockdown ci siamo chiesti tante volte come sarebbe stato tornare a mangiare al ristorante. E ora ci siamo. Tra le categorie che affrontano le incognite della ripartenza ci sono i ristoratori, che invocano aiuti e sgravi fiscali da parte del governo per sopravvivere ai mesi di lockdown, al calo degli incassi e alla riduzione della capienza, che, insieme alle altre linee guida concordate dall’esecutivo con le regioni, regolano la ripresa in sicurezza.

Ma la ristorazione è un settore importante tanto dal punto di vista economico quanto da quello simbolico. Riunirsi intorno a un tavolo è un atto sia culturale che sociale, in quanto potente momento di convivialità. La pandemia renderà più ovattata questa esperienza? Abbiamo chiesto ad alcuni ristoratori italiani se e come sia cambiato il loro lavoro e come stanno reagendo i loro clienti alle misure per il contenimento del contagio.

 

Una questione di spazio

Nei ristoranti è mutata l’organizzazione degli spazi. La capienza si riduce – anche del 50% – e si rispettano protocolli igienico-sanitari stringenti: igienizzazione e sanificazione; distanziamento tra i tavoli per garantire almeno un metro tra i clienti (a eccezione di famigliari e conviventi); mascherine da indossare; no ai buffet e ai menù cartacei, sì ai pagamenti elettronici e carte digitalizzate; misurazione della febbre ed elenco delle prenotazioni da conservare per un periodo di 14 giorni.

“Riapriamo in sicurezza rispettando tutte le normative per tranquillizzare i clienti e perché crediamo sia giusto così. Conviene che i clienti percepiscano un’attenzione assoluta da parte nostra a tutti i particolari. Abbiamo, ad esempio, scelto di servire cestini per il pane in carta di bambù usa e getta e porzioni monodose di condimenti per limitare l’utilizzo di saliere e oliere condivise”, racconta Claudio Mori, direttore dell’osteria Il Passerotto di Saronno, provincia di Varese. Del resto la Lombardia è la regione più colpita dal coronavirus, e un servizio ineccepibile da parte degli esercenti sul fronte della sicurezza può rassicurare, anche solo dal punto di vista psicologico, il cliente più critico e puntiglioso così come quello più timoroso.

L’interno dell’osteria Il Passerotto di Saronno, in provincia di Varese.

Arte e creatività alleggeriscono il distanziamento

Ha fatto il giro di web e social l’originale idea adottata dal Consorzio Stoppani a Milano una settimana dopo la riapertura del 18 maggio. Il locale – che si trova a due passi da Porta Venezia – rende giocoso il distanziamento sociale, decorando le barriere in plexiglass e inserendo sagome di vip italiani e star internazionali nei posti lasciati vuoti per il rispetto delle regole.

“Abbiamo cercato di trasformare un momento difficile e complicato in una situazione divertente, rendendo il locale ancora più colorato e piacevole. Del resto, al ristorante ci vai solo se è un piacere», spiega la titolare Monica Romanelli, che ha fatto tesoro della sua esperienza nella comunicazione per diffondere l’iniziativa e attirare l’attenzione sul ristorante. “Di fronte a tante notizie negative, la nostra soluzione è una voce fuori dal coro in grado di infondere positività».

Le sagome delle star, commissionate a un’azienda che realizza cartonati, e i divisori artistici creati dalla pittrice bergamasca Laura Lussana (utilizzati in esterno e all’interno del locale in caso di maltempo) hanno rappresentato un investimento per Consorzio Stoppani. “Spendere 600 euro in un periodo in cui non si guadagna è stato coraggioso da parte nostra. Abbiamo portato l’arte in strada e fatto parlare di noi: quanto ci porterà in termini di fatturato aggiuntivo è ancora presto per dirlo. Alcuni clienti sono venuti appositamente e prenotando hanno espresso preferenza per sedersi accanto a Brad Pitt piuttosto che a Barbara D’Urso, Rocco Siffredi o Elvis Presley. Aggiungeremo altre sagome vip perché sono sempre più ambite”.

Le criticità non mancano, anche se affrontate con il sorriso. “Chi è venuto al ristorante prende con filosofia la situazione e accetta di buon grado le norme di sicurezza, dal controllo della temperatura al menù plastificato, che pulisco direttamente, o digitale, attraverso il QRcode. I primi a tornare sono stati i giovani. Chi ha paura ancora non si è visto. Certo, da parte dei clienti c’è la preoccupazione di non riuscire a parlare bene al tavolo con le distanze imposte. La socializzazione risulta un po’ più difficile e c’è chi allora preferisce stare a casa”.

I divisori artistici e i cartonati vip utilizzati da Consorzio Stoppani a Milano
I divisori artistici e i cartonati vip utilizzati da Consorzio Stoppani a Milano.

La nuova normalità di trattorie e osterie

È come quando litighi con qualcuno che ami: hai paura di perderlo e, quando ci fai pace, presti più attenzione al rapporto”. Mai dare nulla per scontato del proprio lavoro: è questo l’insegnamento più importante che la crisi ha lasciato a Roberto Vannini, titolare dell’osteria La Sosta di Pio VII a Barberino Val d’Elsa, sulla via che collega Siena a Firenze. “Abbiamo adottato gli accorgimenti necessari, riuscendo a mantenere il nostro stile. Niente più menù in pelle con inserto scritto totalmente a mano, ma lavagne a disposizione del cliente. Ci è sempre piaciuto parlare piuttosto che far leggere; ora lo facciamo con ancora più impegno per aiutare i clienti nella scelta dei piatti”.

Lo spazio esterno al casale, dove la storia narra che il 2 giugno 1815 Papa Pio VII si sia fermato costretto da un bisogno impellente, ha permesso di allargare i tavoli all’interno senza perdere capienza. “Se la situazione dovesse proseguire in autunno e inverno, utilizzeremo la veranda esterna che si può chiudere e riscaldare”, spiega Vannini. La riapertura del 22 maggio per l’osteria ha rappresentato un nuovo inizio. “Nel corso della prima settimana e mezzo, sono venuti gli amici, proprio come quando inauguri; poi la voce che avevamo riaperto si è sparsa e sono tornati i clienti abituali, molti dei quali provenienti anche dal Nord e da zone considerate ‘rossissime’ durante l’emergenza. Non ho registrato da nessuno di loro particolari problematiche per le misure che dobbiamo adottare”.

La sicurezza va mantenuta per la tutela di chi viene al ristorante e di chi ci lavora. “La ripartenza è stata più positiva di quanto pensassi: il lavoro è calato ma si sopravvive”. La clientela pre-COVID del locale era ugualmente suddivisa tra locali – Poggibonsi è a tre chilometri – e turisti che sempre meno arrivano per caso, senza dimenticare i pazienti di un centro oculistico specializzato della zona. Si lavorerà per far tornare i turisti. “Ritorni a lottare su ogni pallone, per dirla in gergo calcistico”.

La Sosta Di Pio Vii a Barberino Val d'Elsa
La Sosta Di Pio Vii a Barberino Val d’Elsa

 

La trattoria da Danilo a Roma, tra le più conosciute della Capitale e apprezzata per la sua celebre carbonara, non può invece contare su uno “sbocco” all’aperto per i suoi tavoli, complici anche le farraginosità di una burocrazia che rallenta ogni passaggio. Dopo una ripartenza, il 22 maggio, piuttosto a rilento, il lavoro è aumentato. Sono tornati i clienti abituali e, dopo il 3 giugno, anche gli avventori da Torino, Milano, Napoli, ma ci sono le regole con cui fare i conti.

“Il mio locale è molto piccolo”, racconta il titolare Danilo Valente, “da 50-55 coperti ora ne ho a disposizione soltanto 20-25. Utilizzo per forza i divisori, ma non in plexiglass, bensì in policarbonato con il logo del locale e il menù stampato, per rendere la trattoria il meno asettica possibile”. Per Valente l’obiettivo non è cambiato: rendere il pranzo o la cena un’esperienza piacevole, oggi nel rispetto di tutte le norme di pulizia e sicurezza che richiedono inevitabilmente più sforzi.

Come sta reagendo la sua clientela? “Non sono le misure in sé a scoraggiare, ma le paure che si concentrano attorno al virus e quindi al mangiare fuori. Chi viene oggi al ristorante è consapevole di una situazione diversa da quella di qualche mese fa; è attento al rispetto delle regole da parte del locale, ma senza il fucile puntato. Non tutti però sanno ancora bene come comportarsi: a chi è venuto senza mascherina, gliel’ho fornita io”. Se la situazione a Roma stenta allora a decollare, è tempo per Danilo Valente di concretizzare un progetto tenuto fino ad ora nel cassetto. “Chiudiamo sabato 20 giugno. Insieme a tutto lo staff la trattoria si trasferisce al mare, a San Felice Circeo, per la stagione estiva, dove ho preso in gestione un locale. Torneremo a Roma in settembre. Ho sempre avuto questo sogno ed è il momento giusto per provare questa esperienza”.

L'interno della Trattoria da Danilo di Roma con le misure di contenimento del Covid-19
L’interno della Trattoria da Danilo di Roma con le misure di contenimento del COVID-19

 

Ultima tappa di questo – purtroppo – veloce viaggio virtuale in Italia è Napoli. “Non si sta poi così male. Così mi dicono oggi i clienti, che si sentono più larghi e coccolati”, confessa Mario Lombardi, oste e patron di Cap’alice, enosteria tipica di via Bausan, che ha riaperto i battenti il 25 maggio sacrificando solo quattro dei suoi 40 posti a regime. “Col bel tempo sfruttiamo l’esterno del locale; il grave problema sarà l’inverno, con queste regole così restrittive. I tavoli oggi li uso per la cena; per l’aperitivo c’è la possibilità di sedersi sugli sgabelli oppure con vassoi e cuscini personalizzati su una parte della scalinata che collega la nostra strada a via Vittoria Colonna. Naturalmente in maniera distanziata”, continua l’oste, sottolineando come le misure di sicurezza pesino forse più a lui che non alla clientela. “C’è però disorientamento nei confronti dei messaggi altalenanti sul COVID e della prospettiva di una seconda ondata in autunno. Questo a volte scoraggia più delle misure di sicurezza”.

I frequentatori abituali di Cap’alice sono tornati, ma non tutti. “Oggi mancano all’appello i turisti, che negli ultimi tre anni generavano il 30% del fatturato, e gli over 60. La sera si lavora bene, a pranzo invece si stenta e anche l’asporto non è decollato. C’è chi preferisce ancora non fare la pausa pranzo fuori, ma ho scelto di restare aperto per lanciare il messaggio che Cap’alice è qui». Tutto fermo anche per quanto riguarda le degustazioni, un’attività importante per l’enoteca che ospita da sei anni la rassegna Storie di Vini e Vigne.

Esterno dell'enoteca Cap'Alice di Napoli
Esterno dell’enosteria Cap’Alice di Napoli

 

Il virus stimola la svolta digitale anche per i ristoratori

Diversi sono i trend della ristorazione che si prevede accelerino con le restrizioni anti COVID-19. Tra questi il food delivery, il cui mercato rappresenta ormai una parte rilevante della spesa online degli italiani nel comparto Food & Grocery (706 milioni, in base agli ultimi dati dell’Osservatorio eCommerce B2c). La parola d’ordine su cui ora si spinge è digitalizzazione, che permea le fasi canoniche del mangiare fuori casa, dalla prenotazione alla consultazione del menù fino al pagamento contactless. Sono molte le soluzioni proposte da start up e realtà del settore digitale per il mondo della ristorazione – SafeTable, le emiliane Mordy.it e Dishcovery, Quandoo, per citarne solo alcune – per favorire prenotazioni online e digitalizzazione del menù tramite app e QRcode.

«L’emergenza sanitaria e le norme che ne sono conseguite hanno fatto comprendere ai ristoratori l’importanza di mettere i menù virtualmente in mano alla clientela», mi spiega Giuseppe Della Ventura, founder dell’applicazione campana Menew, pubblicata negli store già a luglio 2018 ma in costante sviluppo per garantire aggiornamenti e nuove funzionalità a chi ha bar, ristoranti, gelaterie, pasticcerie o stabilimenti balneari. Menew fino a oggi conta l’adesione di 50 ristoratori campani, arrivati all’app tramite il passaparola, con prospettive di crescita una volta che sarà lanciata la campagna promozionale vera e propria.

“Menew interessa i titolari per l’opportunità di gestire in maniera autonoma la propria struttura: ottimizzare servizio e personale, ricevere ordini e prenotazioni. L’app trasforma il menù cartaceo in digitale, ma funziona anche da vetrina perché si inseriscono foto, video, descrizioni, prezzi ed eventuali offerte. Si condividono le novità sui canali social, aumentando la visibilità del locale”. Gli ultimi sviluppi di Menew, aggiunge Della Ventura, riguardano il potenziamento dei servizi di take away e delivery, che il ristorante può così realizzare internamente, senza appoggiarsi a piattaforme esterne e rider a rischio sfruttamento. Se la versione Business richiede ai ristoratori un abbonamento mensile (dopo un mese di prova gratuita), la versione per i clienti è free e sta raccogliendo consensi. “Molti apprezzamenti li riceviamo dagli utenti, che cercano un posto dove mangiare, consultano con calma il menù e usufruiscono del servizio”.

Pur tra mille difficoltà, i ristoratori sono impegnati – ancor più di prima – ad accogliere la clientela. Così come gli italiani sembrano non voler rinunciare al rito del mangiare fuori, sebbene in un’atmosfera parzialmente diversa. I problemi e i timori di parte della popolazione però resistono; serve allora un aiuto concreto per non disperdere il patrimonio ristorativo, che è a tutti gli effetti una leva del nostro modo di vivere e una componente importante della nostra economia.

 

In copertina: Cartonati vip all’interno del Consorzio Stoppani di Milano

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