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Alla ricerca della Ricerca
Non manca giorno in cui da qualche parte, in occasione di qualche dibattito o su qualche media, qualcuno faccia riferimento più o meno diretto alla “fuga dei cervelli” che colpisce sempre più spesso il nostro Bel Paese. Da troppo tempo. E da qui, per qualche tempo, si attiva il classico meccanismo di rimbalzo, con analisi […]
Non manca giorno in cui da qualche parte, in occasione di qualche dibattito o su qualche media, qualcuno faccia riferimento più o meno diretto alla “fuga dei cervelli” che colpisce sempre più spesso il nostro Bel Paese. Da troppo tempo. E da qui, per qualche tempo, si attiva il classico meccanismo di rimbalzo, con analisi e contro-analisi. Opinioni e voci fuori dal coro. Interviste a politici preoccupati e ricercatori sottopagati. Ed emergono le solite classifiche, con l’Italia fanalino di coda per finanziamenti alla ricerca ed all’innovazione paragonata tradizionalmente ai virtuosi mondi di Stati Uniti, Germania, Svizzera o Giappone. Ma anche a veloci emergenti player quali Cina e India. Paesi in cui università, scienza e impresa giocano dalla stessa parte del tavolo, con evidenti vantaggi per tutti.
Poi come sempre tutto sfuma, nulla cambia ed il silenzio torna a calare sul grande tema della Ricerca con la R maiuscola. L’Italia torna ad essere il luogo dalla memoria corta perché perennemente distratta dalla “tormentonite”. Almeno fino a che un nuovo cervello non prepara la valigia e si avvia a varcare il confine patrio verso un altrove più proficuo.
Peccato. Peccato perché tutto ciò è solo una parte della medaglia. Perché in realtà la nostra penisola è fucina, spesso inconsapevole, di meraviglie della scienza e dell’innovazione. Accademica e non solo. Si pensi ad esempio alla recente rilevazione delle onde gravitazionali.
“In Italia abbiamo talenti di indiscusso valore ed i nostri centri di ricerca non hanno nulla da invidiare, in quanto a capitale umano, a quelli dei nostri colleghi oltreoceano – dice Barbara Mazzolai, coordinatrice del Centro di Micro-BioRobotica dell’Istituto Italiano di Tecnologia a Pontedera (Pisa) e riconosciuta tra le 25 donne geniali della robotica del 2015 – Possediamo competenze e conoscenza davvero di grande pregio in numerosi campi. Dalla biologia alla robotica, alla fisica. Di tutto ciò dobbiamo essere consapevoli e orgogliosi, ma soprattutto coscienti”.
Già, perché come sempre affinché ogni cosa esista è necessario renderla nota e visibile. Ed in questo solo una buona comunicazione può aiutare.
“Le nostre eccellenze hanno bisogno di essere note ed è necessario che il livello della divulgazione scientifica cresca allo scopo di avvicinare la scienza alla realtà – continua la coordinatrice – Abbiamo necessità di fare capire in modo opportuno quanto le nostre attività possono contribuire concretamente alla vita di tutti i giorni”.
Ovviamente non è solo questione di rendere noto, meglio, quanto di buono sappiamo fare. Resta il fatto che rispetto a ciò che accade anche solo oltralpe i finanziamenti al mondo della ricerca in Italia sono davvero ridotti. Anche se la vera verità probabilmente è un’altra.
“Dobbiamo essere onesti. I finanziamenti potrebbero anche andare bene se fossero distribuiti in modo virtuoso, ovvero in base al merito. Non possiamo continuare a dare contributi a tutti i centri di ricerca, indipendentemente dai risultati. La suddivisione dei fondi a pioggia, infatti, determina insoddisfazione collettiva. E soprattutto nei talenti che meritano di essere opportunamente valorizzati. – conclude Barbara Mazzolai – L’inevitabile conseguenza di ciò non è soltanto la fuga dei nostri cervelli ma anche, e forse soprattutto, l’assenza di attrattività dei nostri centri di ricerca nei confronti di studiosi stranieri. Se proseguiamo su tale strada mai potremo diventare interessanti”.
Qualcosa – per fortuna – sta cambiando. Oggi infatti anche in questo ambito sta arrivando la tanto agognata meritocrazia e iniziano ad essere applicati parametri di valutazione dei risultati. Si pensi ad esempio all’operato sempre più presente dell’ANVUR – Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca.
Pensare che in un attimo la nostra cara Italia possa arrivare a strutture d’eccellenza quali alla Max Planck Society (con oltre 80 istituti di ricerca, 12.300 impiegati permanenti, inclusi 4.200 scienziati) o il Fraunhofer Institute (che in Germania sta segnando il passo grazie alla stretta collaborazione con il mondo dell’impresa) non è cosa credibile.
Per una volta proviamo a fare un passo avanti facendone uno di lato. Apprezzando quello che siamo, spiegando ciò che sappiamo fare bene, valorizzando i veri talenti, semplificando procedure farraginose e magari andando oltre la polverosa gazzetta ufficiale. E magari, perché no, coinvolgendo sempre di più il mondo delle aziende italiche che tanto hanno bisogno di fare un passo avanti e che potrebbero trarre davvero benefici concreti dalla ricerca applicata. Soprattutto oggi, in un contesto macro-economico che vede le imprese ridurre progressivamente la capacità di investire nell’innovazione, puntando piuttosto su azioni di standardizzazione dei propri prodotti e sulla mera riduzione dei costi.
Non sarà una formula scientifica, ma le evidenze empiriche di altre nazioni dimostrano che tutto ciò può funzionare. A noi dunque non resta che mettere insieme gli ingredienti. Alla ricerca della Ricerca.
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