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Almeno tu, nel Metaverso
Tanto rumore per nulla. Il futuro annunciato urbi et orbi non sembra destinato ad arrivare, da Second Life a Meta. Eppure la stampa continua a cascarci: perché?
Sono convinto che il Metaverso sia una bolla. Sono un giornalista e il racconto del mondo che ho intorno confermerebbe tale mio giudizio (che, altrimenti, sarebbe solo un pregiudizio): dal roboante annuncio della nascita di Meta, attraverso cui coattamente è stata inserita nell’immaginifica evoluzione globale l’idea che avremo passato molto molto tempo in realtà virtuali immersive (che già esistevano), ancora oggi tutti questi cittadini digitali che passano del tempo in ufficio o in salotto con visori VR a sbracciarsi nel nulla non ne vedo.
Sono anche convinto, però, che la mia personalissima sensazione in tal senso può essere solo una traccia, che in qualche modo devo confermare. Quindi, siccome faccio il giornalista e non l’idraulico (mestiere sicuramente più nobile e redditizio nell’Italia di oggi), cerco dati che possano confermare o ribaltare tale visione. Li posso trovare in scritti, indagini, pareri illustri e svariate fonti d’informazione che – sempre perché faccio il giornalista – provo a mettere insieme per avere un quadro della situazione chiaro e preciso.
Scopro così che il Metaverso di Meta, che ha dato il la a questa corsa a chiamare Metaverso qualunque cosa, creando di fatto un guazzabuglio di termini, terminologie e opinioni personali che rendono valido tutto e niente, è in recesso. Sì, certo, ogni tanto Facebook mostra advertising su come persone fanno cose virtuose grazie alla realtà immersiva, tipo ricerche che possono migliorare le nostre esistenze, ma oltre a essere casi molto specifici sono davvero isolati. Ora quegli spazi digitali sono quasi lasciati a sé stessi, vuoti, certo ben lontani dal futuro su cui tutti i digital guru hanno straparlato e scommesso. Gli ultimi numeri parlano di 200.000 utenti attivi su Horizon – meno della metà delle comunque basse aspettative per metà 2023 – con solo un utente su dieci circa che dopo la prima camminata nel Worlds decidesse di tornasse il mese dopo.
Vari progetti al sapore di Metaverso sono già naufragati. Financo quello dell’Unione europea, che a gennaio ha deciso di tirare i remi in barca dopo lo straordinario risultato dei sei utenti collegati all’inaugurazione. Diverse farneticazioni sono finite nel cassetto: sembrano ben distanti i 5.000 posti di lavoro che Vanity Fair immaginava il Metaverso creasse entro il 2024, così come il futuro distopico di quelli che già oggi prevedevano che passassimo un’ora al giorno immersi in un qualche mondo virtuale.
Ipotizzabile? Più che ipotizzabile. Basti pensare che il modello che si stava ripetendo è stato identico a quello che vide coinvolto molti anni fa Second Life, e che ora fa dello stesso “metaverso” di Linden Lab un prodotto di nicchia per pochi affezionati.
Questo lungo preambolo per dirvi che a Milano (e dove sennò) il 14 dicembre 2023, tra chiusure di fine anno e regali da fare ai vostri cari, potreste voler partecipare al “Metaverse Generation Summit“, che non solo è patrocinato dal Comune di Milano (e come, altrimenti), ma che vedrà anche esponenti delle istituzioni (così leggo) intervenire insieme a imprenditori e star del digital e del web su questo futuro che hanno provato a propinarci in ogni modo. Che financo le istituzioni possano intervenire parlando di Metaverso, con l’attuale stato di digitalizzazione delle P.A. (nonostante le ingenti liquidità riversate negli anni) che da solo dovrebbe valere la questione di opportunità (di evitare), è già significativo.
Lo spirito critico, però, viene un po’ meno anche da parte degli operatori dell’informazione quando presentano tale evento con frasi che un giornalista non userebbe nemmeno per parlare dei meriti sportivi del proprio figlio: “Il Metaverse Generation Summit promette di essere un’esperienza coinvolgente e di networking unica e imperdibile“. Una dichiarazione che non è giornalistica, ma da ufficio marketing. Come non è da giornalista ma da ufficio marketing la frase che descrive l’organizzatore come “azienda sapientemente guidata dal suo founder…“.
Perché, chiaramente, l’evento è organizzato da un privato. Un privato che – indovinate – è “specializzato nella creazione di esperienze, servizi e contenuti all’interno del Metaverso”.
Auguriamo all’azienda ogni bene, in questa sede: hanno investito in una rivoluzione assumendosi il rischio. E non li biasimiamo per la straordinaria operazione di marketing con cui si sono guadagnati spazio sui giornali. Al momento però tale rivoluzione non sembra essere supportata dalla quotidianità dei fatti. Prendiamo un esempio su tutti: arte e Metaverso. Un panel che fa parte del summit presentato come futuro prossimo, mentre recenti articoli, sempre di agenzie, ci raccontano di come gli NFT abbiano fatto “fetecchia” e ora in tanti abbiano certificati per opere digitali di valore pari a zero.
Nessun biasimo, dicevo, anzi. I miei più sentiti complimenti. Invece dobbiamo rivolgerci a quegli operatori dell’informazione che hanno pubblicato e avallato un racconto monodirezionale “di parte”, dove il Metaverso splende di luce propria e la sua rivoluzione perennemente annunciata in realtà è una certezza incrollabile di questo futuro, che però tarda ad arrivare.
A loro va ricordato che questi racconti calati dall’alto non fanno che alimentare quella deplorevole convinzione che proprio la stampa, l’attenta e acuta stampa, il cane da guardia della popolazione, non sappia niente del futuro che ci aspetta, se non ciò che viene propinato e imbellettato da qualche reparto marketing e comunicazione. Sono errori che, probabilmente, un idraulico non commetterebbe mai.
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