Btp Futura, la famiglia italiana come salvagente di Stato

Titoli di Stato per contrastare la crisi: che cosa hanno da dirci le brutte esperienze del passato sugli investimenti nei BTP Futura?

Sta nascendo una nuova generazione di Bot people? Stiamo tornando all’epoca in cui le famiglie italiane si presero in carico il gigantesco debito pubblico italiano, acquistando miliardi di Buoni Ordinari del Tesoro in cambio di tassi d’interesse da capogiro a due cifre? La ricostruzione economica, questa volta dovuta all’invasione pandemica, peserà ancora sulle famiglie italiane come avvenne negli anni Ottanta?

BTP Futura, i titoli di Stato che mettono d’accordo governo e opposizione

Il sospetto è che la storia si ripeta, ma che la seconda volta sia una farsa. In questi mesi il governo guidato dal presidente del consiglio Giuseppe Conte, sull’onda dell’emergenza COVID-19, ha lanciato i BTP futura, titoli di Stato dedicati esclusivamente alle famiglie con l’obiettivo di contenere l’urto dello sforamento del debito pubblico per sanare in parte la drastica e inedita crisi economico-finanziaria che ha accompagnato la pandemia.

Anche il leader dell’opposizione Matteo Salvini sostiene, ogni volta che compare in tv o su Facebook, che bisognerebbe chiedere alle famiglie italiane di finanziare la crisi italiana con il loro risparmio privato attraverso l’acquisto di titoli di Stato. E non è un caso che il ministro dell’Economia abbia deciso di lanciare i tradizionali BTP destinati ai grandi investitori e alle banche, mentre ha destinato i titoli Futura alle famiglie.

Il successo del collocamento dei titoli Futura farebbe pensare che la storia si possa ripetere, che ancora una volta il risparmio privato diventi il paracadute di una crisi drammatica ed epocale che ha per protagonista il coronavirus. A rafforzare questa ipotesi ci sono state le elezioni regionali e il referendum, che secondo gli analisti più accreditati hanno rafforzato il governo, fatto scendere il rendimento dei tradizionali titoli di Stato e spinto gli investitori e gli analisti stessi a orientare i risparmiatori e le famiglie verso il titolo Futura. Ma nessun analista ha tenuto conto della seconda ondata, che stando alle drammatiche cifre di crescita sta tenendo in ostaggio Piazza Affari.

Tutti gli operatori economici temono che sopra la soglia dei 15.000 infettati quotidiani possa scattare un nuovo lockdown, per il momento escluso dal governo. Se così fosse i pilastri dell’economia potrebbero subire un altro tracollo, con conseguenze pesantissime sui mercati finanziari, come già hanno paventato le borse di tutto il mondo.

Che cosa sono i BTP Futura?

Ma facciamo un passo indietro, prima di verificare se siamo sull’orlo del baratro: che cos’è il titolo Futura?

Lo chiediamo al MEF, il Ministero dell’Economia e delle Finanze. È un titolo di Stato destinato al pubblico dei piccoli risparmiatori (e dunque non riguardante gli istituzionali), avente alcuni dettagli in comune con il BTP Italia ma allo stesso tempo anche delle differenze sostanziali.

In pratica un nuovo strumento dedicato soltanto ad alcuni investitori, avente come obiettivo quello di contribuire al rilancio economico. Lo stesso MEF ha tentato di chiarire cos’è il BTP Futura all’interno delle pubblicazioni sul suo sito ufficiale: “Sono titoli di Stato nati con l’obiettivo di supportare l’economia nazionale: i loro proventi vengono interamente utilizzati per finanziare i provvedimenti adottati dal Governo per sostenere la crescita del Paese e affrontare l’emergenza da COVID-19. I BTP Futura sono titoli di Stato con cedole semestrali nominali e durata pari a 10 anni, pensati unicamente per le esigenze dei risparmiatori e degli investitori retail”.

Chi erano i Bot people: la storia del debito pubblico italiano

Dunque siamo al ritorno dei Bot people? Per rispondere a questi quesiti dobbiamo fare un lungo passo indietro, dobbiamo tornare agli anni Settanta e Ottanta, quando davvero le famiglie italiane furono decisive nel finanziamento del più grande debito pubblico del pianeta. Era un’epoca in cui l’Italia, assieme al Giappone, primeggiava nella propensione al risparmio, e fu grazie a questa caratteristica che nacque il popolo dei Bot.

Come si arrivò all’epoca dei Bot people e quando finì quella stagione? Alla fine degli anni Sessanta e nei primi anni Settanta, spiegano gli studiosi, il debito pubblico era finalizzato agli investimenti, e dunque c’era un certo equilibrio nella finanza pubblica. Quando nella seconda metà degli anni Settanta i governi cominciarono a creare deficit per finanziare la spesa corrente o le riforme, come quella sanitaria della fine degli anni Settanta, senza un contrappeso fiscale, il deficit subì una fortissima crescita in presenza di un prodotto interno lordo che faticava a crescere.

I governi, democristiani o di centrosinistra, cominciarono a pensare che il deficit pubblico sempre crescente serviva più per garantirsi il consenso politico ed elettorale che per finanziare gli investimenti. È da questa congiuntura economica e politica che negli opulenti anni Ottanta nacque il popolo dei Bot people, e si estese a dismisura il capitalismo di Stato: i Bot nel decennio Ottanta raggiunsero tassi d’interesse fino al 15%.

Fu il prezzo che le classi dirigenti di quell’epoca pagarono al ceto medio e alle famiglie per poter dilagare nella spesa pubblica, accompagnata purtroppo da macrofenomeni di corruzione e dalla presenza ormai dilagante dei boiardi di Stato. È il vero compromesso storico tra le famiglie italiane e i governi dell’epoca. Ma dietro quel compromesso si nascondeva un grande imbroglio: se i tassi d’interesse che le famiglie italiane intascavano con l’illusione di arricchirsi facilmente superava l’incredibile percentuale del 15%, l’inflazione superava il 20%. Il risultato finale era un impoverimento reale delle famiglie e un’ulteriore crescita del debito pubblico.

In uno studio pubblicato qualche tempo fa, il Sole 24 Ore ha stimato così la crescita del debito pubblico in quegli anni: “Il debito pubblico che nel 1965 (governo Moro) era pari al 35% del Pil, nel 1978 (governo Andreotti) era già al 61,1%, per passare all’84,5% nel 1986 (governo Craxi) , al 105,2% nel 1992 quando arrivò il governo Amato”.

BTP Futura, una nuova generazione di Bot people?

Oggi il gigantesco sforamento del debito pubblico previsto per salvarci dall’invasione epidemica toccherà il 150% del Pil. Un record mai visto prima. In queste condizioni il collocamento di Futura potrebbe attenuare il peso della crisi economica causata dal COVID-19 e restaurare quel patto tra potere pubblico e ceto medio, ma c’è il forte sospetto che questa volta sia come gettare un sassolino nello stagno.

L’impressione di tutti gli investitori più rilevanti è che il titolo Futura sfonderà presso le famiglie italiane, ma il loro ruolo non sarà della portata storica che si registrò negli anni Ottanta.

Photo credits: www.investireoggi.it

CONDIVIDI

Leggi anche

Mercato auto a folle, rischio stop

“La situazione non è tragica, ma assai preoccupante”. Gian Primo Quagliano, presidente e fondatore del centro studi Promotor, la società bolognese che ha come mission la diagnosi del settore automobilistico e che monitorizza ogni giorno salite e discese delle quattro ruote, va al cuore del problema. Lo fa sapendo che i dati che l’Istat ha […]