Cercavi giustizia, trovasti carenze di magistrati: intervista ad Armando Spataro

L’ex magistrato a SenzaFiltro: “Nella riforma della giustizia non una riga sulla carenza di organici nei tribunali. Sono senza parole”. E in Italia mancano più di 1.500 magistrati

L'ex magistrato Armando Spataro

Mi ricordo di Armando Spataro quando all’inizio degli anni Ottanta era pubblico ministero alla procura della Repubblica di Milano. Io allora facevo il cronista giudiziario per il manifesto e seguivo nell’aula bunker di fronte al carcere di San Vittore i processi a Prima Linea e ad alcuni tronconi delle Brigate Rosse. Lui era uno dei magistrati chiave della lotta al terrorismo, ed è stato anche procuratore aggiunto al tribunale di Milano, e poi capo della procura della Repubblica di Torino.

Oggi è in pensione, ma ha un occhio sempre attento ai temi della giustizia. Una lunga esperienza, un magistrato che ha sempre detto quello che pensava senza badare a spese o a cautele diplomatiche di sorta. Quando l’ho chiamato per parlare dell’annoso problema che avvilisce i tribunali italiani come un virus mai estirpato, ovvero la cronica carenza di organico sia tra i magistrati che nei settori amministrativi, in un primo momento con la gentilezza che lo contraddistingue mi ha detto che un’intervista non si poteva fare, “non è materia su cui sono aggiornato visto che non frequento i tribunali da più di quattro anni”.

Dato che ci tenevo molto all’opinione di un magistrato di lungo corso, ho insistito almeno per qualche battuta. Soprattutto per il fatto che il ministro della Giustizia del governo guidato da Giorgia Meloni è l’ex magistrato Carlo Nordio, verso il quale Spataro ha espresso anche di recente il massimo dissenso su quasi tutto.

“D’accordo”, mi dice. “Qualche battuta si può fare”.

Allora mi dica: qual è la cosa che l’ha più colpita del programma di riforma della giustizia presentato in Parlamento dal ministro Carlo Nordio?

Mi hanno colpito le cose che non ha detto. Non c’è una riga o un paragrafo sulla questione degli organici e delle risorse materiali. Io resto senza parole. E devo dirle che questo mi sembra una mancanza grave per chi vuole riformare la giustizia.

Si può dunque affermare che lei è in disaccordo soprattutto sul non detto.

No, un attimo, io non sono d’accordo su quasi tutto quello che ha detto il ministro Nordio in materia di giustizia. Aggiungo inoltre che sono rimasto colpito dal fatto che non ha detto nulla sull’organizzazione del lavoro nei tribunali, sull’informatizzazione, nonostante siano temi che pesano sull’andamento e sui tempi della giustizia.

Ho letto del suo forte dissenso sul tema della separazione delle carriere, sul tanto discusso tema delle intercettazioni telefoniche e su altre questioni essenziali. Torniamo allora al tema degli organici, di cui si parla troppo poco.

Intanto osservo che da decenni i governi di ogni colore esprimono linee di riforma della giustizia che diventano puntualmente occasione di scontro. In genere i programmi sono pieni di proposte, come quelle che ho sentito dal governo di cui Nordio è ministro, ma nessuno si chiede mai come affrontare due temi essenziali che sono la premessa affinché qualsiasi proposta possa concretizzarsi: il tema degli organici sia dei magistrati che del personale amministrativo, e quello annoso delle strutture informatiche. Si fa presto a parlare di processi veloci, ma se non c’è una struttura informatica efficiente e un personale competente sarà difficile modernizzare e rendere più veloci giustizia e processi. E da questo punto di vista temo purtroppo che non vi sia ovunque personale competente in grado di gestire i processi informatici. Penso che sia essenziale il tema della formazione. Se non si mette mano a queste emergenze che penalizzano molteplici settori pubblici, i primi a pagarne le spese saranno i cittadini e, in termini di efficienza e credibilità, lo sarà proprio il settore giustizia. Vorrei fare un’ultima considerazione: la mancanza di attenzione e sensibilità politica verso questi temi è ancora più grave se si pensa al fatto che in questi anni, per esempio a causa del fenomeno dell’immigrazione e di molte vincolanti risoluzioni sovranazionali, i reati si sono moltiplicati, dando luogo al cosiddetto “panpenalismo”. E dunque senza una macchina efficiente la giustizia ne soffrirà ancora di più.

Mancano più di 1.500 magistrati: protesta anche l’avvocatura

D’altronde i dati e i numeri, come spesso avviene, non danno adito a discorsi fumosi o a promesse mai mantenute. La dura realtà delle cifre parla da sé.

Basta spulciare, ad esempio, il sito di Magistratura Democratica per incrociare cifre preoccupanti. Simona Spina, giudice del Tribunale di Siena e componente dell’esecutivo di Magistratura Democratica, rimanda al suo editoriale sui Numeri dell’in-Giustizia: vuoti di organico e responsabilità della politica.

“Da lungo tempo, ormai”, osserva la giudice senese, “gli uffici giudiziari scontano una gravissima e acuta sofferenza, purtroppo divenuta costante realtà nel quotidiano funzionamento della giustizia: una patologica scopertura del ruolo organico della magistratura, che ad oggi ha raggiunto il picco di ben 1.529 posti vacanti. Un dato, quest’ultimo, destinato a dilatarsi ulteriormente nei prossimi tempi, senza che alcun percepibile mutamento, rispetto a tale inesorabile crescita, si possa attendere dalla presa di servizio dei 209 nuovi magistrati nominati con D.M. 23.11.2022, programmata peraltro soltanto per fine gennaio 2024: non in grado, quindi, di innescare un’apprezzabile inversione di tendenza”.

L’allarme è stato lanciato ai primi di marzo anche dalle principali associazioni di magistrati e avvocati: ANM, (Associazione Nazionale Magistrati); UNCC, (Unione Nazionale Camere Civili); ANFA (Associazione Nazionale Forense); AIGA, (Associazione Italiana Giovani Avvocati). Insomma l’intero universo giustizia. Che le due categorie di avvocati e magistrati, in genere in eterno conflitto come cani e gatti, abbiano organizzato un’iniziativa comune, indica quanto sia grave la situazione, quanto siano state messe da parte le corporazioni, e in primo piano il malfunzionamento della giustizia, dovuto anche in questo caso all’organizzazione del lavoro.

La giustizia arranca. E i dipendenti del ministero scendono in piazza

Il tema, dicono gli operatori, imbestialiti per le orecchie da mercante dei governi presenti e passati, è la giustizia civile. Senza la riforma di questo settore il PNRR è a rischio. Sono ancora una volta le cifre a farla da padrone: la media di un processo in Italia è di 650 giorni; in alcune Regioni è di 250 giorni, in altre di 900. E poi l’Italia ha il primato in Europa del numero più basso di magistrati: 12 ogni 100.000 abitanti. Con queste cifre, dicono i protagonisti di questo elefantiaco settore, non si va da nessuna parte, altro che riforme.

 

 

“Guardi il mio ufficio”, mi dice a voce bassa al quarto piano del Tribunale di Milano una segretaria di un magistrato, indicando decine di faldoni accatastati su un tavolo di ferro. “Come pensano sia possibile smaltire tutto questo lavoro in tempi decenti quando il turn over è a livelli bassissimi e non si vedono all’orizzonte concorsi per magistrati e per il personale amministrativo?”.

La protesta non rimane negli uffici stantii dei tribunali, ma comincia a raggiungere le piazze. Una di queste proteste è partita dai dipendenti del ministero della Giustizia di Parma, che in occasione della mobilitazione nazionale di CGIL, CISL e UIL del 10 marzo hanno denunciato la patologica carenza di personale amministrativo, che rende impossibile gestire le montagne di provvedimenti giudiziari accumulati negli anni nei tribunali.

 

 

 

Photo credits: ildubbio.news

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