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Confusione tra lavoro, tempo libero e salario
Il lavoro è in un momento di tale depressione che mi verrebbe una battuta: lavoro chi? Una volgarità, lo so, ma temo vera, almeno in prospettiva, se non facciamo qualcosa. Da ragazzo mi ero dato un obiettivo, diventato poi uno stile di vita, fare al meglio delle mie capacità solo tre cose: leggere, scrivere, lavorare. […]
Il lavoro è in un momento di tale depressione che mi verrebbe una battuta: lavoro chi? Una volgarità, lo so, ma temo vera, almeno in prospettiva, se non facciamo qualcosa. Da ragazzo mi ero dato un obiettivo, diventato poi uno stile di vita, fare al meglio delle mie capacità solo tre cose: leggere, scrivere, lavorare. Il lavoro è la vita, come l’amore. Mi piace lavorare, grazie al lavoro sono fiero di essere diventato un operaio benestante, innamorato dei tanti lavori che ho fatto e delle tante persone che ho incontrato.
I miei quattro figli (due nuore e due figli) hanno cominciato da giovani a fare gli imprenditori, lo fanno senza spocchia, umilmente, in un business globalizzato come la moda: li ammiro. Un tempo, il futuro e il lavoro dei miei quattro nipotini, stante la favorevole situazione di partenza, sarebbe stato automatico: studi classici, laurea in ingegneria o in economia, master vari, “atlantic english” come lingua, Stati Uniti come riferimento culturale, ingresso in azienda per quelli che avevano un minimo di predisposizione.
Oggi, qualora fossi interpellato su quali percorsi formativi scegliere per loro, casserei tale modello. Basta frequentare le orrende città americane costiere (tutt’altra cosa è l’America che amo, quella contadina e montanara), le università più prestigiose, leggere i loro giornali (liberal), per capire che costoro hanno creato una forma di capitalismo talmente idiota che si sta trasformando in una maionese impazzita. Un mondo non da imitare o ammirare (come è stata l’America quando ero giovane io) ma dal quale stare lontani, preparandosi a difendersi dalla loro ultima follia, l’emotivamente corretto, una sharia laica, che le élite ottusamente perseguono.
Sono in corso tre grandi cambiamenti nel mondo del lavoro, conseguenti all’informatica. Possono essere il problema o la soluzione, dipende da come noi sapremo cavalcarli.
Le tecnologie informatiche e il confine fra lavoro e tempo libero
Quando facevo il CEO lavoravo una dozzina di ore, poi ne avevo altrettante per il tempo libero e per riposarmi. Oggi per produrre il mio “uovo di giornata”, un Cameo di 4.000 battute per Italia Oggi, impiego sempre 12 ore, ma sono ripartite sulle 24. In realtà, il prodotto Cameo non è più solo frutto del mio lavoro ma anche del mio tempo libero. Ma attenzione, la confusione fra lavoro e tempo libero, se il datore di lavoro è un birbante, e quasi sempre lo è, comporta confusione pure fra lavoro e salario, penalizzando il secondo.
Sarebbe possibile una nuova ondata di automazione, si dice che lor signori la stiano rallentando volutamente, perché le nostre strutture sociali non sono ancora preparate alla perdita di molti posti di lavoro, a detta di costoro almeno il 40% (io ci credo). Non un cane fra gli intellò e noi dei media che rifletta, onestamente, su questi cambiamenti epocali. Nulla, tutti lì a esaltare quattro felpe, quattro golfini, quattro gessati, loschi individui supponenti, perennemente in TV.
L’informazione interviene sulla capacità del mercato a determinare i prezzi in modo corretto.
Non per nulla il concetto di mercato fa riferimento alla scarsità dei beni. Oggi invece il bene informazione è debordante. Dice Paul Mason in PostCapitalism. A guide to our future, Allen Lane ed., “il modello lo difendono formando monopoli, quelli delle grandi multinazionali tecnologiche di oggi hanno scale dimensionali che non hanno precedenti nella storia dell’uomo.
Questi basano il loro successo sull’acquisizione, sulla privatizzazione delle informazioni prodotte dalla società, costruendo un edificio che contrasta con un bisogno fondamentale del mondo liberale: usare le idee liberamente”. Traduzione bruta: fascismo 2.0.
Sta crescendo in modo tumultuoso la produzione condivisa
Nascono beni, servizi, organizzazioni, che non rispondono più ai principi del mercato o al modello gerarchizzato caro ai supermanager. Per me il caso mito è Wikipedia, la dimostrazione più alta della Rete: un prodotto eccellente, a costo zero, grazie a giovani volontari (siano benedetti, hanno ucciso il mercato delle enciclopedie, soprattutto sottratto al mercato pubblicitario un fatturato di oltre 3 miliardi di $/anno). Ma attenzione, a fronte di questo modello pregiato, al quale tutte le persone perbene devono tendere, c’è il satanico Uber, va nella direzione opposta.
Mi auguro solo che i miei nipotini non anelino a far parte del pickettiano 1% delle Classi Dominanti, men che meno del (si dice) 9% di quelli che lavorano, lautamente retribuiti, come servi-guardiani dell’1% (gli eunuchi del periodo Tang).
Mi auguro che il modello portato avanti da felpe, golfini, gessati fallisca, e noi plebei, democraticamente, anche con il voto, dovremo fare di tutto perché ciò avvenga, il più presto possibile. Oggi viviamo in un’epoca di mezzo, il modello suddetto proseguirà implacabile (e mascherato) per la sua strada, al contempo giovani e nuovi movimenti si opporranno a costoro, lo faranno in modo confuso, poi verrà una fase di piccoli choc interni ed esterni al sistema, microfratture, di cui già ora si colgono alcuni segnali deboli. E poi… sia quello che Dio vorrà.
Proprio il lavoro, il nostro, sarà un modo di opporsi a costoro, non solo la tipologia dello stesso, ma la qualità e il livello di servizio con i quali saranno svolti i lavori, anche i più umili. Avremo sempre più bisogno che il nostro lavoro si trasformi in micro imprenditorialità di alta qualità, per affrancarci dal sistema. L’orgoglio di fare bene il proprio lavoro sarà il vero differenziale competitivo, così il diventare consumatori consapevoli, autonomi, feroci. Fare saltare i loro piani e i loro budget, l’obiettivo.
Un auspicio per l’anno nuovo, rimanete aggrappati alla vostra intelligenza, ai vostri valori, sfruttate la Rete, questa sarà la vera chiave di successo. Dovrete rendere la Rete sempre più umana, oggi lei è piena di conoscenze e di rabbia (e di schifezze). Approfittatene, non si cresce come singoli e come società solo con la conoscenza, ci vuole tanta rabbia.
La Rete, sfrondata dalle schifezze, ve la darà.
[Credits immagine: Flickr.com-Adam-Foster-Codefor]
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