Non esiste un brand senza valori. I prodotti vengono ben identificati da un marchio se questo è capace di raccontare una storia che comunichi i suoi valori fondanti ai suoi consumatori. Fino a qualche anno fa il brand comunicava a senso unico, il consumatore era il bersaglio passivo del suo messaggio ed esercitava la sua […]
Customer Care ad alto rischio
La lezione che ne ha tratto Trenitalia, quella volta, è rimasta in mente a tutti. Tanto che oggi, a distanza di anni, chi lavora in comunicazione è poco incline a proporre un evento rischioso, sebbene molto coraggioso, come #meetFS, finito come case history flop nel marketing. In quell’occasione la social media strategy, che puntava ad avvicinare gli influencer della rete al mondo […]
La lezione che ne ha tratto Trenitalia, quella volta, è rimasta in mente a tutti. Tanto che oggi, a distanza di anni, chi lavora in comunicazione è poco incline a proporre un evento rischioso, sebbene molto coraggioso, come #meetFS, finito come case history flop nel marketing. In quell’occasione la social media strategy, che puntava ad avvicinare gli influencer della rete al mondo delle ferrovie italiane attraverso un evento in due giorni trasmesso online, in tempo reale, attraverso i social network, si è rivelata una mossa troppo azzardata. Gli utenti, intatti, hanno iniziato a utilizzare l’hashtag ufficiale non per partecipare alle discussioni avviate ma per denunciare ancora una volta tutti i disservizi dell’azienda.
Il nostro interesse, in questo caso, è rilevare la visione e l’opinione sulla gestione della comunicazione social di un grande brand, proprio in ottica di customer care: in che modo sono state stabilite le policy di comunicazione aziendali? Quali sono le più grandi preoccupazioni, vista anche la mole di lamentele e segnalazioni che attraverso gli account web si ricevono? Ma, soprattutto, quali sono i rischi del mestiere in tal senso? Ci siamo confrontati su questo con Elisabetta de Grimani, responsabile della comunicazione social del gruppo, oltre che artefice delle policy social che gli account FS sono tenuti a rispettare online, traendone qualche lezione utile per tutte le imprese che si apprestano all’uso dei social network per l’assistenza clienti.
Rischio #1: il suicidio sui Social Media
Ci sono due modi in cui si può guardare a ciò che è successo tra FS e il mondo della rete in relazione all’episodio di cui in alto. Da una parte, va osservato che difficilmente una grande azienda si apre al web in maniera così spontanea, creando un ulteriore canale per rimanere in contatto con i propri clienti e cercare di instaurare delle conversazioni con la finalità di soddisfare i viaggiatori. D’altra parte, però, se tale dialogo somiglia più a una trovata pubblicitaria poco coerente con lo stato dell’arte, esporsi ai feedback pubblici equivale a un suicidio premeditato. Oggi sappiamo, a spese di Trenitalia, che con la stessa potenza con cui celebra, la rete può anche uccidere, soprattutto se gestita in maniera errata e, in fatto di customer care, non è certo detto che l’apertura di canali social possa funzionare dopo che tutti i canali di comunicazione già esistenti si sono sempre dimostrati inefficaci.
“Erano altri tempi – commenta Elisabetta – tempi in cui il social care in Italia era ancora agli albori e poco sviluppato e in un mondo aziendale estremamente focalizzato su processi industriali e commerciali molto specifici trovare le figure professionali adeguate non è stato semplice. Ma non abbiamo fatto scelte ingenue. Eravamo al contrario più che consapevoli, spaventatissimi, preoccupati, ma più che preparati alle critiche. Nessuno poi ricorda mai che si trattò di due giorni diversi: il primo, una settimana prima, fu un grande successo, ma pare si tenda a rimuoverlo.
Inoltre #meetfs non è per noi la case history flop, semplicemente perché non intendevamo avvicinare gli influencer: noi volevamo “coinvolgere” persone molto attive in rete (non sempre amiche di FS, vedi Dania, ad esempio) perchè potessero fare da tramite col pubblico per veicolare domande direttamente a “chi fa cosa” (ingegneri, tecnici di sala operativa, addetti alla manutenzione, lo stesso AD) e rispondere senza il nostro filtro. Noi volevamo informare, non “convincere”. Il fatto che si continui a parlare di Trenitalia e non di Gruppo FS mi dice poi che l’obiettivo della chiarezza è ancora lontano, ma non molliamo!”.
La prima lezione da manuale è tratta: Trenitalia ha voluto sperimentare il servizio clienti presenziando sui social network rischiando su un passaggio fondamentale: i clienti non vogliono la chiacchiera o lo spazio pubblicitario durante il viaggio, ma vogliono treni puliti, puntuali e economicamente accessibili, senza costringerli a opzioni di viaggio disumane. Inoltre, oggi sappiamo che affidare a social media manager improvvisati l’importante ruolo del servizio clienti, come il personaggio pop della rete che al momento si trasforma in portavoce di valori aziendali, non è certo la scelta più saggia che un’azienda in questo momento possa prendere.
Rischio #2: stabilire le policy social aziendali prima che sia troppo tardi
L’esperienza social per il Gruppo FS Italiane è iniziata timidamente nel 2010 con l’account Twitter di @LeFrecce al quale si è aggiunto, poco dopo, anche @FSNews_it: timidezza forse giustificata dal fatto di non aver pensato a un piano editoriale da seguire né un palinsesto di intrattenimento nell’idea errata che non ve ne fosse bisogno, pregiudizio comune a molti.
” Su questo ti dò ragione”, mi risponde Elisabetta, “il piano editoriale esisteva, ma l’abbiamo dovuto modificare in corsa proprio per la necessità di “assistenza” che emergeva sempre di più dal pubblico. Ci siamo riorganizzati di conseguenza e le pianificazioni sono state modificate più volte per venire incontro alle esigenze espresse da chi entrava in relazione con noi. Abbiamo cambiato pelle giorno dopo giorno, con tutte le difficoltà (e gli errori) inevitabili in una simile situazione”.
Trenitalia, insomma, oggi conosce bene anche questo rischio, ma quando ha fatto il suo esordio sui social media aveva certamente sottovalutato la portata di sbagliate o mancate considerazioni di tipo strategico e programmatico per il loro utilizzo. Rischio, purtroppo, che se molti brand hanno toccato con mano e su cui altri hanno lavorato, lascia moltissime imprese ancora impreparate. “Abbiamo svolto all’interno un’intensa attività di sensibilizzazione dei colleghi più coinvolti, ponendo l’accento sulla grande opportunità di un dialogo diretto con i nostri stakeholder. Opportunità che però non può essere disgiunta dal rischio di crisi mediatiche di diversa portata, che possono coinvolgere clienti, politici, giornalisti, fornitori e chiunque, a vario titolo, interagisca pubblicamente con noi” spiega Elisabetta.
“Coscienti che aprirci dovesse significare costruire valore per noi e per il pubblico e che la strategia di comunicazione non potesse prescindere dalla concretezza, ci è stato chiaro fin dall’inizio che la chiave di tutto non poteva che essere il rispondere alle esigenze dell’interlocutore attraverso l’informazione e l’assistenza.
La necessità di definire una social media policy interna è quindi nata praticamente subito, quando è emerso che tra i nostri interlocutori non potevano non esserci i dipendenti del Gruppo, i quali spesso possono trovarsi a dialogare a proposito della propria azienda in contesti privati, incidendo anch’essi sull’opinione pubblica, non sempre in maniera del tutto consapevole”.
Rischio #3: non saper far fronte ai feedback negativi dei clienti
Chi lavora in questo settore convive con tante preoccupazioni. La principale è: saremo in grado di rispondere alle aspettative? “L’essere assolutamente e appassionatamente convinti di costituire un tassello importante per mettere in relazione l’azienda con il pubblico deve trovare, quotidianamente, un punto di incontro con processi consolidati e complessità inevitabili in una realtà vastissima come la nostra” continua a riflettere Elisabetta.
“Spesso chi si occupa di comunicazione più tradizionale, di marketing, di sicurezza aziendale, di pubblicità, o addirittura di informazione a bordo treno o in stazione, non ha tra le sue immediate priorità la reazione diretta da parte del cliente. Per chi si occupa di relazione sui social questo ultimo aspetto costituisce, invece, la priorità”.
Riuscire a conciliare efficacemente e concretamente i due mondi non è sempre facile, ma anche in questo caso vale ancora il principio per il quale una buona preparazione strategica dell’azienda insieme a risorse specifiche dedicate ai canali social possono risolvere a monte la crisi di gestione dei feedback degli utenti, soprattutto quando sono negativi.
Rischio #4: non formare il team dedicato alla customer care
“A volte ci troviamo a dover gestire critiche gratuite, veri e propri sfoghi, frasi offensive che si spostano molto sul personale, travalicando i limiti della buona educazione se non dello stesso vivere civile. È proprio in questi casi che è necessario mantenere la calma e la lucidità” racconta Emanuela. “Dietro a un account Twitter c’è sempre una persona, con la sua vita, la sua stanchezza, le sue preoccupazioni, che si trova a dover rispondere al volo di qualcosa che talvolta non conosce fino in fondo o su cui non ha in quel momento nessuna informazione specifica”.
Non è pericoloso, forse, questo? “La rete ferroviaria in Italia è composta da oltre 16.700 km di linee, sulle quali circolano quotidianamente circa 8.000 treni al giorno. Pensare che si possa avere la risposta precisa a qualunque “perché” in tempo reale è davvero irrealistico” risponde a questo Elisabetta, aggiungendo però che, “in questi casi, è di fondamentale importanza la coesione del gruppo.
Per reagire di fronte alle critiche cerchiamo di concentrarci su tre elementi principali: la gentilezza, poiché spiazza sempre e aiuta a invitare l’interlocutore all’ascolto e al dialogo, che è esattamente quello che vogliamo avviare; l’attenzione, perché una comunicazione “one to all” fornisce prevalentemente informazioni non targettizzate. Chi ha un interesse o bisogno specifico ha la necessità di avviare un dialogo “one to one” che deve trovarci disponibili come persone, non come operatori. Solo così si crea davvero una relazione, che per una comunicazione social è il valore primario; la predisposizione a imparare dalle critiche, soprattutto quelle costruttive, un regalo per il quale non si può che essere grati. Il lavoro successivo, quello davvero duro, sta nell’analizzarne le implicazioni per migliorare concretamente. Non sempre è facile, lo ammetto, ma cerchiamo di farlo tutti i giorni”.
Rischio #5: rendere inconcreto “l’ascolto della rete”
Il social team del Gruppo FS convive con il pensiero dell’eterno incompreso, mi confida Elisabetta, “un sentimento dalla duplice natura. Da un lato, l‘incompreso dall’esterno, cioè non essere sempre in grado di dare un segnale concreto, una risposta “tangibile”all’esigenza espressa da un cliente, e venire per questo interpretati come coloro che fanno operazioni di immagine e nient’altro. Dall’altro, l‘incompreso internamente, ed essere identificati come gli “smanettoni digitali che presto svaniranno come la moda del momento”, utili a dare visibilità al lavoro altrui ma non in grado di creare valore di per sé”.
Tutto bene fin qui: eppure non è poco recente un nuovo episodio che colpisce la reputazione social di Trenitalia, quando l’utente Edoardo G. Raimondi si rivolge su Twitter all’account de Le Frecce per chiedere aiuto. Soluzione che arriva, ma lascia il cliente arrabbiato e tutti gli utenti dubbiosi.
Insomma, ascoltare la rete e spendersi attivamente per concretizzare le azioni suggerite dal pubblico a volte può portare anche a scontrarsi con pratiche aziendali consolidate, rendendo gli account social del brand in alcuni casi estranei a casa propria. Si tratta di un lavoro immenso che richiede ottime doti relazionali all’interno del proprio contesto aziendale, una profonda conoscenza dei processi e un forte sostegno proveniente dai vertici che devono necessariamente credere nel valore del cambiamento, decidendo di investirvi. Ed è su questo che, con Elisabetta, alla fine ci siamo trovate d’accordo.
“Su @edorai devo darti ragione, poco da dire. È uno degli episodi-scuola cui facevo riferimento quando parlavo di imparare dalle critiche e dagli errori. Errore da stress, ma sempre errore fu. E – non ci crederai – è stato utilissimo. Davvero”.
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