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Demansionati gli insegnanti senza Green pass: il ministero preferisce spendere 29 milioni in supplenze
Sono quasi 4.000 i docenti senza Green pass che tornano a scuola, ma possono svolgere solo mansioni che non hanno a che fare con la docenza. E l’orario di lavoro raddoppia: secondo il sindacato, “in modo illegittimo”. L’esperienza di Marcello Pacifico (ANIEF) e di tre docenti esclusi.
Rientrano a scuola ma non in classe, vengono considerati alla stregua degli inidonei, ma di fatto non lo sono, e dovrebbero continuare così fino al 15 giugno, data in cui scade l’obbligo vaccinale per la loro categoria.
Parliamo degli insegnanti di scuole di qualsiasi ordine e grado senza Green pass – perché “scaduto” o perché non hanno mai fatto il vaccino – che, nel silenzio di un’Italia per la quale il COVID-19 esiste ma non è più così importante, si trovano ad affrontare una situazione che non si era mai verificata prima d’ora.
Quasi 4.000 insegnanti senza Green pass: a scuola senza insegnare e con l’orario raddoppiato
Cosa fanno se non sono in classe?, verrebbe da chiedere.
Dall’1 aprile sono adibiti a lavori in biblioteca, in segreteria, a riordinare materiale di archivio, eccetera. Per effetto del Decreto Legge n. 24 del 24 marzo 2022 e delle note ministeriali dei giorni successivi possono rientrare sì a scuola, ma per svolgere “attività alternative a quelle di docenza”. Ma non finisce qui: per loro cambia l’orario, che diventa di 36 ore alla settimana: il doppio delle 18 ore settimanali previste in aula, cui – come sa chi ha fatto l’insegnante – si aggiungono le ore di preparazione della lezione, di correzione compiti, di consigli di classe, riunioni con altri docenti. E la lista non finisce qui.
Ore al di fuori della classe che, però, di solito i docenti gestiscono in autonomia. Per chi invece è sprovvisto di Green pass non solo c’è la richiesta di fare attività più vicine al personale ATA che all’insegnamento, ma di svolgerle nell’unico luogo dove, secondo quanto precisa la nota ministeriale del 20 marzo scorso, sono stati assegnati dai dirigenti scolastici.
Il che significa dire addio al lavoro di studio, di ricerca e soprattutto alla relazione con gli studenti. Fino al 30 aprile, poi, come previsto per ogni luogo di lavoro, per questi docenti c’è anche l’obbligo di avere il Green pass base, quindi di fare un tampone ogni due giorni per entrare a scuola.
Di quanti insegnanti parliamo? In totale, come riporta il Sole 24 Ore, basandosi sulla relazione tecnica allegata al Decreto COVID-19 e come conferma l’ANIEF (Associazione Nazionale Insegnanti e Formatori), si tratterebbe di 3.812 docenti, di cui 2.677 di ruolo e 1.135 ancora precari. Per sostituirli, il totale di spesa calcolato dal MEF sarebbe di oltre 29 milioni di euro.
Per capire meglio la situazione abbiamo parlato con Marcello Pacifico, presidente di ANIEF, e con alcuni insegnanti con storie diverse tra loro: Serafina De Giglio, Rosario Santaniello e Arianna Maccarrone.
Gli inidonei del Green pass, persone sane che vengono squalificate
“Siamo in totale opposizione rispetto al decreto e l’interpretazione dell’ufficio legislativo del ministero è sbagliata, e va contro le normative inesistenti” afferma Pacifico senza mezze misure.
Per l’organo legislativo, infatti, le 36 ore settimanali sono necessarie e non farle effettuare “comporterebbe un arbitrario e inaccettabile dimezzamento dell’orario lavorativo”. Inoltre si tratterebbe, “stante la parità di retribuzione, di un trattamento privilegiato rispetto ai colleghi vaccinati”. Se il ministero la pensa così, non è di certo d’accordo il sindacato: “Secondo noi, c’è un equivoco di fondo: il ministero così dicendo si ostina a pensare che chi non è vaccinato possa avere un trattamento simile a chi non è idoneo. E in base a quale criterio può essere considerato tale se è sano?”.
L’estensione ai docenti non vaccinati dell’orario di 36 ore settimanali ha a che fare con quanto previsto dall’articolo 8 del CCNI scuola per i lavoratori cosiddetti fragili, chi cioè per svariati motivi non è più in grado di insegnare e la cui situazione viene normalmente vagliata da una commissione ad hoc.
“Tale utilizzo del contratto ci sembra irragionevole”, precisa Pacifico. “Inoltre, questi docenti non possono fare lezioni in presenza ma nessuno vieta loro di fare la DAD, che potrebbe essere richiesta dalle famiglie se i figli si trovano in quarantena o impossibilitati a partecipare alle lezioni. Una possibilità che di fatto dalle scuole non viene messa in campo. E perché questo non riguarda anche i dirigenti o il personale ATA? Adibire i docenti a mansioni più simili a quelle degli amministrativi squalifica la loro funzione. Ci si potrebbe invece avvalere del loro supporto per la gestione dei corsi di recupero online oppure per gestire il PTOF (Piano Triennale dell’Offerta Formativa, N.d.R.). O ancora per attività a carattere collegiale, di programmazione, progettazione, ricerca, valutazione, documentazione, aggiornamento che sono più in linea con il loro ruolo. Una soluzione simile invece è presentata come una punizione per quegli insegnanti che si ritiene debbano dare il buon esempio”.
A presentare ricorso finora sono stati 500 docenti, ci dicono da ANIEF, che si aggiungono ai 3.000 che l’hanno fatto contro l’obbligo vaccinale. “Lo Stato sta sbagliando nel continuare a umiliare la categoria docenti e chi ha fatto una scelta individuale ben precisa. La scuola non è un carcere e bisogna ridare dignità al personale” chiosa il presidente ANIEF.
I docenti non vaccinati obbligati a chiedere le ferie per Pasqua
E con l’arrivo della Pasqua c’è anche il nodo ferie. Normalmente per gli insegnanti la sospensione delle lezioni coincide con il fatto di non andare a scuola, mentre – si legge sul sito di ANIEF – sono arrivate diverse segnalazioni di docenti non vaccinati e riammessi in servizio con altre mansioni che hanno ricevuto l’invito da parte dei presidi a richiedere quelle ferie che avrebbero di diritto.
Per il sindacato è una richiesta illegittima perché l’articolo 8 del DL 24 di fatto non richiama mai il CCNI sugli inidonei e non stabilisce l’inquadramento dei docenti senza Green pass nei profili ATA. Inoltre “non hanno sottoscritto uno specifico contratto individuale di lavoro di durata pari al periodo di inidoneità riconosciuta, così come stabilito dal contratto. A loro, pertanto, devono applicarsi le condizioni del CCNL riferite al proprio inquadramento e profilo.
“Non bastava l’illegittimità di chiedere loro di svolgere il proprio servizio nella misura di 36 ore settimanali, adesso si vorrebbero anche imporre gli istituti contrattuali previsti per il personale ATA, che nel loro caso nessuna norma prevede”.
Serafina, insegnante di scuola primaria: “Mi ritrovo a scegliere tra lavoro e vita privata”
E mentre si parla di vacanze pasquali, c’è chi vivrà questo periodo senza sapere quale sarà il suo prossimo futuro. È il caso di Serafina De Giglio, insegnante di scuola primaria per le discipline scientifiche, con un contratto a tempo determinato da settembre a giugno.
“Sono vaccinata con due dosi e il Green pass mi scade il 14 aprile. Al momento non so quale sarà il mio destino, dalla segreteria mi è stato detto che prima di capire dovrebbe arrivarmi la lettera con invito a effettuare la terza dose. Io comunque non sono propensa a farla perché sono alla ricerca di un secondo figlio e, seguendo quanto mi ha detto la mia ginecologa, sarebbe meglio evitare, anche per la mia situazione personale. Quando mi sono vaccinata a ottobre avevo l’idea che potesse servire a qualcosa, ora invece sono restia e mi ritrovo a scegliere tra il lavoro e la vita privata.”
Se infatti fino al 14 aprile la docente può restare in classe, dal giorno successivo, senza la terza dose – considerando la finestra di tempo che viene data per mettersi in regola – andrebbe a ingrossare le fila degli insegnanti che dicono addio all’insegnamento fino a giugno.
“Finora non ho ricevuto nessuna comunicazione e immagino non saprò nulla se non dopo Pasqua. Non tornare nella mia classe è come un demansionamento, anche se ci viene presentato come parte del contratto. Sto quasi per finire l’anno, mi mancano due mesi. Mi sono vaccinata, e ora, perché non voglio proseguire, vengo trattata al pari di chi è inidoneo all’insegnamento – cosa per la quale è prevista una commissione ad hoc e ci vuole tempo per stabilire se è così o no. E poi che attività svolgerò? Una mia collega è rientrata da poco, sta facendo le 36 ore archiviando libri. Ci hanno detto che potremmo dare una mano a vari progetti, a correggere le prove INVALSI, ma c’è già del personale pagato apposta; di fatto è un trovare dei buchi da tappare.”
Una situazione che mortifica non poco chi ama il suo lavoro, e questa passione traspare da ogni parola che Serafina usa per condividere il suo stato d’animo: “Che senso ha prendere una supplente e pagare un doppio stipendio quando io starei volentieri con i miei bambini in classe? Tutto ciò mi deprime non poco e ricade sulla mia famiglia. Io vivo per il mio lavoro, tutta la mia formazione, gli anni di studio (a breve prenderà la laurea, N.d.R.) sono in funzione di questo. E non poterlo fare mi destabilizza. Ai bambini, visto che non so come andrà, non ho ancora detto nulla”.
Rosario, insegnante alle medie: “Sto facendo il bibliotecario ed è una costrizione psicologica”
Rosario Santaniello, 46 anni, è emigrato dalla Campania e da 17 anni vive a Milano. Insegna matematica e scienze alle scuole medie ed è uno di quegli insegnanti sospesi a gennaio per non avere adempiuto all’obbligo vaccinale e rientrato ad aprile.
“Faccio un tampone ogni due giorni per entrare a scuola, dove di fatto sto facendo il bibliotecario. Catalogo libri, da qualche giorno mi hanno dato un computer per metterli nel database mentre prima redigevo a mano lo schedario”.
La biblioteca dove lavora prima di lui era gestita da volontari. Ha un orario fisso: “Devo fare 7 ore e 12 minuti ogni giorno per cinque giorni, secondo un prospetto che mi è stato dato dalla preside. Un orario che forse per una biblioteca scolastica, che certamente va riordinata, è anche eccessivo. Quando arrivo e quando esco firmo un registro in segreteria. Come l’ho presa? All’inizio male, a me piace stare in mezzo ai libri, ma è chiaro che se vado a scuola vorrei fare il mio lavoro. Sono isolato, senza vedere nessuno. È una costrizione psicologica”.
Rosario, a dire il vero, aveva pensato di vaccinarsi il 12 marzo del 2021, ma “quando ho saputo che cosa era successo con AstraZeneca e sono emerse le prime reazioni avverse, ho preferito rinviare”. Anche sua moglie è insegnante e lui, tra il serio e il faceto, ammette: “Siamo due idonei senza esserlo davvero. Lei lavora in una scuola per l’infanzia ed è in una specie di sgabuzzino a riordinare dei materiali. Le hanno dato qualcosa da fare, ma ovviamente sarebbe voluta rientrare a fare il suo lavoro”.
Arianna, insegnante al rientro dalla maternità: “Torno a scuola a maggio, ma non so ancora per fare cosa”
E al lavoro a maggio dovrebbe rientrare anche Arianna Maccarrone, maestra d’italiano in una scuola primaria, dopo essere stata in maternità per il secondo figlio e dopo che è scaduto il suo Green pass da guarita.
“Dovrei essere a disposizione del plesso e della mia classe visto che ritornerei dopo il 30 aprile, ma di fatto non so dove sarò. Ho chiamato diverse volte in segreteria per sapere qualcosa, ma non so molto. Se non che, in virtù dell’allattamento, giornalmente non potrò superare le sei ore. Certo, potrei restare in maternità, ma è pagata al 30% e poi ho voglia di tornare a scuola, anche se non potrò insegnare. Una mia collega è rientrata da poco ed è stata adibita alla segreteria, dove resterà per due mesi. Siamo educatrici, mi sembra assurdo che dobbiamo fare tutt’altro.”
E sulla questione demansionamento si è pronunciata anche UCDL, Unione per le Cure, i Diritti e le Libertà che ha annunciato una manifestazione a Roma il 19 aprile davanti alla sede del ministero dell’Istruzione. La manifestazione, dal titolo “Insegniamo a non discriminare”, vedrà una delegazione di docenti chiedere chiarimenti sulla situazione degli insegnanti senza Green pass, e presenterà la denuncia alla Corte dei conti per probabile danno erariale.
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