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Stagionali, la burocrazia blocca le assunzioni di stranieri durante la raccolta. E i caporali festeggiano
Pugnalata degli Interni al settore agricolo: i lavoratori ci sono, ma non possono essere assunti per l’aggiornamento del programma che impedisce di chiudere la procedura. Fermi in 100.000, un assist al lavoro nero. Ne parliamo con Romano Magrini di Coldiretti e con l’imprenditore Alberto Mantovanelli.
Estate con irruzione anticipata e burocrazia made in Italy che arranca più che mai con il risultato di una situazione rovente sul fronte agricolo: sono 100.000 i lavoratori e le lavoratrici stagionali che mancano per l’attività di raccolta. È un vero e proprio SOS quello lanciato dalle imprese del settore a livello nazionale, di cui Coldiretti si fa carico sottolineandone l’urgenza: frutta e verdura nei campi sono maturati in anticipo e rischiano di essere buttati se la manodopera adibita alla raccolta è carente o addirittura assente, con l’esito di un danno capillare per le aziende.
Ma attenzione: i lavoratori ci sono, come confermano Coldiretti e le imprese stesse. A essere parcheggiato in sosta vietata è semmai un problema burocratico, come ci spiega bene Romano Magrini, responsabile relazioni sindacali, lavoro, immigrazione, sicurezza Coldiretti nazionale, che abbiamo intervistato.
Agricoltura, burocrazia canaglia: bloccate le assunzioni di stagionali stranieri con la raccolta alle porte
Partiamo da una premessa: l’attività stagionale del settore agricolo italiano ha un forte legame con la manodopera di lavoratori provenienti dall’estero. Un legame che nel tempo ha assunto connotati strutturali se pensiamo che, secondo la restituzione di Coldiretti raccolta dal dossier IDOS, con cui l’ente ha collaborato, un prodotto agricolo su quattro viene raccolto in Italia da lavoratori stranieri, i quali rappresentano più del 29% del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore. Si parla di attività stagionali, ma anche di rapporti professionali che durano nel tempo, in diversi casi anni, e che si ridanno appuntamento a inizio di ogni nuova raccolta, concretizzandosi in contratti a tempo determinato.
“La situazione è drammatica”, sottolinea Magrini senza mezzi termini, chiarendo subito la dinamica protagonista del nostro servizio. “Il sistema è bloccato”, spiega. “C’è in corso un aggiornamento del programma del ministero degli Interni che impedisce alle prefetture e agli sportelli unici di chiudere la procedura, e quindi di firmare i contratti di soggiorno per i lavoratori stagionali che provengono dall’estero”.
Sulla causa burocratica puntualizza: “Pensare che il decreto flussi era arrivato a dicembre 2021, e quindi avevamo tutto il tempo di fare le cose per bene; poi l’aggiornamento ha bloccato il rilascio. Adesso ci troviamo in questa situazione davvero pesante, con lavoratori fermi che non sanno come sostenersi, e imprese in lacrime che ci chiedono aiuto per gestire la raccolta di prodotti già maturi che altrimenti rischiano di andare perduti”.
Come ha precisato recentemente Coldiretti: “Rispetto all’anno scorso le quote di lavoratori e lavoratrici ammessi in Italia per decreto sono state alzate a 69.000”. Il settore agricolo riserva 42.000 posti di lavoro, a fronte dei quali sono pervenute circa 100.000 domande: la domanda ha addirittura superato l’offerta, eppure la burocrazia sta polverizzando questa disponibilità. Romano Magrini evidenzia: “In Trentino abbiamo ad esempio lavoratori che sono già arrivati, ma che non possiamo assumere perché impossibilitati a sottoscrivere il contratto di soggiorno”.
Nulla osta che mancano, contratti impossibilitati a partire. Il disagio per questa situazione di blocco è trasversale, ma ci chiediamo: ci sono Regioni che stanno soffrendo più di altre? “Il Veneto è particolarmente sofferente”, spiega Magrini. “A Verona mancano ad esempio ancora 400 quote di lavoratori adibiti alla manodopera; anche a Cuneo ci sono diversi disagi, così come in Emilia e in Basilicata. In Trentino abbiamo 75 lavoratori già presenti ma fermi, visto che non possono essere assunti: una follia.”
Blocco burocratico, Romano Magrini: “Rischiamo l’assist al lavoro nero”
Una dinamica bloccata che, come abbiamo evidenziato, impatta negativamente su diversi fronti: persone che rischiano di perdere un’occasione di lavoro, imprese per le quali si prospetta un danno ingente se la situazione non rientra. Ma c’è un terzo punto da considerare: la possibile deriva del lavoro in nero, e quindi non tutelato.
Dopo gli investimenti attivati proprio per contrastare questa piaga, che da tempo minaccia vari settori lavorativi e non da ultimo quello agricolo, ci troviamo di fronte a una situazione assurda: proprio per una questione burocratica il lavoro in nero rischia di essere servito su un piatto d’argento. Il permesso di soggiorno è infatti legato a filo doppio alla questione dell’assunzione regolare. “Proprio così”, chiosa Magrini: “Parliamo di lavoratori regolarmente assunti e pagati, ma se non si agisce in modo tempestivo rischiamo davvero questa grave conseguenza, che dobbiamo continuare a contrastare”.
Attraverso strumenti concordati con i sindacati, nel frattempo Coldiretti caldeggia una radicale semplificazione burocratica che consenta di coinvolgere stagionalmente nelle attività dei campi i percettori di ammortizzatori sociali, gli studenti e i pensionati italiani. “Questa semplificazione risponderebbe con rapidità a determinate esigenze e aiuterebbe coloro che hanno bisogno di arrotondare lo stipendio, tra cui i lavoratori in cassa integrazione”.
I pensionati che cercano un’occupazione per sostenersi economicamente, poiché la pensione risulta insufficiente, sono la conferma della gravità della situazione. Come si concilia questa esigenza con un lavoro agricolo che richiede una certa dose di energia fisica, e quindi con la tutela della salute? “Purtroppo è così, ci sono persone in pensione che hanno necessità di arrotondare quanto gli studenti”, chiarisce Magrini. “Nel caso dei pensionati valorizziamo la loro esperienza proponendo allo stesso tempo attività non faticose. La semplificazione burocratica deve snellire, ma mantenere tutte le tutele possibili in maniera trasparente”.
Lavoratori stranieri, specializzati e in stallo. Le ricadute sul territorio
Ci focalizziamo sul Veneto, dove l’attività di raccolta agricola rappresenta un bacino di occupazione notevole. Dati alla mano, secondo Veneto Lavoro nel 2021 sono state registrate a livello regionale circa 65.000 assunzioni relative ai lavoratori agricoli stagionali, specializzati e non, dei quali 40.000 stranieri. I picchi delle assunzioni coincidono con il periodo della vendemmia soprattutto nelle province di Treviso e Verona, dove al momento si registrano forti difficoltà.
Come sempre è chi si interfaccia ogni giorno con la situazione a rivelarci la temperatura della problematica. Per questo ci confrontiamo con Alberto Mantovanelli, titolare di un’azienda agricola del territorio veneto.
“Da anni abbiamo una manodopera specializzata e da noi formata proveniente per lo più dal nord Africa, dal Marocco, dalla Serbia e dalla Moldavia”, ci racconta. “Cerchiamo di coinvolgere anche il resto delle famiglie o degli amici di questi lavoratori, sempre formandoli”. Nel tempo si sono creati rapporti consolidati: “Alcuni di questi lavoratori sono anche diventati miei soci in azienda”.
Riguardo al problema attuale Mantovanelli evidenzia: “C’eravamo organizzati per attivare i permessi, poi di punto in bianco ci hanno detto che non c’erano più. Abbiamo 15 lavoratori bloccati che tra una cosa e l’altra hanno già perso due mesi di lavoro!”. Chiediamo come nel frattempo abbiano tamponato la situazione in azienda: “Abbiamo ridimensionato il lavoro con colture meno impegnative, ma alcune cose abbiamo dovute lasciarle indietro come nel caso di un nostro vigneto”, spiega. “Abbiamo poi aumentato la collaborazione con le altre aziende del territorio che hanno avuto qualche giorno di stop, assumendo per un periodo i loro lavoratori: in pratica ci stiamo dando una mano a vicenda”.
“Attualmente stiamo cercando di concludere i trapianti di pomodoro, ma la mancanza di manodopera è un problema grave”, chiosa. “Le piante non aspettano di certo i permessi di soggiorno e l’esito è quello di subire forti perdite economiche per una questione burocratica”. A ciò, aggiungiamo noi, si associa il tema dello spreco di cibo, altrettanto grave.
L’imprenditore agricolo: “Combattiamo il caporalato e ci blocchiamo per una questione burocratica? Rimpiango i voucher”
Riflettendo invece sul tema della manodopera, di cui una corposa fetta è di origine straniera, sfatiamo alcuni stereotipi: “Ci sono lavori stagionali che si conciliano con determinate esigenze e non con altre. Ad esempio gli studenti hanno bisogno di arrotondare e svolgere lavori in un periodo di tempo limitato. Il lavoro stagionale non va bene invece per chi già lavora in fabbrica e ha le ferie magari solo in un breve periodo di agosto, o per chi ha altri tipi di formazione non riguardanti il settore agricolo. Le persone che stanno attendendo il permesso di soggiorno sono già formate: la formazione costa e noi puntiamo su chi abbiamo già coinvolto in questo percorso, insegnandogli diversi aspetti del mestiere”. E aggiunge: “Io sinceramente rimpiango i voucher: li trovavo uno strumento in grado di garantire flessibilità e allo stesso tempo tutela”.
Riguardo alla possibile deriva del lavoro in nero commenta con amarezza: “Facciamo la lotta al caporalato e poi abbiamo lavoratori bloccati da una questione burocratica: è una contraddizione. Mi fa specie pensare che possa esistere il caporalato sul nostro territorio, perché se si tratta di situazioni continuative è impossibile che non vengano intercettate”. Esiste però l’omertà: “Sì, ma in certi contesti ristretti tenere nascoste le dinamiche disoneste è difficile: credo anche nel valore della comunità attenta alle situazioni”.
Riguardo al tema della ricerca del lavoro nel settore agricolo Alberto Mantovanelli esplicita con chiarezza il suo pensiero: “Gli imprenditori non vanno criminalizzati a priori, né bisogna scadere in idee sbagliate come pensare che il Reddito di Cittadinanza spinga le persone a non cercare lavoro: non è così. Credo invece che le istituzioni debbano essere coerenti nelle loro azioni e tempestive nel portare soluzioni a determinate problematiche: va insomma trovato un equilibrio”.
E conclude: “Dobbiamo ricordare che dietro a quei pezzi di carta che servono come nulla osta ci sono persone che stanno aspettando di poter lavorare e che sono una risorsa per il territorio stesso. Se l’attività della manodopera viene bloccata ci sono impatti negativi per tutta la filiera”.
Leggi il mensile 116, “Cavalli di battaglia“, e il reportage “Sua Sanità PNRR“.
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Photo credits: codacons.it
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