Grazie alla pandemia usiamo il web e i social meglio. Questo sembra emergere dai primi dati raccolti dall’osservatorio “Mutamenti Sociali in Atto-COVID19” del CNR, in collaborazione con INGV. L’80% degli intervistati dichiara di prestare attenzione a ciò che legge, il 90% di riflettere sulle conseguenze di ciò che scrive, e l’88% afferma di controllare testi […]
Donna, chi è il tuo role model?
Nella mia esperienza, di HR manager prima e di consulente poi, ho registrato una differenza sostanziale nell’atteggiamento delle donne rispetto al personal branding: davanti a una stessa opportunità professionale risultano più reticenti degli uomini a candidarsi attivamente, pur godendo delle competenze e dei requisiti necessari, mentre gli uomini si presentano con lo slancio dell’eroe che […]
Nella mia esperienza, di HR manager prima e di consulente poi, ho registrato una differenza sostanziale nell’atteggiamento delle donne rispetto al personal branding: davanti a una stessa opportunità professionale risultano più reticenti degli uomini a candidarsi attivamente, pur godendo delle competenze e dei requisiti necessari, mentre gli uomini si presentano con lo slancio dell’eroe che ha combattuto e conquistato il vessillo crociato. A volte anche quando non sono a livello.
Donne, che fare? La diversità è preziosa, ma deve essere autentica, e come tale va valorizzata e comunicata. La comunicazione della professionalità delle donne porta a tutta la società un beneficio consistente nel medio periodo: cambiando la narrazione del femminile si scardinano i bias di genere che condizionano il nostro modo di pensare.
Modelli ribelli
Quanti pochi libri per bambini, finora, hanno avuto una donna protagonista? Quante volte i personaggi femminili sono figure negative (la strega, la matrigna, la megera che mangia i bambini)? Com’è che l’eroe è sempre il maschio virgulto che arriva a salvare una pressoché nullafacente principessa, la cui massima ambizione nella vita è quella di essere salvata?
Che ci sia un gran bisogno di cambiare la storia delle narrazioni di genere a cui siamo sottoposti fin da piccoli lo ha decretato il successo intercontinentale Storie della buonanotte per bambine ribelli, il libro scritto e autoprodotto da Francesca Cavallo ed Elena Favilli: brevi storie di donne che hanno realizzato nel mondo piccoli e grandi cambiamenti d’impatto. Il libro risponde all’esigenza di trovare nuovi modelli di ruolo a cui ispirarsi e ha infiammato una nuova ondata femminista, facendo uscire il role modelling dai percorsi di empowerment al femminile, rivolti solo ai circuiti più elitari di manager e imprenditrici, e permettendogli di scendere fra il popolo.
Il role modelling diventa così un tema globale il cui impatto è misurabile sulla riduzione del pay gap, il divario salariale che ci vede, come donne, percepire retribuzioni molto più basse a parità di ruoli e di esperienza.
L’importanza cruciale dei role model
Ma che cos’è un role model? Si tratta degli individui che influenzano la motivazione, gli obiettivi e i risultati di chi li osserva e li ammira, fornendo esempi di comportamento e rappresentando agli occhi di chi li segue una versione di sé potenziale e auspicabile. Dunque, una donna che condivide la propria storia (come è sempre stato per gli uomini fra gli uomini, e quelli che hanno influenzato le donne di potere) fungendo da esempio per le altre, è una role model.
Se il mondo è carente di bambine che ambiscono a fare l’ingegnere, la scienziata o la pilota è perché i modelli più diffusi sono altri. Inoltre, le donne che rivestono ruoli ritenuti “maschili” (in virtù del fatto che finora sono stati uomini a occuparli in prevalenza) spesso si spendono meno a raccontarsi, pensando che riferire del loro mestiere sia una perdita di tempo o addirittura un atteggiamento scorretto, perché è bene darsi da fare piuttosto che parlare di sé. E invece la rappresentazione di sé, specialmente quando si rivestono ruoli alternativi rispetto alla tradizione, è importante: gli obiettivi che si vedono perseguiti e raggiunti da donne, anche oltre la famiglia e la ristretta cerchia dei riferimenti a cui siamo naturalmente esposti, diventano realizzabili e possibili anche per noi. Le donne, condividendo attivamente il loro valore, la loro competenza e la loro storia, possono cambiare la vita dei bambini e delle bambine che le guardano.
Veraci matriarche del sud, le mie nonne Rosa (classe 1922, da Puccianiello in provincia di Caserta) e Angela (classe 1917, da Rodi Garganico in provincia di Foggia) sono state le mie prime role model. Le mie nonne sono state le colonne portanti delle loro rispettive famiglie e con le loro azioni hanno contribuito a determinare le sorti di chi le circondava. Della prima mi risuona la solennità con cui, in un italiano carico di napoletanità, si raccomandava: “Francesca, ricordati che devi essere felice”. Della nonna Angela ho addosso lo strabordante carico di generosità e la teatralità, parole colorite comprese. Di certo, le mie nonne hanno contribuito a forgiare in modo determinante il mio deep genius, quanto contraddistingue la mia personalità quale unica e inconfondibile rispetto a quella degli altri. Questi tratti unici si inseriscono nella lettura complessiva del contesto di provenienza, riempiendolo di senso, di personalità e unicità.
E allora liberati della brava bambina
Sul tema del role modelling sono uscite negli ultimi anni produzioni eccellenti, quasi i media si siano resi conto di quanto la loro stessa comunicazione avesse determinato, in precedenza, l’immobilità narrativa e la persistenza dello status quo.
Harper Collins ha pubblicato Liberati della brava bambina di Tlon, il duo filosofico costituito da Andrea Colamedici e Maura Gancitano. È un libro che mostra come gli schemi a cui siamo esposti mettano alla base della vita femminile il dover essere prima una brava bambina, poi una brava moglie e infine una brava madre, e di come fin dagli albori dell’umanità i modelli di donne forti siano sempre stati ridotti al silenzio. Ma le storie possono cambiare: scegliendo la giusta intonazione si possono far esplodere i preconcetti aprendo passaggi segreti impensabili e altrimenti invisibili, come nel processo di reframing del design thinking. “Si fa così” diventa: “Si fa così?”.
La scorsa settimana Sheryl Sandberg di Facebook ha lanciato sul suo profilo Instagram il progetto editoriale Make it work, lessons from life in business, una pubblicazione volta a valorizzare le 14 storie delle donne inglesi più inspiring nel mondo del lavoro.
In questi giorni Topolino, grazie a una partnership tra Fondazione Bracco e Panini Comics, racconta al pubblico più giovane la storia Paperina e la selezione scientifica, omaggiando grandi scienziate italiane (l’esperta di robotica Barbara Caputo e la chimica Luisa Torsi). Complice nella diffusione sarà poi l’iniziativa STEMinthecity del Comune di Milano, capitanata da Roberta Cocco, Assessora a Trasformazione digitale e servizi civici; una role model per molte di noi.
Un’ultima iniziativa che proprio in questi giorni parla di donne e rappresentazione è quella di Time, che con 100Womenof theYear ammette di aver proposto nella maggior parte dei casi uomini dell’anno, pur avendo convertito la copertina dell’anno da “Man of the Year” a “Person of the year”. La redazione riavvolge il nastro e propone cento nuove copertine, tutte dedicate alle donne del loro tempo, dal 1920 delle suffragette al 2019 di Greta Thunberg.
Per esporsi ci vuole coraggio
Negli ultimi anni si sono moltiplicate le community di donne. In tante abbiamo contribuito a stilare gli elenchi delle donne che eccellono nei vari settori, dall’arte alla scienza, dalla tecnologia all’impresa. Ma gli elenchi da soli non bastano, non sono bastati: ci serve un’azione culturale più forte ancora, bisogna scardinare le convinzioni. Il personal branding è sì l’azione implicita che compiono le informazioni che ci riguardano, quando circolano attraverso la rete di chi ci conosce, ma noi siamo le protagoniste di quella storia e siamo noi a dover trovare il coraggio di valorizzarla, condividendo chi siamo. Dobbiamo imparare a parlare di noi e far emergere il nostro valore, sia nella nostra dimensione professionale sia in quella personale: il personale è pubblico quando si ha un ruolo di rappresentanza, quando “personale” significa più di “privato”, quando rappresentare qualcosa per qualcuno può avere un impatto, fare la differenza, diventare un atto politico.
Brené Brown, la ricercatrice texana sui temi del coraggio e della vulnerabilità autrice di uno dei TED talk più visti al mondo, conclude il suo intervento (contenuto in una puntata speciale su Netflix) con queste parole:
“Vulnerability is hard, it’s scary, and it feels dangerous, but it’s not as hard, scary and dangerous as getting to the end of our lives and having to ask ourselves: what if I would have shown up? What if I would have said I love you? What if I would have come off the blocks? Show up. Be seen. Answer the call to courage, and come off the blocks, ‘cause you are worth it. You’re worth being brave.”
(“La vulnerabilità è difficile, spaventosa e sembra pericolosa, ma non è così dura, spaventosa e pericolosa come sarebbe arrivare alla fine della nostra vita e doversi chiedere: e se mi fossi presentata? E se avessi detto Ti amo? E se fossi andata oltre i blocchi di partenza? Sii presente. Fatti vedere. Tira fuori il coraggio e vai oltre i blocchi, perché te lo meriti. Ti meriti di essere coraggiosa.”).
Pronta a salire sui blocchi di partenza del personal branding da role model?
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