Alessandra Pigliapochi, romana, classe ‘74, è una disabile da lavoro a causa di un incidente avvenuto a 32 anni. La sua storia potrebbe somigliare a quella di tante: cerca un lavoro ben preciso, non lo trova e “per il momento si accontenta”.
Trasferitasi da Roma a Terni, dove c’erano già i genitori, non aveva fatto i conti con la città più piccola e prettamente industriale, che non offriva molto per chi come lei aveva un diploma e un’esperienza da amministrativa.
“Non trovando altro, decido di tentare in una piccola fabbrica metalmeccanica. Insieme a tre donne vengo assunta per lavorare part-time: il datore di lavoro aveva ottenuto un appalto per un’acciaieria.”
Alessandra è giovane e si butta: “Non sapevo che cosa fosse la sicurezza, l’unica cosa di cui ero a conoscenza riguardava le scarpe antinfortunistiche. Feci una chiacchierata di un’ora con l’allora responsabile della sicurezza e finì lì”. Lei e le colleghe sono nuove a tutto questo e vengono messe a lavorare con un macchinario che pressava le lamiere d’acciaio, che non solo non aveva delle fotocellule per impedire alla pressa di andare giù, ma era spesso in manutenzione. “Rimanevamo a casa mentre veniva aggiustato per poi tornare quando pensavamo fosse tutto a posto. Ci fidavamo e affidavamo”.
Finché un giorno la macchina le schiaccia tutte e due le mani, per fortuna “scendendo piano”: “Ho subito un intervento di cinque ore, allora erano i primi casi di ricostruzione delle mani. Attualmente le posso usare, sebbene non al 100%; dopo tanto tempo al computer mi tirano i tendini, ho problemi di artrosi e non ho la mobilità di una volta”.
Alessandra non ha ancora avuto un risarcimento dal datore di lavoro, che ha dichiarato fallimento, e nel frattempo, dopo avere cominciato a riprendersi fisicamente e psicologicamente, ha cercato lavoro.
Per diversi anni è stata così disperata “da essere disposta a lavorare in un bar o un ristorante, nonostante nelle mie condizioni fosse molto rischioso”. Quando torna a Roma trova un impiego per due anni, finché non resta incinta e accantona la questione lavoro. Dopo diverso tempo si rimette in cerca, ma trovare qualcosa non è affatto facile, nonostante rientri nelle categorie protette e abbia un’invalidità del 41%.
“Finora ho ricevuto solo due chiamate e in una mi è stato chiesto quanti anni avessi: ‘Cerchiamo una persona di 40’, mi è stato detto, ed è finita lì. Trovare lavoro alla mia età non è facile, anche se ho esperienza come segretaria devo dimostrare di avere fatto corsi di aggiornamento, cosa che sto facendo, ma se non lavori subito, la freschezza la perdi. Per un’azienda conta che tu abbia le competenze che richiede, non cambia molto l’essere iscritta o no a una categoria protetta. Non basta una legge, purtroppo siamo in una società che crea limiti come quello dell’età, per cui alla soglia dei 50 anni, come me, ti senti finito e pensi: ‘è colpa mia?’. Per le donne spesso è ancora più difficile”.