Ho sempre considerato interessante il tema della “Paura del Manager”. È un terreno di discussione indicativo delle dinamiche di business dei giorni nostri. Una chiave di lettura delle differenti visioni del modo di affrontare il business che ci sono tra le due sponde dell’oceano e delle cronache del nostro paese. Siamo soliti caratterizzare il mondo […]
Fare il manager per il motivo sbagliato
Credo esistano alcuni vizi di fondo alla base della carenza di Manager oggi nelle aziende realmente orientati alla gestione delle persone e guidare i processi di cambiamento. Il sistema di impresa è oggi centrato sulla remunerazione delle responsabilità e non delle competenze, un sistema che vede nella crescita manageriale l’unica possibile risposta alle ambizioni di […]
Credo esistano alcuni vizi di fondo alla base della carenza di Manager oggi nelle aziende realmente orientati alla gestione delle persone e guidare i processi di cambiamento.
Il sistema di impresa è oggi centrato sulla remunerazione delle responsabilità e non delle competenze, un sistema che vede nella crescita manageriale l’unica possibile risposta alle ambizioni di crescita economica e in taluni casi di prestigio e riconoscimento sociale. Si afferma inoltre uno strano principio secondo il quale per guidare delle persone si debba avere uno status sociale adeguato e un compenso superiore, cosa che non avviene in molti altri campi, dalla musica allo sport. Un direttore d’orchestra non guadagna per forza di più di un orchestrale, come un coach non guadagna di più dei giocatori che gestisce e ciò non sembra essere un limite alla loro capacita di “dirigere” con efficacia e con successo i propri collaboratori.
Molte persone scelgono quindi di intraprendere la carriera manageriale per il motivo sbagliato e vengono spesso scelti dalle aziende sulla base di caratteristiche sbagliate, si tende a promuovere persone che sono molto brave nel fare ciò che fanno, il miglior venditore diventa capo delle vendite, il miglior tecnico il capo dei tecnici e’ cosi’ via… all’interno di un sistema che si basa sul principio del “trasferimento del sapere” da un lato e del “premio” dall’altro.
Non e’ sempre vero ma tendenzialmente i bravi ” indivdual contributor” sono persone poco propense al lavoro di squadra, hanno un forte spirito di competizione, hanno ego ingombranti e amano le luci della ribalta, tutte caratteristiche che poco si sposano con la gestione di un gruppo, inoltre se sei il migliore a fare qualcosa tenderai ad interferire molto nel lavoro dei tuoi collaboratori frenando la loro crescita, non delegando e lasciando poco spazio agli errori ed il “sapere” in fine non verra’ distribuito ad altri che potrebbero domani diventare invece delle minacce al tuo ruolo.
Un sistema che ha ha dimostrato nel tempo i propri limiti e che ha contribuito a formare una classe manageriale poco orientata alla gestione delle risorse umane che rappresenta oggi il vero punto di debolezza delle aziende nei processi di cambiamento, di inclusione e di sviluppo dei propri collaboratori.
Nei prossimi anni assisteremo ad una profonda trasformazione del lavoro e degli stili di vita, la tecnologia ci permettera’ di lavorare al di fuori dei perimetri fisici delle nostre aziende, il confine tra lavoro e vita privata diventera’ sempre piu labile fino a scomparire, in questo nuovo contesto il manager assume una rilevanza straordinaria, sara’ chiamato a gestire risorse in modo remoto e non per prossimita’, a valutare il risultato e non le ore di lavoro, a delegare e fidarsi e non a comandare e controllare, dovra’ diventare il tessuto connettivo dell’azienda capace di aggregare competenze e includere i talenti a volte seduti ai margini delle organizzazione
Abbiamo di fronte a noi una grande opportunità di riscrivere le regole del nostro modo di lavorare, dai sistemi di retribuzione, ai processi alle organizzazioni, dal management alla leadership.
Management e leadership non dovranno essere piu’ visti come due aspetti separati e spesso contrapposti ma bensì integrati, un Manager dovrà essere in grado di gestire la complessità, la pianificazione e il budget, la burocrazia e i processi attraverso il potere formale ma nello stesso tempo dovra’ essere anche un leader in grado di ispirare e guidare il cambiamento, di allineare le persone e motivarle attraverso la “informal dependence”.
Gestire e guidare risorse e’ una professione complessa e difficile che richiede skill specifiche, attitudine personale ed una naturale vocazione, ma che si e’ trasformata per molti nell’unica risposta possibile ad una domanda di crescita economica e di prestigio sociale creando nel tempo una classe manageriale inadatta a gestire i profondi cambiamenti ai quali saremo chiamati nei prossimi anni.
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La nuova era dell’imprenditorialità richiede anche manager nuovi: gestori capaci e competenti, che non siano soltanto alla caccia di uno stipendio più alto.