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Formazione online, quante truffe. Diffidare del self-made man è il vangelo di Fufflix
Germano Milite, fondatore di Fufflix: “Nessuno è immune dai falsi guru, neanche noi che li scoviamo. Tutte le PMI possono caderne vittima”.
Il 2020 ha forzatamente sdoganato, per i pochi ancora scettici, la formazione online.
In questi mesi, infatti, a tutti noi è capitato di trascorrere ore davanti un monitor per seguire un corso di formazione professionale o per approfondire una passione, e naturalmente con il crescere della domanda è salita l’offerta. Così tanti formatori (veri o presunti tali) hanno trovato terreno fertile per offrire e vendere le loro conoscenze.
Spot di ogni genere hanno invaso invaso i nostri feed social, e tra questi sicuramente vi sarà capitato di incappare in qualche video dai colori saturi e con discutibili personaggi in yacht che pubblicizzava corsi rivelatori di segreti e trucchi per diventare ricchi. Anzi, milionari. In una settimana. Senza nessuna competenza pregressa e ovviamente da casa o, rigorosamente, da bordo piscina.
Per quanto questi video abbiano suscitato in molti una risata amara o al massimo un po’ di compassione, il tema è tremendamente serio e meritevole di essere attenzionato. Non si sbaglia, infatti, definendoli un processo di vendita di qualcosa che non corrisponde al vero: una truffa nella quale chiunque può cadere.
“La fuffa online è una truffa a cui nessuno è immune”
L’online marketing è una realtà che annovera tra i suoi interpreti degli ottimi professionisti e dell’ottima formazione – infatti il problema non è fare formazione, ma il come la fai, a chi la rivolgi e con quali metodi la proponi” – ma spesso al loro fianco si rendono visibili venditori mirabolanti di promesse irrealizzabili. O, per usare uno slang estremamente concreto, di fuffa.
Abbiamo parlato del tema con Germano Milite, giornalista e fondatore di Fufflix, una community online che si confronta e aggrega più pareri per orientarsi, tra fuffa e concretezza, nel mondo della formazione online.
Germano, ci sono dei tratti che un po’ tutti quelli che tu chiami i fake guru condividono?
Sì, e sono diventati un must, anche se l’elenco è in costante aggiornamento perché devono correggere il tiro strada facendo e tutelarsi da chi li monitora. La prima caratteristica che li accomuna, comunque, è il parlar male degli altri fake guru. Loro lo chiamano “il posizionamento”, ma lo applicano de-posizionando gli altri. “Attento ai fake guru, a chi ti vuole solo sfilare i soldi”, dicono. In realtà utilizzano questo semplice mezzo di manipolazione psicologica per essere loro a ricevere il tuo denaro. Poi flexano. La loro comunicazione si basa su un’ostentazione perenne: soldi, macchine, belle donne, ville, piscine e jet privati. Abbiamo visto Mirko Scarcella cambiarsi d’abito più volte nello stesso viaggio aereo per far finta di essere andato in più posti differenti. E infine c’è la censura, il ban di qualsiasi critica. Capisco bannare chi offende o chi diffama, lo faccio anch’io ed è un diritto, ma cancellare ogni traccia di critica, anche da parte di vecchi clienti insoddisfatti, è scorretto.
Un elemento che trovo ricorrente è anche l’utilizzo ripetuto di alcune frasi preconfezionate come “rendita passiva”.
Le sette regole, i dieci step, i quattro segreti e gli elenchi puntati. C’è questo format che crea un esercito di cloni, che peraltro vivono in un paradosso. Perché i fake guru, alla fine, formano gente che forma gente a formare gente per formare gente. Un loop infinito. Anche il modo in cui gesticolano e come scandiscono la voce è sempre lo stesso, ed è copiato dai guru americani tipo Tai Lopez.
L’America che influenza esercita su questo mondo? Sembra che venga sempre tutto da lì.
Solitamente tutto quello che questi personaggi dicono di sapere viene dall’America e loro, stando a quanto dichiarano, lo hanno studiato con la missione di portare quel know how in Italia. Il guru dei guru che qui ha spopolato, seppur con dieci anni di ritardo, è Dan Kennedy, che non è uno stupido né un incompetente, ma ha diffuso concetti teoricamente corretti banalizzandoli. Ad esempio è lui a suggerire di assegnare il proprio nome a una strategia esistente e collaudata: è così che nascono i “metodo Germano”, per capirci. Addirittura Frank Merenda ha dato il suo nome alla lead generation (il banalissimo processo che prevede il riscaldamento del contatto). E questa è proprio la scuola di Dan Kennedy, la stessa che dice: “Manipolate il cliente. Vendete high ticket più che potete, anche se è necessario creare una falsa percezione di voi.”
Eppure molti di questi guru vantano curricula importanti e sbandierano pubblicazioni apparentemente autorevoli.
Ti faccio un esempio. Chi si definisce il primo copywriter in Italia non appare su nessuna testata se non a pagamento, e su quei giornali, credetemi, ci può andare praticamente chiunque purché paghi. Addirittura Forbes America con dieci/quindicimila dollari ti permette di uscire in prima pagina. Quella dei media è una materia nella quale barare è troppo facile.
E poi è un continuo scontro con la formazione “tradizionale”. Le loro sono sempre storie di self-made man. Mi sembra che gli stessi meccanismi che applicano ai competitor li rivolgano anche, ad esempio, nei confronti delle università.
Ritengono importantissimo formarsi, ma non a scuola o all’università, quello è da sfigati. Secondo il loro messaggio ti devi formare da loro, perché l’unica formazione buona è quella che offrono. È una strategia d’accatto paraculturale: fanno finta di essere persone che amano lo studio, ma dicono alla gente di studiare da loro perché sono gli unici in grado di svelare il segreto.
Mi sorprende che alla fine, anche all’interno di Fufflix, sono relativamente pochi quelli che scelgono di metterci la faccia e denunciare pubblicamente. Perché? Credi che ci siano dei meccanismi di difesa? Interviene un senso di vergogna?
Il vero scoglio è rappresentato da ciò che alle persone interessa. Chi è vittima di una frode vuole recuperare i soldi, non vuole fare una denuncia. Il novanta percento di loro ha paura e si vergogna, l’unica cosa che gli interessa è ottenere il rimborso. E questo altera la percezione esterna dei delusi. Poi scatta un altro elemento: il ragionamento per il quale si pensa “ormai ho investito duemila euro; posso dargliene altri mille perché sono io che non sono stato abbastanza bravo, pronto e reattivo”. Attenzione: un’altra caratteristica dei fuffa-guru è la forte aggressività e assertività. Sia Big Luca che Frank Merenda dicono: “Insulta il tuo cliente, cerca di farlo sentire in difetto, fai sentire lui il mentecatto”. E la colpevolizzazione funziona. Chiunque fallisce è un demente, colpa sua.
Ma chi acquista un corso da loro, alla fine, ha qualche responsabilità?
Pensare che chi abbocca sia uno stupido, un ingenuo o un ignorante è sbagliatissimo. Non sopporto chi se la prende con le vittime. Io ho conosciuto e conosco persone che hanno un livello culturale medio-alto, sono intelligenti ed empatiche e hanno regalato soldi a personaggi improponibili. È un po’ come quando sei in momenti particolari della tua vita e perdi lucidità. In quel contesto psicologico, in quel momento, quella persona viene vista come un’ancora e quindi si trasforma nel salvatore.
Il fenomeno di questo genere di truffa online colpisce solo adolescenti speranzosi di cambiare la propria vita in un click, o anche le aziende sono a rischio?
Due anni fa, noi che facciamo questo lavoro da dieci anni, con me che scovo i fuffari, siamo caduti vittime di due fuffari clamorosi. Con un imprenditore che ha venticinque anni di esperienza, e io che ne ho dieci e cerco la fuffa. Questo ci fa pensare che tutti, ripeto tutti, siamo fallibili. Quindi sì, capita anche alle aziende. Proprio ieri mi ha scritto un grosso imprenditore dicendomi di essere stato truffato per ventimila euro. Peccato che anche lui non voglia metterci la faccia. Probabilmente sono esenti aziende come Fiat o Barilla, perché sono gruppi enormi che hanno il marketing interno, però tutti i titolari di PMI, o anche aziende sufficientemente grandi e strutturate, potrebbero cadere vittima dei fuffari.
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