Il COVID non ha fatto domande prima di colpire. È arrivato senza chiedere e si è fermato dove ha trovato terreno fertile; ha attraversato continenti senza fare differenze di razza o classe e ha costretto sul lastrico famiglie e aziende. Il mondo della ristorazione è tra i settori più colpiti. Ma quello che ci siamo […]
Quel centauro della Roadjob Academy: metà scuola, metà impresa
La formazione è un tema strategico che da diverso tempo mette d’accordo tutti: dalle imprese ai sindacati, dalla politica alla scuola. Il tema è dibattuto, ma sono ormai pochissimi coloro i quali non sono d’accordo sul fatto che la formazione continua sia un elemento fondamentale e non più accessorio – come in passato – per […]
La formazione è un tema strategico che da diverso tempo mette d’accordo tutti: dalle imprese ai sindacati, dalla politica alla scuola. Il tema è dibattuto, ma sono ormai pochissimi coloro i quali non sono d’accordo sul fatto che la formazione continua sia un elemento fondamentale e non più accessorio – come in passato – per la crescita e la valorizzazione del lavoro in un’ottica moderna e globale.
In Strategia per le competenze l’Ocse, nel Rapporto sull’Italia del 2017, definisce così il nostro Paese:
“L’Italia ha bisogno di definire rapidamente una strategia di sviluppo delle competenze che promuova lo sviluppo in tutto il territorio nazionale. La domanda di competenze (skills), specie nei Paesi sviluppati, risente e si adatta continuamente alla globalizzazione, al cambiamento tecnologico e allo sviluppo demografico. In questo contesto, l’Italia sta avendo più difficoltà rispetto ad altri Paesi avanzati a completare la transizione verso una società dinamica, fondata sulle competenze (…). La modesta performance delle competenze ha contribuito al ristagno economico dell’Italia; migliorare questa performance sarà, dunque, cruciale per favorire una crescita che sia sostenibile e inclusiva in tutto il territorio nazionale. L’Italia deve migliorare l’allineamento tra domanda e offerta di competenze. Il fenomeno dello skill mismatch, che si verifica quando le competenze di un lavoratore non sono allineate con quelle richieste per compiere uno specifico lavoro, è molto diffuso in Italia.”
Le imprese hanno la necessità di colmare un gap fra le reali necessità in termini di competenze professionali da includere al loro interno e quello che il sistema scolastico offre loro: sovente ci si trova di fronte a un panorama di competenze assai lontano dalle richieste delle aziende. Più che sulla mancanza di talenti, bisogna soffermarsi sulla mancanza della giusta tipologia di allenamento per preparare i potenziali talenti alla prova del lavoro.
Roadjob Academy: se il lavoratore non va all’azienda, l’azienda forma il lavoratore
Come ci si comporta cercando di dare risposta all’industria a corto di professionisti?
Nelle province di Como, Lecco, Monza Brianza – territorio ricco di imprese – si è creato un percorso alternativo a quello esistente, ma coerente con le esigenze delle aziende e dei giovani lavoratori under 29 del territorio da inserire o da reinserire nel mondo del lavoro. Così diverse aziende leader nel proprio settore di riferimento hanno creato Roadjob Academy, al fine di formare i professionisti di domani: 2.000 ore di formazione, 70 docenti, 2 settimane di orientamento, 3 percorsi professionalizzanti, 20 visite nelle sedi d’impresa.
Le aziende che hanno preso parte al progetto sono diverse tra loro per dimensione d’impresa, mercato di riferimento, tipologia di offerta di lavoro. Sono, tra le altre: Rodacciai, Agrati, Carcano Antonio, solo per citarne alcune.
Non solo imprese: anche Enaip Lombardia (Agenzia formativa per l’Istruzione professionale) fa parte dell’Academy, creando così una sorta di ponte ideale tra chi offre lavoro – non generico, ma specifico e che richiede competenze specialistiche – e chi forma gli studenti, accompagnando il loro percorso verso il mondo delle professioni.
L’opinione delle imprese e le ricadute sul territorio
Ma perché si è arrivati a questo?
Enrico Millefanti, dirigente di Enaip Lombardia, afferma: “Il territorio non riesce a rispondere al fabbisogno delle imprese, e per le stesse aziende la richiesta di personale spesso ha carattere d’urgenza. Oggi anche gli enti formativi devono mettersi al passo coi tempi: le conoscenze e i saperi passano attraverso canali differenti e anche il ruolo della scuola e dei formatori deve cambiare. Bisogna pensare a un nuovo paradigma: non più solo studiare – diploma, laurea e magari anche un master –, ma chiamare i giovani a fare e a realizzare esperienze lavorative. La scuola dovrà diventare un centro di certificazione di acquisizione, più che di trasferimento, di competenze e saperi. Così, senza costruire un soggetto altro a cui chiedere aiuto, abbiamo deciso di metterci insieme analizzando chi sono gli attori protagonisti, e abbiamo cercato di trovare delle soluzioni: è stata questa la molla che ci ha spinto a collaborare e non a competere. Dobbiamo cominciare a prospettare un nuovo paradigma: bisogna studiare ma anche inserirsi nel mondo del lavoro, imparare lavorando”.
Raffaella Vaccari, HR in Agrati, punta l’attenzione anche sulla visione dell’azienda manifatturiera, da parte dei giovani e delle loro famiglie, come di un luogo “old style”, e così ci racconta: “I ragazzi che si diplomano come periti meccanici o proseguono gli studi universitari o preferiscono entrare in un Ufficio Tecnico; non hanno la percezione che il lavoro in produzione all’interno di un’azienda manifatturiera è molto diverso adesso rispetto a dieci anni fa. È molto più digitalizzato, c’è molta più tecnologia, e quindi anche quello dell’operaio è un lavoro davvero qualificato, che richiede delle competenze molto tecniche e molto specifiche. Soprattutto nel caso di Agrati: pensi che un ragazzo per diventare autonomo nel lavoro all’interno del nostro reparto di produzione ci impiega quasi due anni. Registriamo difficoltà e resistenze nel reperire figure professionali, come periti meccanici sul territorio e giovani motivati a lavorare in un contesto produttivo che, seppur molto legato al territorio della Brianza, agisce in un contesto internazionale, avendo diverse sedi all’estero e numerosi clienti in ogni parte del mondo”.
Roberto Bova, Operation Manager di Rodacciai, punta dritto sulla formazione condivisa: “Per i giovani che si affacciano per la prima volta in azienda occorre investire sulla formazione. Creare academy interne o un pool di aziende che, pur lavorando in settori diversi, mettono insieme dei corsi di formazione a 360°, contenendo i costi e i tempi della formazione, collaborando in maniera sinergica tra loro per formare le future leve. Purtroppo però la preparazione degli studenti è spesso carente. Pensiamo per esempio al tema della sicurezza sul posto di lavoro: nelle scuole non se ne parla affatto. Infatti noi il primo e l’ultimo mese di formazione li dedichiamo agli aspetti di sicurezza sul luogo di lavoro e di conoscenza del prodotto con cui si avrà a che fare. È completamente diversa l’esposizione al rischio legato all’ambiente di lavoro in cui ci si trova a operare ogni giorno se si lavora in un’acciaieria piuttosto che in un biscottificio. Noi svolgiamo un’attività in cui produciamo profilati in acciaio, che andranno in diversi settori di mercato: dal settore automobilistico a quello aeronautico. Nella selezione del personale siamo molto esigenti: puntiamo ad assunzioni mirate, volte a restringere il panel dei partecipanti – operando già in un contesto territoriale, e quindi ristretto – investendo sulla formazione anche di sei mesi all’interno della struttura operativa, con l’esigenza di reclutare personale che abbia le competenze adeguate per la nostra realtà”.
Elisa Andreuzza, Marketing & Comunicazione di Carcano Antonio ci spiega cosa voglia dire far partire questa tipologia di progetti in provincia: “Roadjob è un progetto di condivisione, confronto e ascolto tra le aziende del territorio: siamo realtà diverse tra di loro per business che si accomunano non solo per la posizione geografica, ma anche nella richiesta di non accontentarsi dello status-quo e di voler essere protagonisti nella diffusione di una cultura tecnico-scientifica che vada a unirsi con il tessuto socio-economico del territorio. Progetti come questi possono contribuire alla crescita e allo sviluppo non solo della singola azienda che vi prende parte, ma di tutto il territorio. Quest’ultimo viene coinvolto ponendo l’attenzione sui ragazzi inoccupati-disoccupati che hanno scelto dei percorsi di studio che non gli permettono di accedere alle nostre realtà, a causa di un background di conoscenze e competenze non adatte. Con Roadjob Academy si dà loro l’opportunità di ricreare un proprio ruolo, una propria figura professionale e una propria carriera futura. Tutto questo non incide soltanto sui ragazzi in sé, ma anche sulla famiglia, sulla comunità e quindi sull’azienda stessa. È un restituire il valore che la società dà all’azienda”.
Photo credits: @Roadjob Academy
Leggi anche
Il Made in Italy ha una nuova iniezione di vitalità anche grazie ai casi di imprenditoria migrante. Questa affermazione potrebbe sembrare un ossimoro, ma il fatto che persone di origine straniera stiano apportando un contributo alla tradizionale e rinomata produzione italiana è un dato di fatto. Il processo è simile a quello che accade in agricoltura […]
«Malattia». Quante volte questa parola è comparsa sui certificati medici di un lavoratore? E quante volte la cronaca ci ha restituito casi di «furbetti» malati che poi così malati non erano? Più che disquisire sulle effettive motivazioni di certe assenze dal lavoro, abbiamo provato ad andare alla base, per capire come va gestita la malattia, […]