Edoardo Nesi, imprenditore, politico e scrittore Premio Strega nel 2011 con Storia della mia gente dedicato al mondo dell’industria tessile pratese, ci racconta come l’Italia degli anni ’70 riviva nelle pagine di Estate Infinita, il libro che ha appena pubblicato per Bompiani e da cui partiamo per capire i tempi, le pause e le riprese […]
Giovani laureati assunti dalla criminalità organizzata
Il giorno in cui si sono laureati non pensavano certo di finire a lavorare per la criminalità organizzata. Sono i molti professionisti che negli ultimi anni si sono trovati a prestare i propri servizi a mafia, camorra e ‘ndrangheta, alcuni per una scelta, ma tanti anche per un obbligo o una casualità dai quali non […]
Il giorno in cui si sono laureati non pensavano certo di finire a lavorare per la criminalità organizzata. Sono i molti professionisti che negli ultimi anni si sono trovati a prestare i propri servizi a mafia, camorra e ‘ndrangheta, alcuni per una scelta, ma tanti anche per un obbligo o una casualità dai quali non è sempre facile difendersi.
Un numero preciso non esiste, e neanche la Commissione Parlamentare antimafia è riuscita a censirli. Nel 2017 un apposito comitato creato dalla Commissione stessa ha deciso di ascoltare i rappresentanti di otto specifici ordini professionali, che rappresentano le categorie più sensibili: avvocati, notai, commercialisti, ingegneri, architetti, geometri, medici e farmacisti. A loro, tra le altre cose, è stato chiesto di dichiarare il numero dei procedimenti deontologici che si sono svolti.
I lavori della commissione sono secretati, ma che ormai da anni le mafie cerchino sempre più l’aiuto dei professionisti non è un mistero. Già nel 2016 il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi dinanzi alla Commissione Parlamentare Antimafia dichiarava: «Ormai, sia per l’evoluzione della stessa società, sia per l’evoluzione della finanza e dei circuiti finanziari, c’è necessità che determinate attività illecite inevitabilmente vengano svolte col contributo di professionisti, di commercialisti, di ingegneri, di avvocati, di esperti in materia fiscale, di esperti in transazioni anche internazionali, che possano consentire da un lato l’occultamento e dall’altro lato il riciclaggio e il reinvestimento».
Commercialisti nel mirino: anche le mafie fanno fattura?
L’ultimo a porre la questione in termini di tempo è stato Roberto Saviano, che si è scagliato contro i commercialisti che segnalano alla mafia le aziende in difficoltà. Subito è arrivata la risposta da parte del presidente dell’ordine dei commercialisti, che ha ricordato allo scrittore quanti siano i professionisti che appartengono alla sua categoria che rischiano ogni giorno amministrando beni confiscati proprio alla malavita.
Negli ultimi anni la normativa ha poi reso sempre più esposti quanti si occupano di bilanci. Una sentenza della Corte Suprema di Napoli ha stabilito che per chiamare in correità il professionista è sufficiente che lui sia a conoscenza della condotta criminosa del proprio cliente. Ma non è la prima volta che Saviano affronta il tema delle categorie professionali legate alle mafie: un’intera parte del film Gomorra è dedicata infatti alla vicenda di due tecnici ambientali, che hanno parte attiva nello smaltimento illecito dei rifiuti. Il più giovane dei due, quando si rende conto che sta commettendo dei crimini che rovinano la vita delle persone, decide di mollare.
Negli ultimi anni il settore dei rifiuti è quello più a rischio, come dimostrano le recenti indagini in Lombardia che hanno visto finire in manette dei tecnici ambientali accusati addirittura di essere complici dell’ndrangheta nello smaltimento illegale di rifiuti.
Quando il consulente non poteva non sapere
Negli ultimi tre anni la Lombardia è stata sconvolta da una serie di incendi di discariche abusive e non, al punto che le forze dell’ordine sono arrivate a parlare del Nord Italia come di una nuova terra dei fuochi. Dietro a molti di questi episodi criminosi secondo gli inquirenti c’è la mano di un’organizzazione riconducibile alla ‘ndrangheta.
A Como sono scattate le manette per nove persone nell’ottobre 2019, che saranno rinviate a giudizio il prossimo settembre. Tutto è partito dall’incendio di un capannone contenente rifiuti a Pavia. Sei uomini sono finiti in carcere nel 2018, e gli altri componenti del sodalizio sono stati arrestati l’anno successivo. All’origine c’è un’azienda comasca che faceva capo ad Angelo Romanello, all’epoca 35enne, figlio di un esponente di primo piano della ‘ndrangheta, già coinvolto nell’indagine Crimine Infinito, nella quale vennero decapitati i vertici di un nascente sodalizio criminoso in Lombardia.
Romanello e altre persone coinvolte hanno patteggiato, mentre la sua consulente Sara Costenaro è stata rinviata a processo e nel frattempo è finita agli arresti domiciliari. «Io non ne sapevo nulla – dice la donna – e non voglio patteggiare per un crimine che non ho commesso. Per questo ho scelto di difendermi in tribunale». Costenaro da anni lavora nel settore dei rifiuti ed è lei stessa a dire come la società di Romanello le sia stata raccomandata da un cliente di vecchia data.
«Mi disse – racconta – se potevo dare una mano a quel ragazzo. Ma io non immaginavo nemmeno chi fosse. Spesso ero io a dire al mio cliente che stava smaltendo troppi rifiuti. Quando sono arrivati i primi rilievi sono andata io a incontrare i carabinieri del NOE, ma questo è normale. Non dipende certo da me la sua condotta criminosa. Anche perché i tecnici non possono sapere cosa fanno i loro clienti al dettaglio. In questo caso si parla poi di 3.000 tonnellate di rifiuti, che, posso garantire, è davvero una cifra irrisoria, che non rappresenta certo un guadagno milionario.»
E mentre era sotto indagine dalle intercettazioni è emersa una frase che pone l’accento sull’amara realtà dei professionisti che lavorano nel settore rifiuti. Un collega le dice: «Ma non sai con chi abbiamo a che fare in questo settore?».
I professionisti stretti tra mafie e procedimenti legali: «Sopravvivo perché non mi fido di nessuno»
È proprio quel collega, Mauro Maini, consulente ambientale di lungo corso, a raccontare come si è modificata la sua professione.
«Possiamo parlare di un cambiamento graduale, che si è verificato nel corso degli anni. I “maneggioni” ci sono sempre stati, però non erano persone di animo malavitoso. Poi nel settore sono entrati quelli che avevano attività collaterali. È una decina di anni che cominciano a esserci situazioni poco chiare, anche se io direttamente non mi sono mai imbattuto in esponenti della criminalità organizzata. Prima la direttrice dello smaltimento era dal Nord al Sud e l’aspetto malavitoso era concentrato sui trasporti, che muove maggiori quantità. Nello smaltimento non girano molti soldi, ed è un comparto regolamentato e sotto gli occhi di tutti, anche perché la gestione dei rifiuti è in mano per buona parte alle municipalizzate, cioè enti pubblici. Ma per avere alti guadagni bisogna muovere davvero tanti rifiuti. Certo, come in tutti i settori c’è chi arriva dalla criminalità organizzata per smaltire soldi, ma questo non riguarda solo noi».
Ma soprattutto il consulente non ha armi per difendersi dalla criminalità. Racconta Costenaro: «Dopo l’esperienza che ho avuto ho deciso che rifiuto gli incarichi a meno che non siano super sicuri. Io posso fare tutto in modo lecito, ma chi mi assicura che il cliente la notte non porti di nascosto i rifiuti in cava con i camion?». Le assicurazioni che garantiscono questa professione sono solo due, e chiedono 1200 euro al mese circa, cioè quello che in alcuni casi è il guadagno di un consulente.
È lo stesso Maini a chiarire: «Sono sopravvissuto tutti questi anni perché non mi fido di nessuno. Tempo fa ho smaltito scorie e polveri di acciaieria in Veneto. Mi hanno dato l’autorizzazione dell’impianto, ho telefonato in regione e ho chiesto al funzionario se fosse valida. Mi ha detto sì. Ho mandato rifiuti a questo impianto di Venezia. L’anno dopo li hanno arrestati, perché questi una volta ricevuti i rifiuti facevano il cambio di CER e li conferivano come inerti in un buco in provincia di Caserta, il tutto a mia insaputa. Sono stato sentito come persona informata in procura, ho spiegato quello che ho fatto. Ho avuto il telefono sotto controllo per tre anni, ma non sono mai incappato in un procedimento di nessun tipo. Un’altra volta ho chiesto a un mio amico di Bari di controllare dove fosse la discarica dove stavo per mandare delle gomme. All’indirizzo che gli ho dato c’era solo un gommista con tre vetrine. Ho fermato tutto».
Photo credits: www.pinomasciari.it
Leggi anche
La stagione turistica c’è. Certamente penalizzata dalla pandemia, dagli investimenti imprevisti resisi necessari per far resistenza alla diffusione del virus nelle strutture, dalle entrate sparite a causa della crisi economica post lockdown. Penalizzata, sì; ma sconfitta no. È pronto a scommetterci Marco Peci, da anni direttore commerciale di Quality Group, che con noi immagina il […]
Con le prossime regionali di maggio, in un contesto così fluido come quello attuale in cui il sistema politico è totalmente rivisto alla luce di nuovi protagonisti e nuove alleanze, torneremo pertanto a vedere iniziative digitali, ma il rischio è sempre lo stesso: occuparsi di Internet solo in campagna elettorale non consente infatti di ottenerne […]