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GKN apre la stagione dei licenziamenti. Fausto Durante (CGIL): “Cacciati in 422, è banditismo industriale”
L’azienda di Campi Bisenzio (FI), in piena ripresa dopo la pandemia, mette alla porta gli operai senza preavviso; i sindacati indicono un’assemblea permanente. Ma il quadro occupazionale è tragico, soprattutto per donne e giovani.
“Due giorni fa hanno chiesto ai dipendenti il piano ferie, rimproverando addirittura qualcuno per la mancanza di solerzia nell’organizzazione. Oggi, come un fulmine a ciel sereno, è stata comunicata senza alcun preavviso la chiusura.”
Voci, coperte dall’anonimato, raccolte da SenzaFiltro nel pomeriggio di venerdì 9 luglio, durante il picchetto di lavoratori e sindacato fuori da GKN, l’azienda di Campi Bisenzio (FI) che di punto in bianco ha deciso di aprire la procedura di licenziamento per i 422 lavoratori dello stabilimento.
“Hanno finto che tutto andasse bene, con i magazzini pieni, addirittura con richieste di straordinario, poi all’improvviso durante una giornata di permesso retribuito concordato è arrivata la doccia gelata”. Un’amara beffa anche per i pochi non coinvolti nella giornata di fermo, chiamati in turno dalle ore sei e avvisati quattro ore dopo dell’incredibile notizia: dal 12 luglio cassa integrazione a zero ore per cessazione attività. Fabbrica occupata a oltranza, venerdì pomeriggio: “Assemblea permanente, nonostante una vigilanza piuttosto nerboruta, con l’obiettivo di riaccendere quanto prima le macchine per lavorare”.
GKN è una multinazionale gestita da un fondo inglese che produce semiassi, componenti meccanici per l’automotive, settore che ha pagato dazio nella prima parte della pandemia ma che sta vivendo in questo momento una ripresa significativa.
L’impressione, quindi, è che lo sblocco dei licenziamenti abbia fornito l’assist per precise strategie aziendali. Se il buongiorno si vede dal mattino, si prospetta una lunga e difficile stagione.
Fausto Durante, CGIL: “Lavoratori GKN licenziati durante un permesso. È banditismo industriale”
“Un atto di vero banditismo industriale”: non usa mezzi termini Fausto Durante, dirigente CGIL, in passato responsabile nazionale per la componentistica in quota FIOM. “In quella veste nel primo decennio del nuovo millennio ho seguito da vicino GKN, per cui ho conosciuto molto bene i lavoratori e i dirigenti sindacali della fabbrica, alla quale sono molto legato da profondo affetto”.
Un’azienda che, a leggere la storia, ha sempre lavorato bene. “Non ha mai avuto problemi se non quelli congiunturali, legati a fasi meno espansive nel ciclo delle automobili. Una realtà con un mercato sempre più o meno attivo e con buone prospettive di lavoro e futuro, almeno fino a quando è stata gestita da proprietà e imprenditori che avevano nell’industria il proprio codice genetico. Da quando le imprese italiane sono diventate terreno di conquista per multinazionali straniere, interessate solo al marchio, oppure di fondi d’investimento che hanno nella speculazione e nel guadagno immediato la missione principale, anche le buone realtà industriali corrono il rischio di essere utilizzate in via esclusiva per finanza speculativa. Esattamente quello che sta capitando con la GKN”.
Possibile che le RSU non abbiano subodorato la situazione interna? “Le rappresentanze di stabilimento stavano segnalando l’esistenza di criticità legate alla diminuzione di attività in conseguenza alla pandemia, rallentamento complessivo di tutto il settore. Però in questa fase dove l’auto si sta riprendendo e in cui i fornitori sono spesso stressati per produrre più pezzi e più componenti, una cosa del genere non era preventivabile. Quel che abbiamo visto si è verificato perché l’azienda ha deciso di intervenire per liberarsi di questa divisione della sua holding, forse per vantaggi dal punto di vista borsistico e speculativo. Le aziende fanno spesso cadere i livelli occupazionali e i dati produttivi e finanziari per poter collocare più agevolmente sul mercato asset industriali”.
GKN, lavoratori in assemblea permanente. Quali sono gli effetti?
L’ipotesi speculativa è plausibile anche in considerazione del modus operandi: “Oggi i lavoratori erano quasi tutti a casa. Scegliere di comunicare così una notizia di tale rilevanza significa programmare in modo scrupoloso un blitz nel momento a loro più congeniale, senza alcun rispetto. Agevolati tra l’altro dalla decisione del governo di non prolungare il blocco”.
Però, diciamolo, messa in questi termini l’eventuale proroga non avrebbe che sortito l’effetto di procrastinare un epilogo analogo. “La richiesta del sindacato era di arrivare a ottobre per capire se l’intero settore industriale avrebbe potuto affrontare con nuove prospettive il post pandemia. Sbloccando tutto si è data la possibilità alle aziende, soprattutto quelle con scarsa attitudine finanziaria e di tipo speculativo come GKN, di cessare l’attività. Guardi il caso della Gianetti Ruote in Brianza, si è verificata la stessa cosa: appena sbloccati i licenziamenti la proprietà statunitense ha deciso di chiudere i cancelli. Aziende svendute che, mi duole dirlo, corrono il rischio di essere le prime vittime sacrificali”.
L’assemblea permanente porterà qualche risultato? “Mi pare di aver capito che la reazione immediata dei lavoratori ha portato a compattare tutto il fronte politico e sociale. La Regione Toscana, il Comune di Firenze e il Governo devono capire lo stato d’animo e aprire una sede di discussione al Ministero dello Sviluppo Economico per trovare una modalità orientata alla continuità produttiva”.
Il 2020 nero della Toscana: 26.000 licenziati, 100.000 in sospeso
Vedremo. Per il momento la Toscana conta una perdita netta di 26.000 posti nel 2020, anno della pandemia. È questo il saldo, con riferimento ai rapporti di lavoro subordinati, tra le posizioni attive e quelle cessate nel settore privato non agricolo.
Il dato, riportato lo scorso 25 giugno nella presentazione del rapporto L’economia della Toscana e redatto dalla divisione analisi della sede di Firenze della Banca d’Italia, evidenzia come gli effetti della crisi innescata dalla pandemia siano stati considerevoli sull’occupazione della regione guidata da Giani. Quasi a 100.000 persone, invece, ammonta il volume del lavoro congelato grazie al blocco dei licenziamenti e agli ammortizzatori sociali.
Difficile, quindi, valutare oggi le conseguenze di quello che accadrà al termine della proroga per il settore della moda e delle ulteriori tredici settimane di CIG, quando i licenziamenti saranno giocoforza inevitabili, non solo per realtà come GKN.
Gessica Beneforti, CGIL Toscana: “Calo PIL per servizi e tessile. Dati allarmanti sulle donne”
Così, mentre il dibattito divampa, IRPET riporta elementi di analisi importanti come la manifattura, che al contrario dei servizi ha giovato degli ammortizzatori sociali, con una variazione negativa sul 2019 di appena l’1% e un 13% congelato grazie al blocco dei licenziamenti.
“Impossibile pensare che con lo sblocco siano in discussione tutti i posti, però la percentuale indicata rappresenta una quota importante, di grande preoccupazione. Oltre ai servizi, le imprese più coinvolte sono prevalentemente quelle del tessile, con un calo importante del PIL: parliamo del 12%, legato a moda e tempo libero”, spiega Gessica Beneforti di CGIL Toscana.
Quanto al dettaglio, il calo degli occupati ha colpito maggiormente la componente femminile, il lavoro autonomo e i contratti a tempo determinato. “Il dato più allarmante, oltre alle difficoltà dei giovani, è quello relativo alle donne. Forse il più inquietante, perché il rischio di inattività femminile mette freno a un processo già faticoso”.
Un aspetto culturale accentuato dalla pandemia, e Beneforti, che in CGIL Toscana detiene la poco invidiabile delega alla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, spiega un motivo non sempre portato a galla nelle discussioni di genere: “Le quote di assistenza e cure in meno legate alle difficoltà dell’emergenza sanitaria hanno portato molte donne a scegliere di rimanere a casa”.
Crisi occupazionale, gli ammortizzatori sociali non basteranno
Nel frattempo in Toscana, come nel resto d’Italia, ci si interroga su quali strategie adottare per far fronte alla crisi occupazionale che, dati alla mano, continua a minacciare all’orizzonte conseguenze ben più pesanti.
“Il punto di svolta è l’integrazione forte tra politiche attive e passive. Si può continuare a pensare di utilizzare ammortizzatori sociali come sussidio salariale al lavoratore? Bisogna puntare sulla formazione, su strade diverse che portino al ricollocamento. Quanti lavoratori oggi si possono ricollocare sulla base delle competenze acquisite nel tempo?”
In questo quadro di incertezza e rischi, aziende come GKN rischiano di trasformare previsioni plumbee in clamorose realtà.
Photo credits: firenzetoday.it
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