Il Lato A di Antonio Carstulovich

Scarica il podcast della puntata. Dopo una carriera in società multinazionali, Antonio Carstulovich  è oggi Direttore Generale di una delle più note aziende italiane. Chi di noi non ha mai pronunciato la frase “Liscia, Gassata o Ferrarelle?”. È uno slogan ormai entrato nel linguaggio comune, come “o così o Pomì” e pochi altri, e che fa parte del […]

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Dopo una carriera in società multinazionali, Antonio Carstulovich  è oggi Direttore Generale di una delle più note aziende italiane.

Chi di noi non ha mai pronunciato la frase “Liscia, Gassata o Ferrarelle?”. È uno slogan ormai entrato nel linguaggio comune, come “o così o Pomì” e pochi altri, e che fa parte del nostro bagaglio di ricordi come le figurine Panini e l’ippopotamo della Lines.

Ma andiamo con ordine e raccontiamo la storia dall’inizio, e più precisamente dalla prima canzone: Antonio aveva dieci anni quando acquistò il suo primo 45 giri. È vivido il  ricordo del giorno in cui si recò con sua mamma al negozio di dischi e appena tornato a casa lo inserì nel mangiadischi, dal quale non uscì per i primi venti giorni, riprodotto senza sosta. Non si può dire che Antonio avesse scelto male: quel brano era Whatever You Want degli Status Quo ed era destinato a diventare una canzone senza tempo per gli amanti del rock e non solo.

Non ci sono ricordi precisi sul perché, ma tra il primo 45 giri e il suo primo 33 giri passarono ben tre anni. Ma anche in questo caso la scelta fu quantomai azzeccata: l’LP era Zenyatta Mondatta dei Police e il pezzo che lo fece innamorare era Don’t Stand So Close To Me.

In quella occasione arrivò anche il primo stereo che gli permise di mettere in cantina l’ormai superato mangiadischi. Era un compatto di sottomarca ma completo di tutto: l’immancabile lettore di musicassette, un piatto, la radio e anche un minimo di equalizzazione. Era inoltre nobilitato da due super casse Bose che probabilmente costavano più di tutto lo stereo. Era il periodo della terza media, tredici anni e i primi esami da affrontare, le prime assunzioni di responsabilità. Oggi, quando si confronta con uno dei suoi figli che a tredici anni deve affrontare l’esame di terza media, è inevitabile il salto indietro nel tempo con gli occhi della maturità, dopo le tante sfide affrontate.

Lo sport ha giocato un ruolo fondamentale nella crescita di Antonio. Dopo aver nuotato sin dai tre anni, a dieci iniziò la passione folgorante per il basket dove, dopo pochissimo tempo, già giocava a livello agonistico. Questa esperienza lo aiutò a creare la sua passione per le sfide. Le partite decisive, le forti emozioni conseguenti a una vittoria o a una sconfitta, insegnano a sviluppare molte soft skills che sono fondamentali nella gestione di situazioni complicate.

Anche a causa degli impegni sportivi Antonio ebbe l’occasione di vedere il suo primo concerto solo nel 1990, ma l’esordio può tranquillamente definirsi col botto: il Michael Jackson di Bad e Thriller si esibiva quell’anno all’Autodromo di Monza.

Così la passione per i concerti live si affiancò al suo percorso nel basket, dove a sedici anni divenne allenatore delle squadre dei bambini. Divenne anche arbitro e continuò a giocare per molti anni a buoni livelli: si può dire che vivesse letteralmente in palestra o in campo, accompagnato dalle note dei Queen. Era una piacevole abitudine effettuare il riscaldamento e caricarsi insieme al pubblico ascoltando il ritmo perfetto di We Will Rock You.

In quel periodo Antonio frequenta il liceo scientifico, accompagnato dal più classico dei giudizi: potrebbe ma non si applica. Ma il tempo dedicato al basket lo portò ad affrontare una situazione molto critica in terza liceo. Dopo un primo quadrimestre pessimo con ben otto insufficienze, il papà gli ricordò le priorità attraverso un’efficace e simbolica privazione: due settimane senza giocare. Fu uno stimolo sufficiente: Antonio fu promosso senza alcuna materia a settembre e provò per la prima volta l’emozione di non dover studiare durante l’estate. A questo si abbinava un ulteriore premio: la prima vacanza quasi da solo, l’estate a Frignano nel Paullo con la famiglia del suo compagno di squadra. Fu un’estate indimenticabile.

In quel periodo la provincia di Modena era una vera e propria roccaforte di fan di band come i Simple Minds e i Depeche Mode i cui brani venivano proposti in ogni occasione, anche in discoteca. Solo gli U2, considerati a un livello superiore, mettevano tutti d’accordo; ma Antonio scelse i Simple Minds.

Dopo il diploma si iscrisse a ingegneria a causa della passione per i numeri e la matematica. Questa scelta era condivisa in particolare da sua nonna: infatti sia il nonno che il papà avevano dovuto abbandonare gli studi per motivi diversi. Antonio avrebbe costituito la rivincita della famiglia.

Non fu un percorso semplice, perché a un certo punto anche la terza generazione fu sul punto di abbandonare gli studi quando, nel periodo in cui allenava in serie C, si presentò l’occasione di trasferirsi per diventare assistente di un allenatore di serie A. Ma alla fine rinunciò e concluse gli studi, sulle note del Lorenzo Jovanotti di Penso Positivo.

Il lato B in azienda

Oggi Antonio è tornato allenatore, questa volta non in palestra ma nel team Ferrarelle. Anche in questo caso la musica gioca un ruolo centrale, grazie alla convinzione che abbia grande potenzialità; soprattutto quella di creare forti emozioni e spingere i team verso risultati eccezionali.

Aveva iniziato il suo percorso in Nestlè, subito dopo la laurea, come stagista in area finanza e controllo come internal auditor, cosa che gli permise di viaggiare, di confrontarsi a vari livelli con business diversi e tutte le divisioni, e di imparare moltissimo. Il suo percorso continuò in area commerciale e nel 2006 culminò con la nomina a direttore vendite di Perugina. In quel ruolo avrebbe sostituito una persona stimata che andava in pensione dopo tanti anni. Per questo alla prima convention nella quale si sarebbe presentato ufficialmente ai commerciali c’era curiosità e aspettativa. Antonio scelse un ingresso a effetto: prese in prestito slogan e colonna sonora della campagna di Adidas “Impossible is Nothing” e sulle note di He’s a Pirate conquistò l’uditorio e mosse i primi passi verso un percorso di successi e soddisfazioni.

Ma nessuna canzone spiega la sua visione del lavoro come Another Brick in the Wall dei Pink Floyd. In un’azienda, infatti, ogni percorso di costruzione è fatto di tanti mattoncini, ognuno dei quali rappresenta il contributo che ogni persona può portare.

Il viaggio musicale nelle aziende continua

 

Credits:

Snooky Records Studio by Marzio Francone

Unsplash.com. Saxophone by A. J. O’Reilly

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