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Il Lato A di Margherita Granbassi
Scarica il podcast della puntata. Per Margherita Granbassi, ex fiorettista triestina e oggi conduttrice televisiva, potrebbe tranquillamente parlare il palmares: due bronzi olimpici, tre ori e tre argenti ai mondiali, più un importante numero di medaglie e titoli a livello italiano ed europeo. Ma per quello c’è Wikipedia; per tutto il resto c’è Il Lato A. Ci […]
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Per Margherita Granbassi, ex fiorettista triestina e oggi conduttrice televisiva, potrebbe tranquillamente parlare il palmares: due bronzi olimpici, tre ori e tre argenti ai mondiali, più un importante numero di medaglie e titoli a livello italiano ed europeo. Ma per quello c’è Wikipedia; per tutto il resto c’è Il Lato A.
Ci incontriamo al centro Sportivo Olimpico dell’Esercito, in una meravigliosa giornata di primavera romana. La prima cosa che scopro di Margherita è che fa fatica a stare ferma, poi che sorride tanto, e che ama prepararsi scrupolosamente quando deve fare qualcosa. Di solito, almeno; perché questa volta ha scelto di rispondere d’istinto per essere più vera e spontanea.
In questo momento della vita Margherita si sente prima di ogni altra cosa una mamma, ma ringrazia di essere stata un’atleta perché questo le ha insegnato molto, in particolare a gestire efficacemente situazioni inaspettate. Oggi infatti la sua allenatrice è una bimba di quattro anni che la mette alla prova come niente e nessuno ha mai fatto nella sua vita, e che però, d’altra parte, la premia più di qualunque medaglia o dato di share.
È per questo che i suoi primi ricordi legati alla musica collegano l’infanzia all’attuale ruolo di mamma. Oggi canta alla sua bimba le stesse canzoni che lei ascoltava da bambina dalla voce di sua madre: come Tu che mi hai preso il cuor, cantata da molti artisti tra cui Claudio Villa e persino Pavarotti (in verità sua mamma gliela cantava in una versione rivisitata, più adatta alle sue qualità canore).
Margherita intanto cresceva nella sua Trieste, e quando aveva circa otto anni circa ha incontrato la scherma. Era scritto, che accadesse: la sorella e i due fratelli maggiori si erano infatti avvicinati prima di lei a questo sport. All’inizio era solo una piccola tifosa ed entusiasta spettatrice delle gare dei suoi fratelli Franz e Manlio, ma successivamente si è accostata sempre di più a quella pedana che le avrebbe regalato tanta gioia e altrettanta sofferenza.
Nata in una città considerata la più sportiva d’Italia, e in una regione che porta più atleti alle Olimpiadi per numero di abitanti, sembrava una strada segnata. Dopo un paio di anni a Trieste, iniziò ad allenarsi a Udine; e così, dopo la scuola, partiva con la mamma in auto. Il sacrificio meritava, anche se l’impegno era tanto: scuola, studio e allenamenti insieme non erano facili da gestire. E poi si trattava anche di perdersi la sua trasmissione preferita, Bim Bum Bam, e le puntate di Lady Oscar. Per una bambina non era una rinuncia facile.
Per non restare indietro a scuola si era anche organizzata con le musicassette, registrando i vari argomenti del sussidiario che riascoltava e commentava con la mamma in auto. Sin da piccola ha imparato a organizzarsi per poter fare lo sport che amava.
Poi, intorno ai nove anni, sono iniziate le prime gare e ha cominciato a girare l’Italia. Sono arrivati i primi successi: i Campionati Italiani a Roma, il “Gran Premio Giovanissimi”. E i chilometri e le ore trascorse in macchina aumentavano.
Nonostante il suo rendimento a scuola fosse più che sufficiente, sin dall’inizio ha avuto qualche difficoltà a far capire agli insegnanti che lo sport non era qualcosa di negativo: forse oggi i tempi sono cambiati, ma allora la scuola avversava parecchio chi praticava sport ad alti livelli. In particolare arrivò addirittura a cambiare scuola a causa di un professore che aveva preso a interrogarla ogni volta che rientrava da una gara. Lo fece anche quando tornò con la sua prima medaglia d’argento dai campionati del mondo cadetti. Dopo un’esposizione ritenuta insufficiente, davanti a tutta la classe, la mandò al posto dicendo: “Granbassi, medaglia d’argento per la scherma, medaglia di latta per la scuola”.
Ma una determinazione come la sua non poteva essere vinta dal giudizio di un professore. La nuova scuola che scelse l’ha supportata mentre diventava un’atleta sempre più forte e sempre più impegnata.
Prima dei vent’anni faceva già buoni risultati nelle gare di coppa del mondo, e pertanto un anno dopo venne convocata per la prima volta ai campionati del mondo. Da un’emozione così forte passò però di colpo a una grande delusione: il ginocchio cedette, facendole perdere il mondiale. Superato questo e altri infortuni che l’hanno ostacolata molte volte, nel mezzo ci sono tanti bellissimi ricordi di vittorie e di amicizia. Sono le note di Ogni volta di Venditti a ricordarle le risate e le chiacchierate con le compagne di squadra, ma soprattutto con Ilaria Salvatori, un’amica speciale.
Ma la canzone che più la rappresenta, che ascoltava spesso anche in pedana, nel riscaldamento prima di una gara, e che ancora oggi costituisce il suo manifesto di approccio alla vita, conferma che è davvero impossibile fermare la Marghe: Don’t Stop Me Now dei Queen. E non ci sono riusciti i professori, le distanze, gli infortuni e le delusioni: la sua carriera non è stata facile e spesso si è trovata a fronteggiare problemi fisici. Ma c’è stata una volta in cui la sfida sembrava ancora più ardua delle precedenti.
Per due anni dovette fare fisioterapia ogni giorno a Bologna, senza sapere se avrebbe funzionato e se sarebbe stata o meno in grado di recuperare. Try di Pink fece da colonna sonora a quel periodo, durissimo ma al contempo fantastico, durante il quale conobbe tante persone speciali: c’era chi faceva riabilitazione con lei, i medici, gli infermieri, e tutti le diedero una carica incredibile per tornare ancora in pedana.
Il Lato B in azienda
È molto interessante la visione che Margherita mi trasmette del lavoro. Prima atleta professionista, ora conduttrice televisiva, ha approcciato entrambe le cose allo stesso modo. Non a caso la canzone che secondo lei rappresenta al meglio il mondo del lavoro parla d’amore; perché in ogni cosa che si fa ci deve essere passione, una spinta emotiva forte, sentimento ed impegno. È per questo che ama definire la sua storia da sportiva la sua più lunga storia d’amore, come quella cantata da Gino Paoli.
Nel lavoro e nella vita, come nelle storie d’amore, ci si trova spesso a vivere momenti positivi e altri di grande difficoltà. Si devono compiere scelte difficili in poco tempo o con pochi elementi a disposizione, fidandosi a volte della propria esperienza e altre volte del proprio istinto; ma se la base è solida c’è sempre una soluzione per superare ogni avversità.
Il viaggio musicale nel lavoro continua.
Credits:
Snooky Records Studio by Marzio Francone
Unsplash.com. Saxophone by A. J. O’Reilly
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