Il mondo in provincia

Tre esperienze provinciali di rinascita urbana: il festival internazionale del cinema ad Amantea, in Calabria; gli studenti cinesi che ridanno vita al centro storico di Alatri, nel Lazio; gli stranieri che scelgono di vivere nel cuore di Irsina, in Basilicata.

Amantea, il cinema internazionale parla dialetto calabrese

Ad Amantea, 14.000 abitanti sulla costa calabrese, il cinema più vicino è a 30 chilometri. Ad Amantea, nel febbraio 2020, il consiglio comunale è stato sciolto per accertati condizionamenti da parte delle organizzazioni criminali locali. È esattamente in questo contesto che da otto anni un gruppo multiculturale di giovani provenienti da tutto il mondo organizza un festival internazionale del cinema che ha portato il nome della città ad apparire sul New York Times e Indie Wire.

Perché la Guarimba International Film Festival nasce, come in un film, dall’iniziativa di giovani italo-venezuelani che, passando da Caracas prima e Madrid poi, hanno scelto di tornare in Italia per dare vita a un progetto culturale di riqualificazione di un intero territorio.

Volete portare la provincia nel mondo o il mondo in provincia? Chiedo agli organizzatori.

“Entrambe le cose. Vogliamo mostrare ai registi, agli operatori culturali, ai finanziatori e ai giornalisti abituati a lavorare in grandi centri cosa significa rapportarsi con contadini, ragazzini e pensionati cresciuti in un paesino della costa calabrese. Al tempo stesso, vogliamo far conoscere alla comunità lingue, culture e tradizioni diverse dalla nostra tramite le persone e i film che proiettiamo”.

Durante i sei giorni di festival, infatti, il centro di Amantea si trasforma in un’arena a cielo aperto che ospita migliaia di spettatori, che dialogano tra loro grazie a una lingua ibrida tra il dialetto e l’inglese internazionale; ma ciò che davvero conta è il fermento e la traccia che l’evento lascia anche grazie alle tante attività, in loco e oltre i confini nazionali, che si svolgono durante tutto l’anno.

“Abbiamo organizzato laboratori e iniziative dedicati a bambini e ragazzi delle scuole, coinvolto i migranti del centro di accoglienza e dato vita a partnership con realtà internazionali, istituzionali e non. Ora vorremmo continuare a crescere, trovare i fondi per aprire un centro culturale con una biblioteca, una sala studio, uno spazio per registrare musica e una sala prove per chi fa teatro. Tutte cose che mancano, in questo momento, e che ci piacerebbe offrire alla comunità. Vogliamo porci come un esempio di buona gestione culturale in un contesto dove manca del tutto”.

Il cinema e la cultura quindi si presentano come un pretesto, un’occasione e un punto di partenza sul quale costruire davvero il futuro di un territorio. Questo è solo uno, per fortuna, dei tanti esempi virtuosi di come i centri storici delle nostre città di provincia possano intraprendere una seconda vita, diversa rispetto alla tendenza – apparentemente incontrovertibile e accentuata dalla pandemia – di desertificazione e abbandono.

Solo nei centri storici dei centodieci capoluoghi di provincia e di altre dieci città di media ampiezza, secondo lo studio Confcommercio Demografia d’impresa nelle città italiane, nel 2021 si registrerà un crollo del 17% del commercio al dettaglio e, per la prima volta da due decenni, la perdita di un quarto delle imprese di alloggio e ristorazione, con un conseguente abbassamento della qualità della vita dei residenti e un minore appeal turistico.

Alatri, gli studenti cinesi imparano l’italiano e ridanno vita al centro storico

Un’altra storia interessante è quella che prende vita ad Alatri, in provincia di Frosinone, dove l’Associazione Gottifredo (oggi impresa sociale) ha intercettato i flussi di studenti provenienti soprattutto dalla Cina che vengono in Italia per studiare materie di carattere artistico. Unendo l’utile a un progetto di riqualificazione della città, è nata una scuola permanente di lingua italiana che prepara gli studenti cinesi ad affrontare gli esami di ammissione presso le università e gli istituti AFAM (Istituzioni dell’Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica).

Oggi la scuola, attiva dal 2016, nonostante le immaginabili difficoltà logistiche – dovute ai rapporti internazionali e alla pandemia – conta circa trenta studenti cinesi che vivono nella città per nove mesi in appartamenti che molto probabilmente resterebbero sfitti. Abitano il centro storico e danno vita a una vera e propria economia che alimenta l’intera collettività.

“Il primo anno – commenta Rossella Sgambato, direttrice della scuola “IoStudioItaliano” – è stata una novità, nessuno si aspettava un simile movimento. Siamo riusciti a dare continuità al progetto, e il fatto che i numeri crescano lascia sicuramente ben sperare. Adesso stiamo lavorando su un duplice fronte: da una parte vogliamo dialogare con altre realtà internazionali, convinti che lo studiare in una piccola città, in un certo senso, faciliti l’inserimento dei ragazzi e possa garantire loro un’assistenza più ampia rispetto al solo tutoraggio scolastico; dall’altra vogliamo potenziare il livello di integrazione, perché parliamo di culture molto differenti dalle nostre, quindi far arrivare gli studenti significa aver fatto solo metà del lavoro”.

E se trenta studenti stranieri, nel contesto ampio di una metropoli, lasciano una traccia trascurabile dal punto di vista finanziario e culturale, quando si concentrano in una piccola realtà sono in grado di cambiare l’assetto e la percezione di un luogo.

“Il vero problema per noi – continua Sgambato – è legato ai trasporti e alle infrastrutture. Gli studenti hanno difficoltà anche per raggiungere l’università o per andare al McDonald’s”.

Irsina, dove gli stranieri insegnano come rinascere

Infrastrutture che invece, dove presenti, rappresentano un asset fondamentale per la “seconda vita” di centri storici come quello di Irsina, in provincia di Matera e a pochi chilometri dall’aeroporto di Bari.

“Il centro storico – ci racconta Giuseppe Candela, Assessore alla Promozione turistica e territoriale – di colpo si è ritrovato deserto. Oggi ci sono più irsinesi in Emilia che qui”. Questo perché la città lucana fino a metà degli anni Sessanta poteva contare su una popolazione di ben 12.000 abitanti, che oggi si è ridotta a poco più di 4.000. Poi, grazie a un lavoro di promozione online targettizzato su un pubblico straniero di età avanzata, complice l’accessibilità dei costi e l’appeal del clima, il centro storico ha intrapreso un percorso di rinascita. Ad oggi infatti circa settanta famiglie, in maggioranza di provenienza belga, hanno acquistato un immobile e vi abitano in modo stabile, o per lunghi periodi durante la stagione estiva.

“Le abitazioni più belle – continua l’assessore – sono le loro, e questo crea un movimento inestimabile. Noi abbiamo delle ricchezze storiche e architettoniche di rilievo, ma un bel centro storico incentiva anche un turismo nazionale. Sono stati proprio gli stranieri che, scegliendo di vivere qui, ci hanno insegnato come e cosa restaurare. È a loro che dobbiamo la bellezza di Irsina”.

“Il nostro compito è quello di creare un ambiente quanto più inclusivo possibile con attività, iniziative e politiche che incentivino l’integrazione e l’arrivo di nuove famiglie. L’agenzia che ha coordinato la prima campagna promozionale non era neppure di Irsina; adesso abbiamo la responsabilità di proseguire in questa direzione”.

Non ho menzionato che guarimba è una parola che per gli indios venezuelani significa “posto sicuro”. L’augurio allora è che tutti i centri storici possano diventare, o tornare a essere, un po’ guarimbere, aprendosi alle culture di altri Paesi e con la consapevolezza che quello che hanno è un patrimonio ereditato da tutelare e valorizzare con idee e progetti che vanno oltre gli affitti a un euro.

In copertina il festival internazionale del cinema di Amantea

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