Il postino rinnova sempre a due mesi

I rider della posta: su 25.000 postini, 10.000 hanno contratti a tempo determinato, nessuno straordinario e scarse tutele, e vengono messi da parte dopo dodici mesi. L’analisi di Carmine Pascale del movimento “Lottiamo insieme”, che chiede la stabilizzazione degli iscritti in graduatoria, senza il supporto dei sindacati

06.03.2024
Un postino di Poste Italiane durante la consegna

Stabilizzare tutte le precarie e tutti i precari di Poste Italiane. Questo il tema della conferenza stampa alla Camera dei deputati dello scorso 20 febbraio. L’incontro, promosso dall’onorevole Soumahoro, è stato fortemente voluto da “Lottiamo insieme”, movimento fondato – appunto – da alcuni lavoratori precari di Poste Italiane. Un movimento nato con l’obiettivo di promuovere occupazione stabile per tutte le persone che, in azienda e già in graduatoria, attendono da tempo la conferma a tempo indeterminato. Una protesta forte, ufficialmente non appoggiata dalle sigle sindacali interne (definite dagli organizzatori addirittura complici), che lamenta un modus operandi discutibile da parte di un colosso che vede lo Stato come partecipazione maggioritaria.

E in effetti, a guardare i numeri rilevati dalla relazione finanziaria 2022 del gruppo, i contratti a tempo determinato sfiorano quota diecimila, fermandosi al totale complessivo di 9.442. Un valore assoluto importante, magari non così d’impatto sull’organico generale di Poste, che supera le 120.000 persone assunte. Quel che stupisce, però, è che nella sostanza la quasi totalità dei precari si conta nel business della corrispondenza, pacchi e distribuzione. In una parola: i postini.

Si tratta di un servizio di certo in crisi e in perdita, che peraltro tra le sue fila annovera la fascia di popolazione più bisognosa di risposte. E il sindacato, su quale fronte si impegna? È di inizio anno la notizia della piattaforma varata da SLP CISL, SLC CGIL, Uilposte, CONFSAL, FAILP CISAL e FNC UGL, ovvero le sei sigle presenti all’interno dell’organizzazione. La proposta prevede, per tutti i lavoratori, un aumento di 260 euro e riduzione oraria (una sorta di settimana corta a parità di salario) come elementi principali per il rinnovo del contratto, scaduto a fine 2023. Nessun cenno, o almeno non ne se parla tra gli argomenti preminenti, alla stabilizzazione dei contratti a termine.

Decido quindi di raccogliere la testimonianza di Carmine Pascale, portalettere in forza a Pistoia tra marzo e aprile 2022. Due soli mesi di esperienza, sufficienti per supportare “Lottiamo insieme” e intraprendere una vera e propria battaglia nei confronti di un sistema, a sua detta, ingiusto e in alcuni frangenti illegale.

La flessibilità di Poste Italiane: postini con contratti a due mesi e zero straordinari

“Il meccanismo alla base è più o meno sempre il medesimo, ed è la sorte toccata anche a me. Poste ti assume con un contratto di due o tre mesi, con un programma di rinnovi orientato a sfruttare tutti i dodici mesi previsti dal Decreto Dignità. In ogni caso, raggiunti i dodici mesi, il rischio di rimanere a casa è elevato, o almeno questo è quello che abbiamo riscontrato dalle storie di tanti colleghi. Ecco, nei primi mesi di assunzione se il lavoratore si comporta bene è probabile che raggiunga il rinnovo del contratto. Per comportarsi bene intendo rinunciare all’esercizio dei propri diritti: non chiedere il pagamento di eventuali ore straordinarie, niente ferie, totale flessibilità.”

Flessibilità? “Mi è capitato, a volte, di arrivare puntuale sul luogo di lavoro ma di dover attendere il motorino anche due o tre ore. Ore che non venivano corrisposte. Il risultato è che per completare il lavoro di consegna richiesto, arrivavo a svolgere anche 45-50 ore settimanali contro le 36 da contratto. Qui parliamo di cottimo, più che di prestazione settimanale. A questa situazione mi sono opposto”.

Con il risultato che il rapporto di lavoro si è concluso. “Ho lavorato due mesi e poi non sono stato rinnovato. Non ho chiesto la motivazione ufficiale, ma immagino che la ragione sia legata al fatto che fin da subito mi sono fatto sentire per il rispetto dei miei diritti. E non solo per la questione retributiva, parlo anche di sicurezza sul lavoro. Motorini con freni non efficienti, specchietti non fissati, bauli scassati. Altri mezzi incidentati, con danni, con cavalletti instabili. Non il massimo per chi deve prestare servizio nel traffico quotidiano”.

Una prassi utilizzata anche negli altri uffici postali? “Assolutamente no, tanti colleghi mi hanno riferito di non aver riscontrato questa tipologia di criticità. Altri invece confermano: pacchi legati in modo improbabile, stracarichi. Abbiamo portato tutte le foto all’Ispettorato del lavoro. La prassi dello straordinario, invece, è comune a tutti. E parlando di sicurezza del lavoro, se la condizione del parco mezzi non è trasversale, l’ansia e lo stress di raggiungere il risultato sì. E per un precario non aiuta, a maggior ragione se si lavora sulle strade”.

Una situazione diffusa con vertenze da tutta Italia

Dopo la tua denuncia che è successo? “La mia vertenza ha avuto esito positivo e le ore non pagate sono state poi corrisposte, nonostante il ricorso dell’azienda contro la diffida dell’ispettorato del lavoro. Poste sosteneva di non aver mai autorizzato il lavoro eccedente. Però qui si tratta di prassi, autorizzazione di straordinario implicito: le timbrature le vedevano. Comunque, a seguito del mio caso sono stato contattato da più persone e tutti hanno presentato vertenza all’ispettorato. Poste, per rimanere nel giusto, avrebbe dovuto richiamare i lavoratori al rispetto dell’orario e non avallare una condizione simile”.

Queste persone rappresentano casi isolati? “Assolutamente no, sono arrivate vertenze al mio avvocato da tutta Italia e tutte per lo stesso problema. La domanda che pongo è sempre la stessa: per ogni lavoratore che denuncia, in quanti non denunciano? Dati alla mano sono circa diecimila i tempi determinati in graduatoria, ma per poter accedere occorre maturare almeno sei mesi di servizio. E chi non li raggiunge, come me? La verità è che una parte di questi dipendenti flessibili serve per sopperire alla carenza di personale stabile”.

E a proposito di flessibilità, il periodico QuiFinanza è uscito il 4 febbraio scorso con la notizia che probabilmente Poste Italiane consegnerà presto i pacchi anche la domenica e nei giorni festivi, per soddisfare il carico di e-commerce richiesto dalla clientela. Un piano industriale che dovrebbe essere presentato a fine marzo e al cui interno sarà chiesta maggiore flessibilità ai 25.000 postini in forza. Aspetto da discutere, si cita, nel rinnovo del contratto scaduto a fine 2023.

La rincorsa “flessibile” agli e-commerce: i postini chiedono la stabilizzazione degli iscritti alle graduatorie

Fosse vero, bisognerebbe mettere nero su bianco la continua rincorsa a colossi come Amazon, la cui corsa spasmodica alla soddisfazione del cliente rischia di penalizzare chi sta dall’altra parte, ovvero i lavoratori. Ma soprattutto, se su 25.000 postini quasi uno su due è a tempo determinato, come si sostiene uno sforzo del genere? Gli annunci di lavoro solitamente parlano di assunzioni con contratti a termine per i portalettere in considerazione di picchi, sostituzione di personale assente o specifiche necessità. Di certo, però, in controtendenza con un piano così ambizioso, che dovrebbe prevedere almeno la stabilizzazione di chi sta in graduatoria.

“L’accordo con le parti sindacali prevede una percentuale di contratti a termine sul totale dei lavoratori. Sul numero assoluto non è un valore così importante, peccato sia concentrato tutto sui portalettere. Nel mio caso, quello pistoiese”, continua Pascale, “eravamo più del 30%. Ecco perché credo che la battaglia del nostro movimento sia giusta, e la stiamo portando avanti anche con interrogazioni parlamentari, chiedendo la stabilizzazione del personale in graduatoria”.

Senza il supporto del sindacato. “Le sei sigle presenti dentro Poste Italiane hanno dimostrato vera sofferenza per questa iniziativa. Noi li abbiamo contattati, anche più volte, per denunciare il nostro inquadramento e per chiedere chiarimenti in proposito. Il risultato è che nessuno si è pronunciato”.

Mentre Carmine nel frattempo che fa, il sindacalista non ufficiale? “Il mio obiettivo non era lavorare in Poste Italiane per la vita. Io devo continuare a studiare, a costruirmi un futuro. Per mantenermi sono finito in questa situazione e ora la vivo attraverso il movimento. Una situazione che è andata peggiorando dalla prima tranche di privatizzazione, sotto il governo Renzi. L’impatto principale, ripeto, l’ha subito il servizio del recapito, da lì l’aumento considerevole al ricorso dei contratti a termine”. E una stabilizzazione, per molti, ancora lontana.

 

 

 

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Photo credits: ticonsiglio.com

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