È la prima volta in 125 anni dalla sua fondazione. All’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale non si era mai vista una simile scorciatoia per ridefinirne i vertici; neppure quando nel 2018 l’allora presidente Tito Boeri elargiva critiche costanti al governo Lega-5 Stelle, guadagnandosi le forti antipatie del ministro dell’Interno del tempo, Matteo Salvini.
Basta controllare la storia dell’INPS per capire che Tridico dice il vero: tra i presidenti dell’istituto si vedono dimissioni, nomine e avvicendamenti ogni quadriennio, ma mai una deposizione eterodiretta.
“Un atto immotivato che mi ha sorpreso. L’INPS è in salute, funziona e in questi anni ha rappresentato l’unica stabilità nel mondo del lavoro”, prosegue Tridico, che di mestiere fa e tornerà a fare il docente universitario in ambito economico. La sua gestione dell’ente aveva avuto inizio nel 2019 e si era articolata lungo il periodo pandemico, non senza difficoltà; ad esempio le critiche, che oggi si possono definire frettolose, in occasione del click day del 1 aprile 2020, con cui lo Stato elargiva un bonus di 600 euro ai lavoratori autonomi e alle partite IVA in sofferenza. La prima a diffonderle era stata Giorgia Meloni, al tempo all’opposizione.
L’istituto giuridico dello spoils system serve a garantire ai governi un margine di scelta riguardo la continuità o il rinnovamento di un numero ristretto di cariche, quasi tutte di natura politica. Tra queste non figura la presidenza dell’INPS, che è stato “riformato” insieme all’INAIL – precisa il Governo con una perifrasi che agenzie e giornali hanno copiato pari pari – per “garantire una maggiore funzionalità degli enti di previdenza con un’adeguata distribuzione delle competenze”.