L’Italia razzista non è quella di Salvini

La Lega di Matteo Salvini, con una buona dose di propaganda separatista e tanta spregiudicatezza demagogica, sostiene che i lavoratori stranieri portino via il lavoro agli italiani. Certo, se così fosse, disaggregando i dati sulla disoccupazione tra italiani e stranieri, l’occupazione di questi ultimi dovrebbe crescere. Le cose invece non stanno così. Abbiamo scoperto che […]

La Lega di Matteo Salvini, con una buona dose di propaganda separatista e tanta spregiudicatezza demagogica, sostiene che i lavoratori stranieri portino via il lavoro agli italiani.

Certo, se così fosse, disaggregando i dati sulla disoccupazione tra italiani e stranieri, l’occupazione di questi ultimi dovrebbe crescere. Le cose invece non stanno così. Abbiamo scoperto che i numeri che caratterizzano il mercato del lavoro nell’ultimo decennio sono totalmente diversi da quelli che vorrebbero i nemici dell’integrazione per giustificare le loro politiche di respingimento della mano d’opera straniera. Di recente l’Istat ha presentato un rapporto, assai interessante ed eloquente ma molto trascurato dalla stampa, sull’integrazione di stranieri e naturalizzati nel mercato del lavoro in Italia che ci fornisce un quadro per nulla consolante per gli stranieri.

La rilevazione mette a confronto dati del 2008 con quelli del secondo semestre del 2014. Malgrado permanga il fenomeno per il quale gli italiani rifiutano i lavori più usuranti che finiscono così per ricadere sui lavoratori stranieri, i numeri ci dicono che per la manodopera straniera le cose si mettono molto peggio che per gli italiani.

Vediamo qualche cifra. “Nel secondo trimestre 2014 gli stranieri rappresentano l’8,6% della popolazione residente di 15-74 anni, i naturalizzati italiani l’1,3%.
La ricerca di un lavoro è il motivo della migrazione in Italia per il 57% degli stranieri nati all’estero e per un terzo dei naturalizzati. Tra il secondo trimestre 2008 e il secondo 2014, sebbene la quota di lavoratori stranieri sul totale degli occupati sia passata dal 7,0% al 10,4%, il tasso di occupazione ha subìto una costante contrazione con un deterioramento più accentuato rispetto ai tassi riferiti agli italiani dalla nascita e ai naturalizzati.
La caduta dell’occupazione, soprattutto nei settori a prevalenza maschile, ha comportato un maggiore calo per gli uomini, ma di diversa intensità nei tre collettivi.
Il tasso di occupazione della popolazione straniera è diminuito nei sei anni di 6,3 punti, riduzione molto più ampia rispetto ai -3,3 punti rilevati per gli italiani dalla nascita e ai -3,0 punti per i naturalizzati.

In relazione al genere, la diminuzione è di -11,7 punti per gli uomini stranieri (-5,7 gli italiani dalla nascita, -10,7 i naturalizzati) e di -1,1 punti per le donne (-0,9 le italiane, -0,7 le naturalizzate)” Il rapporto analizza anche altri aspetti: “Nel secondo trimestre 2014, il 59,5% degli stranieri ha trovato lavoro grazie al sostegno della rete informale di parenti, conoscenti e amici (38,1% i naturalizzati, 25% gli italiani). Il 29,9% degli occupati stranieri 15-74enni dichiara di svolgere un lavoro poco qualificato rispetto al titolo di studio conseguito e alle competenze professionali acquisite, percentuale che scende al 23,6% tra i naturalizzati e all’11,5% tra gli italiani.

Polacche, ucraine, filippine, peruviane, moldave e romene sono le più penalizzate. Non essere italiano dalla nascita rappresenta un ostacolo per trovare un lavoro, o un lavoro adeguato, per il 36,2% degli stranieri e il 22% dei naturalizzati. La scarsa conoscenza della lingua italiana (33,8%), il mancato riconoscimento del titolo di studio conseguito all’estero (22,3%) e i motivi socio-culturali (21,1%) sono i tre ostacoli maggiormente indicati dal campione intervistato”.

Anche l’aumento del tasso di disoccupazione, che ha riguardato tutti, si è rivelato particolarmente intenso per gli stranieri e i naturalizzati. “Per i primi l’indicatore è passato dal 9,0% del secondo trimestre 2008 al 16,1% del secondo 2014 (con un gap di 4,4 punti rispetto al tasso degli italiani dalla nascita, in aumento dal 2008 quando era di 2,5 punti); per i secondi dal 10,7% al 17,6% (gap di 5,9 punti rispetto a quello degli italiani dalla nascita, anch’esso in aumento rispetto a sei anni prima quando era di 4,2 punti).

L’aumento dell’indicatore, seppure diffuso in entrambe le componenti di genere, ha colpito soprattutto gli uomini. Inoltre, la composizione della disoccupazione di stranieri e naturalizzati per ruolo in famiglia mostra ancora un profilo molto diverso da quello italiano, sebbene in costante avvicinamento, con una predominanza della quota di genitori (41,3% tra gli stranieri e 56,4% tra i naturalizzati, contro il 36,3% tra gli italiani dalla nascita) e una più bassa percentuale di figli (16,6% e 24,7%, contro il 45,6%)”.

Il complessivo peggioramento della condizione lavorativa degli stranieri, si legge nel rapporto, non ha riguardato con la stessa intensità tutte le comunità, in ragione della composizione di genere e dell’inserimento in specifici settori di attività. Sebbene nei sei anni tutte le principali comunità abbiano registrato un calo nel tasso di occupazione, la crisi ha avuto ripercussioni particolarmente pesanti sui marocchini, prevalentemente occupati nell’industria in senso stretto e nel commercio e il cui tasso di occupazione è sceso di oltre 17 punti, e sui bengalesi, impiegati soprattutto negli alberghi e ristorazione e il cui tasso è diminuito di oltre 10 punti.

Significative riduzioni si sono registrate anche per indiani, albanesi e rumeni, occupati in prevalenza nell’industria. Una maggiore tenuta ha invece riguardato i cinesi, per lo più indipendenti e inseriti in attività commerciali, il cui tasso di occupazione è sceso di appena 1,2 punti, dovuto alla crescita della componente maschile. Anche filippini, peruviani e moldavi hanno subìto contrazioni di modesta entità nei tassi di occupazione, ma in questo caso la tenuta è stata appannaggio delle donne, collocate quasi sempre nei servizi alle famiglie.

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