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Nest, la t di teatro alla periferia di Napoli
A Napoli un teatro di periferia sottratto al degrado e un progetto che premia giovani attori garantendo loro una produzione: succede al Nest
Ogni volta che pensavo a Il sogno di un uomo ridicolo di Dostojevski, per me in testa c’erano sempre stati solo Gabriele Lavia e il ricordo di lui in scena che saranno passati almeno vent’anni. Finché è arrivata Annamaria Troisi al Nest Napoli Est Teatro e le sono bastati i primi dieci secondi sul palco – intorno a lei il nero assoluto – per farmi dire basta a quel ricordo: Tieni famme? Beata a te, i’ tengo sempe famme! Ma ci sapimmo? E allora che guarde a ffà?.
Porta in scena Ridicola, rilettura del grande classico, quasi tutto in un napoletano che se non ci fosse sarebbe una storia banale. “Avevo scritto tutto in italiano, all’inizio, ma ho capito subito che non funzionava, non arrivava”, racconta.
Salernitana, 36 anni, non più giovane e certo non ancora vecchia per usare le categorie ingrate del mondo che va di fretta e non fa che incassettarci tutti. Negli occhi le friggono acqua e fuoco insieme e il suo recitare ha bisogno di uscire fuori, cerca aria a bilanciare gli altri elementi. Non è un caso che il giorno dopo decreteranno lei vincitrice di OVER/Emergenze teatrali, progetto nazionale dedicato al sostegno e alla promozione di compagnie emergenti a cura di Argot Produzioni in networking con Nest Teatro, Fertili Terreni Teatro e PimOff.
È la serata che fa da cerniera e da anteprima alla stagione ufficiale del Nest.
Al telefono, quando prenoto il biglietto, mi dicono che il Comune di Napoli ha messo a disposizione una navetta Polibus: se voglio, raggruppano il pubblico e lo accompagnano andata e ritorno in via Martirano, ex scuola Giotto/Monti, in zona San Giovanni a Teduccio. Si raccomandano “puntuali alle diciannove e quindici, al massimo diciannove e venti, che poi partiamo. L’appuntamento è in piazza Bovio, all’altezza della fermata Metro Università”.
Per indicare la zona in cui ha messo in campo la sua battaglia, il Nest si è messo nel nome il punto cardinale della città. Un quartiere caldo di cui da anni provano a raffreddare l’immaginario da vecchia periferia puntellata di violenza, e ci stanno riuscendo, ci sono già riusciti. Proprio perché il disagio di vivere fa la voce più grossa di notte, il Nest è nato anche per abbassare i toni. I fondatori della compagnia hanno partorito il teatro dentro la palestra di una scuola abbandonata sottratta al degrado; era il 2007 quando lo spettacolo Gomorra di Roberto Saviano e Mario Gelardi, Vincitore del Premio Gli Olimpici del Teatro di quella edizione, iniziò a girare in tutta Italia fino in Europa. Allora Giuseppe Miale di Mauro insieme agli attori Francesco di Leva e Adriano Pantaleo, protagonisti di Gomorra, sentirono suonare la campana perché era tempo di mettere in fila tutti i pezzi di un rosario laico e civile. Partì l’attivismo, poi la spinta dei giovani che iniziarono a collaborare e che oggi sono tanti, mossi dal bisogno di uscire allo scoperto in nome dell’arte che si aggrega e della cultura che vuole guardare il sole in faccia anche di sera, anche se è buio. Si sente che hanno sdoganato paure e anonimato. La platea nuova di zecca è stata appena realizzata con una raccolta fondi attivata la scorsa estate sui social e gli attuali cento posti di tessuto rosso danno ragione allo slogan usato per la campagna: senza segge nun se fa teatro.
A fine serata, mentre torno alla navetta, mi accosto a un ragazzo del teatro che ci accompagna, ho ancora in testa la voce della Troisi e il pile con cui ha recitato, volutamente dozzinale, e con cui ha governato il monologo di una prostituita divisa tra il dolore proprio e l’inerzia comune con cui giudichiamo tutto e tutti. Il ragazzo mi guarda e chiarisce subito che lui non è tra i fondatori e che magari non saprebbe darmi tutti i dettagli della storia con cui è stato messo in piedi il Nest. “A me basti tu”, gli rispondo, “sei tu, con gli altri giovani attori, che date un senso a chi l’ha fondato”. Mi dice che dopo due giorni andrà in scena con gli altri, si chiamano i Giovani ‘ONest. Giuseppe Cirillo è il secondo nome che mi porto a casa.
Risalgo, mi siedo in un posto diverso dall’andata, l’autista fa l’appello. Qualcuno, in fondo, commenta a bassa voce che forse il pile non era adatto e che l’immaginario della prostituta andrebbe un po’ rivisto, “lei però bravissima”. Si capisce che parlano perché hanno esperienza, a tratti però mi sa un po’ di spocchia, ma Annamaria Troisi, così come il Nest, hanno bisogno di esprimersi per la fiamma che hanno dentro da giovani e per il mondo che immaginano adesso, alla faccia della perfezione.
Ho chiara una certezza: il Nest è un’adolescenza che sta crescendo bene, ha tutto il tempo davanti. Lui e la Troisi, a pensarli vicini, si somigliano proprio.
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