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Puglia: abusivismo non può far rima con turismo
In Puglia un turista ne vale cinque: i dati della regione fanno emergere una quantità spaventosa di strutture ricettive abusive. Una situazione in via di risoluzione grazie al sistema C.I.S. e alla nascita dell’Associazione Extralberghiero Puglia.
La prossima o nuova normalità del turismo in Puglia è sintetizzabile in un acronimo: C.I.S. È il Codice Identificativo di Struttura, la cui adozione è diventata obbligatoria, per scelta del Consiglio regionale, a marzo del 2020 con il preciso intento di contrastare l’abusivismo dilagante nel settore della ricettività extralberghiera, quello dimostratosi più dinamico in termini di crescita e più vocato alla rinascita post pandemica.
È stato grazie a questa decisione che le strutture monitorate e “identificate” sono arrivate a superare le 22.000 unità, il triplo di quelle – 7.950 con poco più di 284.000 posti letto – inserite nel sistema SPOT per la segnalazione di arrivi, partenze e permanenze. La conseguenza, non ancora verificata quantitativamente dalla Regione Puglia eppure percepita dagli operatori, è un taglio netto agli abusi rilevati statisticamente nel 2016 e che indicavano gli arrivi effettivi in Puglia di 5,16 viaggiatori per ognuno di quelli censiti.
“Un problema serissimo”, rileva Patrizia Migailo, imprenditrice di Polignano a Mare e portavoce dell’Associazione Extralberghiero Puglia, in cui si radica anche “la diffusione del lavoro nero e grigio”, gli fanno eco dalla FILCAMS-CGIL di Capitanata.
Puglia, se un turista ne vale cinque. La diffusione delle strutture ricettive abusive
A comprendere la serietà e il valore di questo problema ci aiutano i dati delle ultime stagioni pre COVID.
Nel 2019, appunto, sono arrivati in Puglia 4,2 milioni di viaggiatori (+4% rispetto al 2018) che hanno generato 15,5 milioni di giorni di presenza (+2% sul 2018, con una permanenza media pari a 3,7 giorni). Assai significativo l’incremento dell’incoming internazionale: +60% dal 2015 al 2019 e +44% dei pernottamenti (fonte: Pugliapromozione / Regione Puglia).
Incrociando le rilevazioni, le proiezioni dell’Università di Venezia Ca’ Foscari e dell’istituto Intesa San Paolo emerge che il turismo pesa per la Puglia 8,915 miliardi in valore aggiunto, pari al 4,3% del valore aggiunto regionale (3,9% media Italia), e occupa 135.000 unità in 52.000 imprese della filiera turistica, ossia il 10,9% dei lavoratori pugliesi (dati del 2018). E in aree del Salento e del Gargano queste percentuali possono raddoppiarsi o triplicarsi.
La pandemia, ha stimato Intesa San Paolo, ha provocato nel 2020 il crollo della domanda turistica di oltre il 43% (-52,4% dato nazionale), soprattutto a causa della scomparsa di turisti stranieri: -70,2%. Il fatturato del comparto quindi si è quasi dimezzato, e ha prodotto un impatto negativo sul Pil regionale dello 0,66% (Italia -1,48%).
Ora, tornando all’abusivismo e adottando il moltiplicatore del 2016, dobbiamo dedurre che i viaggiatori presenti in Puglia nel 2019 fossero più di 16 milioni. Per intenderci: un quarto dell’intera popolazione italiana. Non tutti, ovviamente, sono da considerarsi veri e propri turisti; la gran parte lo è senz’altro e resta da capire dove abbia alloggiato.
“È accaduto che molti, troppi abbiano pensato che bastasse essere proprietari di una casa in un luogo turistico per diventare gestori di una struttura ricettiva”, commenta Patrizia Migailo, “mentre organizzare e fare accoglienza è tutt’altra cosa”.
Ignoranza e leggerezza indirettamente sostenute dagli enti erogatori di finanziamenti – Regione Puglia, Gruppi di Azione Locale, Invitalia ecc. – che “hanno favorito la diffusione di piccoli e piccolissimi bed & breakfast poco o per nulla monitorati”, aggiungono dalla FILCAMS foggiana, “in cui si arriva all’evasione totale degli obblighi relativi al lavoro e al fisco”.
Turismo, in Puglia la ripartenza è all’insegna della personalizzazione
Come troppo spesso accade, un’opportunità di crescita e sviluppo produce anche le scorie tipiche dell’economia illegale.
E si torna al Codice Identificativo di Struttura, ultima evoluzione di una normativa che già nel 2013 ha trasformato i bed & breakfast in imprese a tutti gli effetti e ha introdotto, nel 2018, l’obbligo della partita Iva anche per gli affittacamere. “L’obiettivo assolutamente condivisibile è far emergere e rendere riconoscibile l’intero universo dell’accoglienza”, afferma Patrizia Migailo, per favorire “maggiore consapevolezza delle opportunità” offerte proprio a questo segmento della filiera turistica.
L’Associazione Extralberghiero Puglia, non per caso, nasce all’inizio del 2021 aggregando 235 imprese che gestiscono circa 3.000 posti letto praticamente in ogni zona turistica della Puglia a eccezione del Gargano; lacuna che sarà prestissimo colmata con “l’adesione di un’associazione di imprenditori di Vieste”.
A fare da collante è stata la necessità di far rilevare alla Regione Puglia le peculiarità di queste strutture rispetto a quelle alberghiere al momento della definizione dei protocolli di sicurezza e sanificazione. “La gran parte di noi opera nei centri storici, riqualificati e rivitalizzati anche grazie alla nostra presenza – spiega Migailo – per cui ci risulta davvero impossibile rispettare le prescrizioni previste per alberghi o villaggi con centinaia di camere, enormi spazi comuni e rotazioni scaglionate”.
L’interlocuzione con i decisori politici ha favorito l’aggregazione degli operatori e rafforzato in loro il concetto di personalizzazione dell’accoglienza: “Abbiamo incrementato i fattori di autenticità, assecondando la domanda di sicurezza e fondando la nostra ‘nuova normalità’ sulla maggiore qualità dei servizi tanto all’interno delle strutture quanto nell’organizzazione delle esperienze di conoscenza del territorio”.
La crisi del comparto turistico pugliese: migliaia di lavoratori a rischio licenziamento
Proprio i B&B sembrano essere i luoghi ideali per accogliere i viaggiatori interessati a mete, attività e date alternative a quelle offerte dalla filiera della balneazione, più affollata e meno attrattiva in costanza di pandemia. Sono strutture “più sostenibili sotto ogni profilo” e dotate della flessibilità operativa necessaria a soddisfare richieste individuali. A partire dalla voglia di viaggiare ‘fuori stagione’: “noi siamo fermi, mediamente, 4 mesi all’anno e dobbiamo puntare a ridurre questo periodo continuando ad investire nella destagionalizzazione e nella formazione”.
Su questo punto, la convergenza con chi rappresenta i lavoratori è totale: “Sono necessari maggiori investimenti nella formazione e programmi formativi allineati alle esigenze emerse lo scorso anno a causa della pandemia, a partire dall’alfabetizzazione digitale”,commentano alla FILCAMS-CGIL di Capitanata, “altrimenti si rischia di tagliare fuori un numero consistente di lavoratori oggi in cassa integrazione e fortemente a rischio di espulsione dal mercato del lavoro non appena terminerà il blocco dei licenziamenti”.
Già la varietà delle figure contrattuali ha provocato non pochi problemi ai lavoratori collocati in cassa integrazione (“Alcune categorie hanno percepito anche meno del 50% della retribuzione e non l’80% come avrebbe dovuto essere”); ora si teme la chiusura di centinaia d’imprese della filiera, in particolare nel settore della ristorazione, e il licenziamento o la non assunzione di migliaia di lavoratori.
Il rilancio? Esiste solo fuori dall’abusivismo
Come evitarlo? Risolvendo i “problemi normativi esistenti a livello regionale che impediscono l’attivazione dei veri e propri alberghi diffusi”, indica Patrizia Migailo, “che hanno un’enorme potenzialità in termini di accoglienza e occupazione”, oltre a contribuire alla riqualificazione di borghi e quartieri storici ormai abbandonati catalizzando investimenti anche in termini di servizi alla popolazione residente. E continuando a contrastare l’abusivismo utilizzando il C.I.S. L’AEP ha già proposto di “apporlo sull’insegna della struttura e su tutto il materiale promozionale per comunicare immediatamente al turista che si tratta di un luogo in cui si offre un’accoglienza professionale ed evitargli brutte esperienze che si traducono in pubblicità negativa per noi tutti”.
La FILCAMS foggiana arriva a ipotizzare un accordo, promosso dalla Regione Puglia, con le grandi piattaforme di vendita online: “A maggior ragione, ora che si devono rispettare i protocolli sanitari anti COVID, dovrebbero richiedere alle strutture di pubblicare il codice identificativo per garantire la loro regolarità”.
Il turismo affronta una fase molto delicata, in cui conta molto il rapporto fiduciario tra chi viaggia e chi accoglie i viaggiatori; per cui, oggi più che in passato, “non possiamo permetterci i rischi connessi alla liberalizzazione selvaggia”.
Foto di copertina: credits Lamiapuglia.com
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