“Nel nostro territorio, nella zona più caratterizzata dalla povertà educativa, stiamo intorno all’80% di ragazzi che abbandonano gli studi”, racconta amaramente Francesco Di Giovanni, fondatore e coordinatore generale del Centro Tau, struttura nel quartiere Zisa di Palermo, a due passi dal centro storico, che dal 1988 accoglie bambini, adolescenti e giovani dai cinque ai venticinque anni e combatte la povertà educativa e la dispersione scolastica. Il centro organizza attività e corsi professionalizzanti per ragazzi e ragazze. Molti di loro si sono ritrovati fuori dai percorsi educativi.
Per l’operatore, la strada che dalla nascita porta alla vita lavorativa nel quartiere dove si svolgono le attività del centro – e più in generale nelle zone periferiche e più depauperate – è paragonabile a una scala “in cui però i primi gradini delle scuole dell’infanzia risultano segati, mentre quelli successivi, ossia le elementari o le medie, sono traballanti”. E dunque, man mano che si va avanti, “la scala si trasforma in una pertica impossibile”. Questa situazione, peraltro, aggiunge Di Giovanni, “rende i minori preda di lavoro nero e criminalità organizzata”.
Alle medesime conclusioni era già arrivata nel 2021 l’inchiesta sulla condizione minorile in Sicilia condotta dalla Commissione regionale Antimafia, che aveva evidenziato in alcuni quartieri periferici punte di evasione scolastica anche del 50-60% e indici di dispersione riferiti dai Tribunali per i minori tra i più alti d’Europa, “con un picco drammatico nel passaggio tra la scuola media e le superiori”.
“La condizione minorile nelle periferie siciliane è ostaggio di un disagio antico e irrisolto. Ragazze e ragazzi che vivono la propria vulnerabilità potendo contare solo sulla presenza della scuola: a volte accettata, a volte subita, spesso rifiutata”, si legge nella introduzione della relazione. “Dove non arriva l’offerta formativa e educativa dello Stato spesso arriva la criminalità organizzata, con un sistema di seduzioni, valori e reclutamenti che segna per sempre il destino di questi minori”.
Per i commissari, “l’ascensore sociale nelle periferie siciliane si è fermato ai piani alti”.
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