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Aedicola Lambrate cerca un nuovo modello di lettore
Ci sono sempre meno edicole: sono 16,5% in meno dal 2019 al 2023, circa 2.700. Ma a Lambrate si attiva un progetto di riapertura: l’edicola trova un nuovo modello e diventa “un centro di militanza culturale”. Ne parliamo con uno dei suoi responsabili, lo scrittore pubblicitario e direttore creativo Paolo Iabichino
Ci sono parole che diventano simboli. Edicola è simbolo di incontro, confronto; anche di tempo ozioso, quello passato a sfogliare giornali e riviste alla ricerca di ciò che più ci incuriosisce o che solletica in noi nuove curiosità. Per capire quanto questo simbolo sia pregno di significato bisogna ricordarne l’etimo: aedicula è il diminutivo del latino aedes, in origine “stanza”, poi “edificio di culto”. Indica quindi un piccolo tempio, una cappella. Attraverso i secoli questa suggestione divina giunge fino all’età moderna, con il termine che assume il significato che gli diamo correntemente oggi: un piccolo chiosco in cui si vendono giornali. Non un salto dal sacro al profano, ma di sacralità per il giornalismo: “La preghiera del mattino dell’uomo moderno è la lettura del giornale”, diceva Hegel. Il cerchio è chiuso.
E allora la moria di edicole che da almeno quindici anni sta cancellando migliaia di chioschi in tutta Italia diventa quasi un’empietà. Tanto più che è la diretta conseguenza della crisi dell’editoria, in primo luogo cartacea. Una crisi dovuta a vari fattori, come i cambiamenti introdotti dalle nuove tecnologie, la trasformazione dei gusti e delle abitudini dei lettori e la capacità di saperli intercettare. Secondo Agcom e ADS (Accertamenti Diffusione Stampa) le vendite di quotidiani cartacei sono calate del 36,5% nel quinquennio 2019-2013 e di quasi il 10% solo tra il 2022 e il 2023.
Dalla crisi delle imprese del settore editoriale sono state travolte, a cascata, anche quelle che ne vendono i prodotti, le edicole in primis. Basandosi su dati Unioncamere, DataMediaHub, il sito che da ormai dieci anni raccoglie e analizza i dati relativi ai media italiani, ha calcolato che le edicole “pure” sono calate, tra il 2019 e il 2023, del 16,5%, per un totale di quasi 2.700 esercizi.
Il danno non è solo economico. Se la crisi dei giornali e dell’informazione rappresenta un pericolo per la democrazia, la chiusura di ogni edicola incarna un rischio per la collettività. Anche per chi non ci è mai entrato o non ha mai preso in mano un giornale cartaceo, ignora l’odore dell’inchiostro, non sa del nero lasciato sulle dita. Ed è un circolo vizioso, perché, se è vero che le saracinesche si abbassano perché i giornali non si leggono più, è altrettanto vero che meno edicole significano meno giornali in circolazione, quindi meno informazione, dunque meno libertà e meno spirito critico.
Paolo Iabichino e il progetto Aedicola Lambrate: a volte riaprono
C’è però chi non ci sta e non vuole rassegnarsi a vedere sparire dei pezzi di storia del territorio. È il caso di Paolo Iabichino, scrittore pubblicitario, direttore creativo, fondatore dell’Osservatorio Civic Brands con IPSOS Italia e maestro alla Scuola Holden.
Poco più di un anno fa, insieme a un gruppo di amici visionari come lui, si è lanciato in un’impresa che molti definirebbero utopistica: rilevare l’edicola di via Conte Rosso a Lambrate per restituirla al quartiere vestita di un senso nuovo e antico allo stesso tempo, quello di avamposto civile e culturale. E l’ha chiamata Aedicola Lambrate, un luogo che torna a essere sacro.
“L’esperienza di recupero dell’edicola di via Conte Rosso nasce da un mio post su LinkedIn di poco più di un anno fa. Abitavo a Lambrate da un paio di anni e ogni mattina andavo lì a prendere il giornale finché, un giorno, l’ho trovata chiusa. Così ho scritto questo post che, nel giro di poche ore, ha generato intorno a sé 40.000 tra visualizzazioni, commenti e condivisioni, più o meno tutti esprimevano il mio stesso dolore, il mio stesso senso di fallimento davanti a quella che era vissuta come una perdita culturale. A strettissimo giro mi hanno telefonato Alioscia Bisceglia, frontman dei Casino Royale, e sua moglie Martina, dicendomi di aver letto il mio post e di essere disposti a comprarla, e di poter coinvolgere anche Michele Lupi, responsabile progetti speciali del Gruppo Tod’s. Al gruppo si è aggiunto anche Alessandro Ottenga, manager culturale che si occupa delle progettualità di innovazione sociale. Così abbiamo deciso di recuperare quell’edicola storica per farne un presidio vero e proprio: abbiamo iniziato a immaginare eventi, reading, alla possibilità di prestare le vetrine a librerie indipendenti.”
“A ripristinare l’edicola ci hanno pensato gli abitanti del quartiere”, prosegue Iabichino, “e ora stiamo cercando qualcuno disposto a gestirla. Speriamo di trovare presto la persona giusta, sia perché era un’edicola in salute e i conti che abbiamo fatto ci dicono che chi entrerà potrà guadagnare abbastanza da viverci dignitosamente, sia perché il nostro obiettivo è quello di fare una prima apertura simbolica il 25 aprile: Lambrate è un quartiere che vive e pulsa di comunità e di un senso che Milano sta perdendo, ed è fortemente legato alla storia della Resistenza. Sebbene non intendiamo di certo far diventare l’edicola un presidio di partito, con altrettanta sicurezza vogliamo farne un centro di militanza culturale. Questa è una delle mie progettualità civiche”.
Niente gadget o hub Amazon: “La nostra edicola è una trincea di quartiere contro la gentrificazione”
L’edicola, in questa prospettiva, non è più soltanto un esercizio commerciale, ma anche e soprattutto un luogo di incontro, di scambio di idee ed esperienze al servizio della comunità.
“La chiusura delle edicole preoccupa dal punto di vista economico, dell’indotto, ma soprattutto perché sono presidi culturali”, continua Iabichino. “Non intendiamo ridare vita alla nostra edicola trasformandola in un negozio che, accanto ai giornali, venda qualunque cosa pur di rimanere aperto. Non è possibile pensare di fare rivivere le edicole attraverso il portierato di quartiere o trasformandole in hub di Amazon, perché non ci si rende conto che sono proprio Amazon e ciò che rappresenta ad averle uccise. Non porteremo plastica nella nostra edicola, non diventeremo spacciatori di gadget. Via Conte Rosso è la trincea di un quartiere che sarà presto toccato dalla gentrificazione e quindi bisogna far convergere qui esigenze diverse, per resistere e proporre un modello differente. Vogliamo rilanciare un modo di vivere: non solo giornali ma anche libri, eventi, performance, esposizioni, musica. Il mercato ha bisogno di modelli nuovi, che non propongano solo merce, ma idee e umanità”.
Il senso del progetto si coglie già nel coinvolgimento di una intera comunità nel recupero di questo pezzo di vita collettiva. È un modo per riappropriarsi degli spazi urbani mettendoci del proprio, con la consapevolezza che di quel pezzo di città si prende possesso nella misura in cui se ne sente la responsabilità insieme agli altri.
“Dobbiamo però fare attenzione a che non ci sia mistificazione su questo punto, a non usare la coprogettazione come un alibi per fare un make-up finalizzato a far passare la gentrificazione. L’obiettivo deve essere recuperare il territorio così da renderlo vivibile per tutti i cittadini, non risanarlo per aumentarne il valore economico, buttandone poi fuori, di fatto, chi non può più sostenere il nuovo standard. Va bene bonificare un quartiere dalla criminalità, ma ricordiamoci che proteggere la riqualificazione significa fare in modo che non escluda una parte della popolazione.”
Un nuovo modello di lettore (e di valore per il pensiero critico)
Recuperare le edicole ci interroga quindi su molte cose: sul tipo di socialità e di città che vogliamo, sul tipo di cultura che promuoviamo e sul ruolo della carta stampata, non fosse altro che per il fatto di rimetterla in circolo. In questo progetto i giornali, quelli in “carta e ossa”, si offrono come antidoto alle “snack news” e tornano a essere luogo di approfondimento, analisi, interpretazione; il confronto che fa crescere una coscienza collettiva. “Studiare, leggere, approfondire passa dalla carta stampata. Vogliamo scommettere sul valore del pensiero in forma scritta. Il pensiero critico non transita dai social media, ma dall’incontro e dal leggere. Ecco perché servono le edicole”.
Recuperare una certa idea dell’oggetto giornale chiama in causa anche il soggetto: il lettore o, meglio, un nuovo modello di lettore. “I lettori o le lettrici rispondono ai modelli che vengono somministrati dal mercato. Finché le redazioni continueranno a obbedire a un modello di business che privilegia il clickbaiting online a discapito dell’approfondimento e del pensiero critico, non ci sarà mai un nuovo pubblico, ma solo nicchie di persone che scelgono prodotti editoriali in linea con il proprio sentire. Il ragionamento sul consumo culturale è molto più ampio di così e meriterebbe un approfondimento dedicato. E purtroppo già parlare di consumo culturale la dice lunga sulla deriva che hanno preso l’informazione, la lettura, la cultura in generale, concepita come forma di consumo e non come nutrimento e antidoto per sviluppare una coscienza critica”.
Nel suo progetto di dare voce a queste realtà, Aedicola Lambrate è dunque tutt’altro che un’operazione nostalgia, il rifiuto del digitale. Rappresenta, viceversa, uno sguardo aperto sul futuro, sulla necessità di costruire uno spirito critico che permetta di interpretare il mondo di oggi e costruire quello di domani.
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Photo credits: foto di Allegra Martin su urbanomagazine.it
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