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Calo demografico: nel 2023 Sud “più fecondo”, ma cresce solo il Nord
I più recenti dati ISTAT fotografano una situazione nota, ma con dinamiche interne sorprendenti: nuovo minimo storico di nascite, con il divario geografico che svuota ancora Sud e Isole, che pure sono i soli a registrare un lieve incremento di fecondità rispetto agli anni precedenti
È come tentare di fermare uno tsunami con un’asticella. Non soltanto per il fatto che “un miliardo per misure in favore delle famiglie e per la natalità” (contenute nella Legge di Bilancio 2024 approvata dal governo Meloni) non riusciranno a fermare il gigantesco fiume in piena del calo demografico in Italia, confermato dai dati ISTAT nel 2023, ma per la banale constatazione, ormai riconosciuta da tutti gli osservatori, che senza una politica salariale che superi lo scandaloso divario tra Italia e Paesi europei e senza una politica migratoria che punti all’integrazione e non all’espulsione, le promesse del governo Meloni in materia di calo demografico e natalità diventano pura propaganda.
A dimostrazione di queste considerazioni ci sono le nette prese di posizione di Giorgia Meloni contro il salario minimo e la politica migratoria dissennata del vicepresidente del consiglio Matteo Salvini.
Torniamo per un momento alle fredde cifre, che più di ogni altra analisi mettono in chiaro l’allarme demografico.
Il Sud si spopola, cresce ancora il Nord: il divario è anche demografico
Intanto constatiamo, se ce ne fosse ancora bisogno, che il divario Nord-Sud si accentua.
Secondo l’ultimo rapporto ISTAT, “al 1 gennaio 2024 la popolazione residente in Italia è pari a 58 milioni 990 mila unità (dati provvisori), in calo di 7.000 unità rispetto alla stessa data dell’anno precedente (-0,1 per mille abitanti). Confermando quanto già emerso nel 2022 (-33.000 unità) prosegue il rallentamento del calo di popolazione che, dal 2014 al 2021 (-2,8 per mille in media annua), ha contraddistinto il Paese nel suo insieme. La variazione della popolazione nel 2023 rivela un quadro eterogeneo tra le ripartizioni geografiche”.
Dopo vent’anni, il tasso di fecondità del Mezzogiorno torna a superare quello del Settentrione, ma questo dato non basta a invertire la tendenza allo spopolamento: “Nel Mezzogiorno la variazione è negativa, peraltro consistente nella misura del -4,1 per mille. Nel Nord, invece, la popolazione aumenta del 2,7 per mille. Stabile quella del Centro (+0,1 per mille). A livello regionale, la popolazione risulta in aumento soprattutto in Trentino-Alto Adige (+4,6 per mille), in Lombardia (+4,4 per mille) e in Emilia-Romagna (+4,0 per mille). Le Regioni, invece, in cui si è persa più popolazione sono la Basilicata (-7,4 per mille) e la Sardegna (-5,3 per mille)”.
Ed ecco i dati sul calo demografico registrato anche quest’anno dall’ISTAT: “Con appena 379.000 bambini venuti al mondo, il 2023 mette in luce l’ennesimo minimo storico di nascite, l’undicesimo di fila dal 2013. Un processo, quello della denatalità, che dal 2008 (577.000 nascite) non ha conosciuto soste. Calano anche i decessi (661.000), l’8% in meno sul 2022, dato più in linea con i livelli pre-pandemici rispetto a quelli che hanno caratterizzato il triennio 2020-22. Da quanto detto sopra emerge un saldo naturale ancora fortemente negativo (-281.000 unità)”.
Coniando il titolo di un bellissimo film del 2007, potremmo dire con un po’ di amaro in bocca che l’Italia non è un Paese per giovani.
Calo demografico, senza salari adeguati e integrazione non se ne esce
Una politica salariale decente potrebbe agire contro il macrofenomeno del lavoro povero e convincere le famiglie italiane a mettere al mondo figli, ma da questo punto di vista il Governo non ci sente; anzi ha lavorato in senso inverso con l’abolizione del Reddito di Cittadinanza.
Allo stesso modo una politica migratoria non discriminatoria potrebbe riequilibrare nei tempi giusti il calo demografico. Ma fino a quando avremo un ministro come Francesco Lollobrigida, che teme la sostituzione etnica invece di pensare a una seria politica di integrazione – ad esempio in agricoltura – l’Italia non farà un passo avanti. E infatti le critiche ai provvedimenti del Governo non mancano.
“L’anno della famiglia in Italia è sempre il prossimo”: Adriano Bordignon, Presidente del Forum delle Associazioni Familiari, riassume così il giudizio della sua organizzazione sulle misure per famiglie e natalità contenute nella Legge di Bilancio 2024. “Siamo solo parzialmente soddisfatti”, prosegue. “Ci sono alcuni aspetti positivi” ma, spiega, “siamo ben lontani da risposte significative alla tragica sfida demografica che stiamo vivendo”.
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