Parliamo di content marketing, al di là degli anglicismi: il giusto contenuto può garantire il successo di un’azienda. Come nel caso della Guida Michelin.
Confusione digital-web-marketing in fiera
Strategia, gestione e controllo: queste le funzioni del Digitale che le pmi cercano di sviluppare. Ed è verso queste che la consulenza marketing fa una parte importante e verso cui, soprattutto nelle manifestazioni dedicate come quelle che viviamo in questi giorni, bisognerebbe portare luce, piuttosto che cercare di presiedere questi luoghi per vendere siti e campagne “a chilo”. Un alert per professionisti, clienti e recruiter.
Un numero speciale come questo, dedicato alle vetrine digitali, merita sicuramente anche una base di chiarimenti prima di offrire ulteriori spunti di utilità e riflessione. Ecco perché mi fa piacere poter offrire un mio contributo in questo senso, partendo dalla constatazione per la quale, sia agli addetti ai lavori, sia ai clienti, sia ai curiosi che agli studiosi della materia, non è chiaro che esista una differenza tra “web” e “digital” e in che cosa consista. La colpa non è di nessuno, sia chiaro. Il mercato è ancora emergente, la vera storia del digitale è tutta da scrivere e non esistono formule da archiviare nelle enciclopedie. Allora, continuiamo insieme.
Quando abbiamo smesso con il web marketing non ce ne siamo neanche accorti
Una primissima osservazione, se si vuol dare un eventuale taglio critico al proprio approccio lavorativo o allo sviluppo del prossimo progetto, è che ormai siamo in un periodo in cui il cosiddetto “web” marketing è stato superato e, se parliamo di “digital marketing” non ci riferiamo allo stesso ambito di azione del primo. In linea di principio, soprattutto con le aziende e non solo a fini divulgativi, sarebbe comunque corretto parlare di “digital” marketing e non più di “web” marketing, perché il secondo rimanda all’ambiente virtuale in cui, per un certo periodo, c’è stato una specie di “trasloco”.
Le aziende erano fino a oggi impegnate ad andare sul web, cioè costruirsi un primo sito internet, per far vedere che esistevano e che erano al passo con i tempi. Poi sono arrivati i social, i siti si sono ampliati con i blog e con gli shop, la gente è stata chiamata a iscriversi, crearsi dei nickname, degli avatar e poi dei profili reali, per interagire, commentare, fare recensioni e comprare. L’online e l’offline si sono intrecciati. In questo momento, grazie all’evoluzioe digitale, non c’è più distinzione tra i due ambienti, “reale” e “virtuale” si sono integrati.
Il classico esempio su cui porre attenzione é già sotto gli occhi di tutti da diversi anni: quando andiamo in un negozio di abbigliamento probabilmente abbiamo già cercato informazioni online a proposito del capo, del modello o del colore che vorremmo provare, ed è stato quindi grazie al negozio online (o una semplice ricerca sul web, appunto) che siamo entrati in quello offline. E questo è un primo passaggio.
Ma lo stesso discorso cosa vale per il caso contrario: potremmo essere in un negozio offline e magari, all’improvviso rapiti da un prodotto, entrare nel dubbio. Acquistarlo oppure no? Vorremmo sapere in anticipo se ne vale la pena, se altre persone lo farebbero al nostro posto date le circostanze. È un attimo prende il proprio smartphone e trovare online delle recensioni da parte di clienti che già hanno comprato lo stesso oggetto. Se i feedback sono per lo più positivi, tendiamo a convincerci degli stessi argomenti, la nostra tendenza all’acquisto aumenterà e, probabilmente, lo compreremmo anche noi; se i feedback sono negativi, ce ne faremmo influenzare, guarderemmo con ulteriore dubbio quel prodotto, fino a rinunciare ad averlo.
Senza, però, entrare nel merito del potere delle recensioni – su cui si basano da decenni interi business online – è importante notare in che modo la nostra inclinazione verso il mondo digitale sia molto cambiata.
Non solo marketing: il passaggio dal web al digital ha investito tutti i settori a tutti i livelli
Digitale non è, perciò, virtuale. Il digitale è diventato realissimo nelle nostre vite, e ci fidiamo e affidiamo (nella ricerca lavoro, per la nuova casa o per un confronto prezzi) molto più di più di quanto abbiamo fatto in passato verso altre fonti di informazione. Gli attribuiamo, a torto o a ragione, una forma di completezza, di attendibilità e di puntualità che non ci aspettiamo neanche alle persone.
L’ultimo report di Cisco ha reso noti dei dati interessanti relativamente la protezione dei dati aziendali e la conseguente percezione.
Osserviamo velocemente alcune grafiche dello studio compiuto per farci un’idea del valore di questa percezione e di come stia orientando i meccanismi del mercato digitale.
In estrema sintesi, il documento ci descrive il trend attuale basandosi sul tema della sicurezza: se in un passato, neanche troppo lontano, lo spostamento in digitale di dati e strumenti sembrava molto azzardato e pericoloso, oggi senza un adeguato sistema digitale di gestione dei dati non sembra più sicuro archiviare e lavorare alle informazioni.
Inoltre, l’azienda non digitalizzata, in questo senso, viene percepita come “poco sicura” (oltre a esporsi effettivamente a diversi rischi) a partire dai suoi stessi manager.
Oltre alla tendenza sempre più diffusa di dedicare interesse e investimenti al processo digitale, vengono prese altre misure, diciamo intermedie, da parte delle imprese che, come vede dai grafici, sono prevalentemente pmi, come per esempio l’esternalizzazione di alcune funzioni strategiche, gestionali e di controllo rispetto ai servizi di sicurezza. È su queste funzioni che la consulenza fa una parte importante e verso cui, soprattutto nelle manifestazioni dedicate, bisognerebbe portare luce piuttosto che cercare di presiedere questi luoghi per vendere siti e campagne “a pacchetto” (si legga pure “a chilo”).
Per tornare al filo del discorso, allora in che senso oggi vale ancora la pena fare differenze tra web e digital? E perché l’approccio digital ha assorbito il mondo web? Come spiegare alle aziende l’importanza di questo approccio?
Digital marketing e web marketing non sono sinonimi
Mi è piaciuto leggere l’incipit di questo blog post su Thismarketerslife.it, di due anni fa, soprattutto quando gli autori si domandano come si dovrebbe chiamare la categoria del sito in cui parleranno di web? digital? marketing. Per risolvere la questione si sono affidati a una piccola analisi delle ricerche online effettuate dagli utenti, poi hanno dato uno sguardo al posizionamento a cui mirano le aziende sul web e dalla penetrazione delle parole “digital” o “web” negli ambienti di marketing e comunicazione di maggior spicco nel nostro Paese.
Questo il risultato delle serie storiche di Google Search rispettivamente “in Italia”, “in tutto il mondo” e “in America” del confronto web vs digital.
“Alla fine esiste un solo tipo di Marketing: quello che permette al brand di attivare una connessione con le persone che si riconoscono nei suoi valori” concludono gli autori, decidendo che la soluzione sta nell’uso, più appropriato, della parola “digital” proprio perché indica questa unificazione di due istanze rimaste separate inefficacemente per molto tempo.
Tradizionale, digitale e multicanale
Perché siamo ancora a un “Web Marketing Festival” se parliamo di digitale? dovremmo chiederci a questo punto del ragionamento. Anzi, ce lo chiediamo, mentre osserviamo professionisti che sono andati lì a cercare clienti e aziende che sono andate lì a mettersi in vetrina (non digitale, stavolta).
Ai clienti che vogliono “farsi conoscere sui social” e cercano una soluzione “nel web marketing”, agli organizzatori e agli sponsor, invece che una domanda, un alert: è pericoloso coniugare al futuro discorsi ormai passati e superati. La mancanza di progresso, la mancanza di reale innovazione, l’evoluzione distorta non sono solo dovute a una politica arretrata o a un’agenda digitale che tarda ad arrivare, perchè è nella consuetudine di fare le cose in modo sbagliato il vero seme dell’errore.
Tornare a studiare e ragionare un po’ non è una ricetta definitiva, certo, ma è un primo metodo per fare scremature tra il plausibile e il discutibile. Questo, invece, è rivolto ai recruiter, che devono farsi non solo osservatori e interpreti di una realtà che cambia, ma anche loro studiosi, e studenti aprifila almeno per dare il buon esempio, verso la comprensione di questi temi.
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