Chi è approdato nel nostro Paese a cavallo tra gli anni Novanta e Duemila oggi vive una realtà diversa. Dopo aver fatto trasferire la famiglia, magari per dare un futuro ai propri figli, si trova così in condizione di dover richiedere aiuto, mentre prima erano in molti a trasferire denaro ai famigliari nel Paese d’origine.
In tutte le città, in modo particolare quelle del Nord, erano sorte delle attività di trasferimento fondi all’estero; i più famosi erano i circuiti Western Union. Oggi ci sono ancora, e ci sono ancora molti cittadini che trasferiscono soldi. Come spiega una ragazza peruviana che lavora in una di queste attività, però, il numero più alto di trasferimenti è dovuto alla maggior presenza di stranieri in Italia rispetto al passato.
“La nuova tendenza – dice – è quella di mandare denaro ai propri famigliari, ma non più in euro. Ora chiedono il trasferimento in dollari. La moneta europea è troppo debole, e in molti Paesi, soprattutto del Sudamerica, la moneta locale in pratica non ha valore. In valore assoluto, rispetto a quando ho iniziato a lavorare qui, i trasferimenti sono incrementati, anche perché il numero di stranieri continua a crescere.”
La crisi, dunque, non è soltanto italiana, ma quantomeno europea, sebbene chi si è trasferito come Eddy non voglia in nessun modo rientrare nel proprio Paese. “Non intendiamo andarcene dall’Italia: qui siamo riusciti a cambiare la nostra vita, e non possiamo in un momento come questo non ringraziare la Caritas che ci sostiene”.
Un peso in quest’ottica ce l’hanno senza dubbio i figli, che ormai si sono radicati in quello che a tutti gli effetti è il Paese d’adozione per molti stranieri, ma allo stesso modo c’è ancora una speranza.