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Dedicata… a chi?
La nuova misura di contrasto alla povertà si chiama “dedicata a te”. E’ una carta di debito che ha il triste sapore del DejaVu
La storia si ripete e dovrebbe insegnare a non rifare gli stessi errori del passato.
Nel caso delle misure di sostegno contro la povertà ci saremmo aspettati un intervento fortemente efficace, considerando le polemiche che hanno accompagnato il Reddito di Cittadinanza e che sono state anche oggetto di una campagna elettorale, di centinaia di tweet firmati da politici e ministri, e di articoli di giornale.
Invece, la storia si ripete se possibile con un copione più misero: quattro anni fa era Luigi di Maio a rigirarsi fra le dita quella social card gialla con cui annunciava di aver messo fine alla povertà, di fatto offrendo un sussidio a poco meno di due milioni di persone, oggi è Francesco Lollobrigida, a rigirarsi fra le dita una nuova social card in cui cambia il colore e cambia anche la sostanza.
A partire dal fatto che è il ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste a presentare una misura del genere, in assenza di una ministra del Lavoro che attraversa le stanze parlamentari con la trasparenza di un fantasma.
Dunque, la “risposta concreta” a quattro anni di piagnistei imprenditoriali ospitati sulle pagine di tutti i giornali, di ristoratori che alzavano le mani dichiarando “chiusure anticipate” a causa della mancanza di manodopera, di Presidenti e Sotto Presidenti delle Associazioni di Categoria che candidamente attribuivano al Reddito di Cittadinanza il ruolo di vero competitor ai loro salari e ai loro contratti (“precari”. Ma questo non si poteva scrivere), è una card di colore azzurro chiamata “Dedicata a te”, su cui verranno depositati 382,5 euro da spendere in beni di prima necessità stabiliti dal Governo, alcolici esclusi, perché un po’ di morale non guasta mai.
Se un percettore di “Dedicata a te”, alla millesima proposta di lavorare come cameriere con un contratto di 6 ore sulla carta ma 14 effettive, senza pause e senza riposi, senza ferie e diritti decide di ubriacarsi, la vodka la deve comprare con i soldi suoi.
Mi permetto di esprimere un parere che non è di appartenenza politica, ma di dignità universale: se per anni la battaglia di una intera fazione (di qualsiasi colore essa sia), si basa quotidianamente sul dimostrare che una determinata misura non solo è inconsistente, ma anche dannosa nei confronti delle imprese, delle attività commerciali e del mercato in generale, che quella misura è puro assistenzialismo che genera “orde” di nullafacenti da divano, quanto meno la proposta dovrebbe essere radicalmente diversa e non “sottrattiva”.
Invece ci troviamo di fronte a un clone in cui, cambiato il colore, non rimane che un pugno di spiccioli. Perché 382,5 euro per una famiglia “minima” di due genitori con un figlio, di certo non risolve l’aumento sconsiderato dei generi alimentari, carburanti, bollette conseguenti anche a causa delle scelte di questo Governo.
Un pugno di spiccioli ancora più elitario considerando i paletti di accesso.
La card non è dedicata a percettori di Reddito di Cittadinanza, di NASpI, di Casse Integrazioni o altri sussidi. E questo è comprensibile. Non si possono accumulare i punti delle raccolte del supermercato, figuriamoci i sussidi.
C’è però da chiedersi il senso delle altre condizioni di accesso, che sono un vero e proprio labirinto di esclusione, come se l’obiettivo della card fosse quello di non raggiungere i bisognosi.
Il primo criterio riguarda coloro che dichiarano un ISEE al di sotto dei 15.000 euro (parliamo dunque di circa cinque milioni e mezzo di famiglie per un complessivo di quindici milioni di persone, rispetto ai due milioni scarsi di persone raggiunte dall’ex Reddito di Cittadinanza).
La tagliola dimezza questo numero a seconda di dove i percettori risiedono e sulla differenza tra il reddito medio locale e quello nazionale, che credo voglia dire che nella selezione dei percettori peserà anche il posto in cui vivono. Questo significa che a seconda che si viva in Comuni più o meno ricchi e più o meno popolati, potresti avere un ISEE di 8.000 euro e non avere diritto alla card rispetto a chi dichiara un ISEE di 15.000 euro.
La tagliola cade di nuovo a dimezzare questo numero sulla base dei componenti del nucleo famigliare. Si chiama “criterio di priorità decrescente” e genera una classifica in cui si avvantaggiano le famiglie con tre componenti di cui almeno un under 14. A seguire le famiglie con tre componenti di cui almeno un under 18, e infine le famiglie con tre componenti senza limiti di età.
Restano fuori tutti coloro che non corrispondono alla famiglia secondo tradizione, che non è solo un criterio selettivo, ma anche un segnale culturale distintivo chiaro e forte: non ce n’è per single, single con figli, separati, coppie senza figli, coppie con figli più che maggiorenni (che si sa, in Italia si rimane in casa fino a trent’anni, considerando anche le innumerevoli possibilità offerte da questo mercato del lavoro), a cui la card arriverà “se avanza”.
La sensazione è che si sia voluto fare un’azione di dimostrazione e rispondere con una soluzione affrettata al Reddito di Cittadinanza su cui Salvini, Meloni e Tajani sono stati molto critici, soprattutto nella necessità di accaparrarsi i consensi delle dirigenze delle associazioni di categoria ancora a lutto per la prematura dipartita di Mario Draghi.
Purtroppo anche in questa occasione non vediamo una politica, né tantomeno una “politica attiva” a supporto di un sussidio che dovrebbe essere un supporto temporaneo in attesa di risolvere una situazione di stallo come la disoccupazione. Un bug di sistema già presente nella proposta del Movimento 5 Stelle affinché i percettori potessero concretamente non percepire più un Reddito di Cittadinanza, ma un reddito di dignità, procurato da un lavoro vero.
La certezza è che questo sussidio non finisca realmente nelle tasche di chi ne ha bisogno, cioè i poveri in aumento nel nostro Paese. Fra le categorie che corrispondono ai requisiti ISEE, ci sono per esempio i tassisti.
Fatevi due conti.
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