Che fine hanno fatto donne e uomini di pensiero, come si sentono, che ruolo dovrebbero avere? Sabino Cassese prova a descrivere la crisi della categoria nel suo “Intellettuali”, che recensiamo.
Disegnare il razzismo fa bene a tutti
“Figlia di migranti? Al massimo farai la sarta”: dal razzismo della scuola al mestiere di graphic novelist. Recensiamo “Il mio migliore amico è fascista” di Takoua Ben Mohamed.
Per le letture estive una bella graphic novel è sempre una buona scelta, e quella pubblicata a maggio 2021 da Rizzoli lo è senza dubbio.
Il mio migliore amico è fascista di Takoua Ben Mohamed parla di un mestiere, quello di una fumettista e graphic novelist, e di un percorso umano a cavallo tra due mondi. È un libro sul lavoro, dove il lavoro di disegnatrice della protagonista diventa piano piano la sua chiave per farsi strada nel mondo, farsi accettare e stimare dagli altri e diventare col tempo un simbolo, un’ispirazione per tanti giovani.
Dalla Tunisia all’Italia: la scuola e gli ostacoli all’integrazione
Takoua è una bambina di otto anni arrivata in Italia dalla Tunisia nel 1999 per riabbracciare il padre, esiliato politico. Come tutti i bambini è curiosa, ha voglia di comunicare, ma non conosce la lingua; così attinge alla sua fantasia e inizia a disegnare. Trova il modo di farsi conoscere e capire, e soprattutto di comunicare. Il disegno diventa suo amico, una valvola di sfogo, ma anche un talento che continua a coltivare, studiando e affinando la sua tecnica.
Forse da bambina Takoua nemmeno immaginava che un giorno sarebbe diventata una famosa disegnatrice, una graphic novelist, un’artista pubblicata e tradotta. Di sicuro non lo poteva immaginare il suo compagno di banco alle scuole superiori, che si dichiarava fascista, la prendeva in giro e le faceva dispetti; né quelle insegnanti che le dicevano che, come figlia di migranti, al massimo avrebbe potuto fare la sarta. Come se il mestiere della sarta non fosse nobile, e come se avere origini migranti precludesse la possibilità di avere sogni e ambizioni.
Anche il diritto di sentire pronunciato il suo nome le viene negato: per tutti, anche per i docenti, lei è Ben. Lei vorrebbe solo essere chiamata Takoua, vorrebbe solo essere guardata per quello che è, non per il colore della sua pelle, né per il modo in cui si veste: “E così sono entrata ufficialmente nella lista nera della prof presa male (io e i miei compagni di classe l’abbiamo soprannominata così dal primo istante in cui l’abbiamo vista!)”.
Razzismo, bullismo e disegno. I carnefici spazzati via da gomma e matite
A scuola Takoua si trova, pur essendo solo una studentessa, a dover affrontare temi più grandi di lei: il razzismo, le violazioni dei diritti umani, persino il terrorismo. L’11 settembre 2001 cambia anche la sua vita; Takoua sente addosso gli occhi gli sguardi pieni di odio, pregiudizi e paura.
“In ogni scuola c’è qualche bambino o bambina, ragazzo o ragazza, vittima di atti di bullismo o cyberbullismo. Una forma di violenza praticata da bambini o bambine, ragazze o ragazzi prepotenti nei confronti di chi non è in grado di difendersi: offese, insulti, derisione per l’aspetto fisico, diffamazione, emarginazione, aggressioni.”
Così Takoua stringe in mano i suoi pennarelli e fa della sua passione una professione, lavorando sodo e riuscendo ad aprirsi un varco in un mondo di persone che sembrano non volerla ascoltare.
Perché leggere Il mio migliore amico è fascista
Il mio migliore amico è fascista è l’opera più recente dell’artista italo-tunisina, che da sola ha viaggiato in mezzo mondo, dagli Stati Uniti alla Cambogia, usando l’ironia per contrastare stereotipi e pregiudizi.
L’opera è autobiografica: alterna momenti buffi e divertenti, di una giovane che vive a Roma e si confronta con una famiglia numerosa e amici molto diversi, a momenti di sofferenza, dove Takoua apre il suo cuore e racconta quanto sia doloroso diventare vittime di bullismo, sentirsi sempre giudicati, isolati e derisi. L’opera riserva un finale a sorpresa, che rende la lettura ancora più coinvolgente.
È un libro illuminante, che sa divertire e commuovere al tempo stesso; una lettura utile sia per i giovani figli di migranti, che devono fare i conti con la loro doppia identità, sia per le ragazze e i ragazzi che oggi a scuola vivono in classi dove ci sono compagne e compagni di origini diverse. Si tratta di un’ottima lettura anche per gli insegnanti, affinché possano capire come si sentono quei bambini a cui la parola diversità fa tanta paura. L’opera è rivolta anche ai genitori migranti che vedono i propri figli nascere e crescere in Italia, in un contesto diverso da quello in cui hanno vissuto loro.
È un po’ come leggere il diario di un’adolescente che funge da manuale su come comportarsi con gli adolescenti. Il volume è strutturato con pagine ricche di disegni e frasi semplici, secondo la natura tradizionale delle graphic novel, ma anche di “spiegoni”, ovvero di approfondimenti che parlano di bullismo, di immigrazione, di diritti umani, volontariato, religione e terrorismo.
I messaggi che trasmette il libro sono positivi, costruttivi, e anche se le tematiche sono serie l’autrice riesce a ironizzare, a strappare sorrisi, a divertire come sanno fare solo le opere dell’ingegno che attingono alla realtà, al vissuto personale.
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