Titoli di Stato per contrastare la crisi: che cosa hanno da dirci le brutte esperienze del passato sugli investimenti nei BTP Futura?
Educatori, non vi riconosco. Così varie coop speculano sui lavoratori
O laurea o niente: l’inquadramento equivalente D2 per chi lavorava già da anni come educatore non viene riconosciuto dalle cooperative, che così risparmiano denaro. La senatrice Iori, autrice della legge sull’inquadramento: “Rammaricata, l’esperienza vale quanto il titolo accademico”.
Un nuovo temporale si abbatte sulla categoria degli educatori e delle educatrici, ancora una volta lesi sul fronte economico e della dignità con strascichi che si abbattono sul servizio stesso, più che mai importante in questo periodo di fragilità. Il tema rovente di quest’estate riguarda i casi di mancato riconoscimento, da parte di determinate cooperative, del cosiddetto livello D2 agli educatori e alle educatrici che hanno conseguito i 60 CFU previsti per legge, con tutte le conseguenze del caso.
Prima di addentrarci nel vivo della questione facciamo un passo indietro per chiarirla meglio. La figura degli educatori esiste da molti anni – un tempo erano chiamati anche animatori sociali – eppure solo da poco è stata riconosciuta ufficialmente attraverso la legge Iori del 20 dicembre 2017, un vero e proprio spartiacque.
Con la legge Iori diventa obbligatorio possedere un titolo di laurea in scienze dell’educazione e della formazione (L-19) per svolgere questo lavoro, ma in seguito, proprio per tutelare coloro che pur senza laurea specifica avevano già maturato esperienza in campo educativo, sono stati previsti i commi 594-601. Tradotto nella pratica: sono stati istituiti corsi di qualificazione per il personale in servizio nelle istituzioni socioeducative sprovvisto di laurea, in modo da fargli ottenere i 60 CFU e permettendogli così l’equiparazione con chi ha il titolo accademico.
Abilitazione a educatori, il business della formazione per i “senza titolo”
L’iter parrebbe chiaro, eppure il percorso è risultato tortuoso, come ci rivela Rosario, educatore che opera da anni in Emilia-Romagna e che da tempo segue in prima linea le problematiche della categoria, facendo anche da megafono in veste di conduttore della trasmissione “Signore e signori il welfare è sparito” sulle frequenze di Radio Città Fujiko.
“Questa parte di legge sui corsi di qualificazione è stata fatta per impedire di far perdere il lavoro agli educatori senza titolo di laurea in scienze dell’educazione e della formazione, o come li definisco io ‘diversamente titolati’”, ci spiega. “Parliamo di circa 150.000 educatori senza titolo che rischiavano di restare a casa. Oltre ad attivare sindacati e associazioni siamo entrati in contatto con la senatrice Vanna Iori facendole presente l’urgenza della situazione, e lei ha dato subito riscontro”.
Nel frattempo sono state attivate norme transitorie: “Chi aveva cinquant’anni di età e dieci anni di servizio risultava idoneo per continuare il suo lavoro; idem chi aveva alle spalle vent’anni di servizio in entrata in vigore dalla legge, indipendentemente dall’età”, spiega il nostro intervistato. “Potevi fare questo corso se avevi almeno tre anni di inquadramento come educatore. Chi non li aveva si è dovuto iscrivere all’università”.
Focalizzandoci sul tema corsi, i costi da sostenere per chi li svolge quali sono? “Subito è scattato un vero e proprio business tra università statali, private e proposte online”, racconta Rosario. “All’inizio i costi erano alti, tipo 1.800 euro, poi grazie alle nostre battaglie, che hanno coinvolto sindacati e associazioni di cooperative, con alcune università si è raggiunto un accordo per fare delle convenzioni in modo da calmierarli. Diverse università statali hanno applicato i costi in base alle fasce ISEE, così come si fa con gli studenti universitari”.
Inquadramento D2, le coop fanno orecchio da mercante per pagare meno
Oltre ai soldi, per tutelare il proprio posto di lavoro, educatori e educatrici hanno investito anche del tempo visto che il corso prevede circa 1.500 ore e una corposa parte in presenza. Nonostante tutto ciò ci troviamo di fronte a una situazione disarmante, come afferma Rosario: “Il corso è terminato e gli educatori e le educatrici che hanno conseguito regolarmente i 60 CFU hanno iniziato a richiedere l’inquadramento D2, ma determinate cooperative hanno risposto picche con motivazioni assurde e appigliandosi soprattutto al fatto che la legge non ha specificato che al conseguimento della qualifica in automatico si ottiene l’inquadramento a educatore professionale: fanno le furbe sulla pelle dei lavoratori!”.
Il risultato è un nuovo schiaffo a livello economico e della dignità, perché educatori e educatrici non riconosciuti al livello D2 vengono così pagati meno di quanto spetterebbe loro. “Lavorando in un sistema di appalti al ribasso, alle cooperative e pure agli enti pubblici fa comodo non riconoscere questo livello”, chiosa Rosario. “Ad esempio un educatore con titolo dovrebbe essere venduto a circa 23 euro all’ora; abbondano invece i casi di educatori venduti a 18,90 euro all’ora”.
Tutto ciò si inserisce alla piaga della precarietà: “I lavoratori dovrebbero fare ricorso, ma come fanno a pagarsi l’avvocato persone che guadagnano circa mille euro al mese, pagate 9 euro lordi all’ora?” commenta con amarezza Rosario. “A Bologna c’è stato persino il caso di lavoratori non riconosciuti che hanno portato la cooperativa all’ispettorato lavorativo, ma la cooperativa in questione non si è presentata: siamo arrivati anche a questo”.
L’estate è inoltre il periodo più precario per la categoria e Rosario sottolinea una questione importante: “Il lavoro e l’impegno richiesto a noi educatori aumenterà a dismisura, perché il disagio psichico e sociale è lievitato con la pandemia: come possiamo continuare a operare adeguatamente con questa situazione?”.
La senatrice Iori: “L’esperienza vale quanto la laurea. Rammaricata da cooperative che non riconoscono il D2”
Abbiamo raggiunto telefonicamente la senatrice Vanna Iori per confrontarci direttamente con lei sulla vicenda.
Chiare e forti le sue premesse dal punto di vista della legge: “Si inserisce in un percorso del tutto innovativo nel nostro Paese perché prima di essa non esisteva il titolo di educatore, ossia chiunque poteva essere assunto a svolgere questo ruolo indipendentemente dal titolo che possedeva”. E sottolinea: “Tutto ciò che potevo fare dal punto di vista legislativo per tutelare queste figure l’ho attivato. Stiamo infatti parlando di persone che non possiedono il titolo di laurea di educatore professionale socio-pedagogico, e per le quali mi sono premurata di prevedere questi 60 CFU così da permettere loro di conseguire un titolo equivalente. Ritengo infatti che l’esperienza sia formativa e molto importante: se una persona ne ha maturato un certo numero di anni necessita di un inquadramento teoretico fornito dai 60 CFU, ed è da ritenere di pari livello rispetto a chi ha conseguito la laurea L-19”.
Un riconoscimento che la senatrice intende valorizzare sempre più, anticipandoci attraverso l’intervista un’importante azione su questo fronte concretizzata da lei stessa a livello legislativo: “In questi giorni ho proprio avanzato una nuova proposta di legge che preveda l’inserimento dell’educatore/educatrice professionale nei poli scolastici per il sostegno alla comunità educante, e ho scritto chiaramente che hanno diritto di accedere sia coloro che hanno la laurea L-19 sia coloro che hanno conseguito i 60 CFU”.
Riguardo alla complessa situazione del mancato riconoscimento Vanna Iori esprime chiaramente la sua posizione: “Sono molto rammaricata per questi casi di cooperative che non riconoscono il livello D2 a persone che hanno aggiunto all’esperienza anche la competenza teoretica, e che quindi hanno tutto il diritto di essere riconosciute meritando di essere trattate in maniera paritaria rispetto ai laureati”.
E aggiunge: “Sono stata invitata da diversi atenei in cui si sono svolti i 60 CFU, e in tutta Italia ci sono stati risultati eccellenti di arricchimento della collaborazione e della relazione tra università e terzo settore: ritengo che questo nell’ambito della professione educativa sia importantissimo. C’è bisogno di una circolarità permanente tra teoria e pratica: la teoria cresce imparando dalla pratica e la pratica si sviluppa riflettendo teoricamente su ciò che fa”.
Laura Castellani, ADL COBAS: “Dalle cooperative speculazione a danno dei lavoratori”
Il tema è affrontato di petto anche a livello di sindacati: su questo fronte interpelliamo Laura Castellani, rappresentante sindacale RSA di ADL COBAS e componente della rete intersindacale IOS, nata poco più di un anno fa e composta da quattro sindacati di base e da altre realtà autogestite da educatori e educatrici.
Chiediamo: come vi siete attivati sul fronte della tutela dei lavoratori e delle lavoratrici in ambito educativo che non vedono riconosciuto il livello D2? “Abbiamo cercato di interloquire con le cooperative del territorio di Riminiche erogano il servizio a livello scolastico”, spiega. “Il confronto non è però per nulla semplice: la legge ex Iori non viene applicata automaticamente, anzi è spesso strumentalizzata, nel senso che ogni cooperativa ne dà un’interpretazione arbitraria con il risultato che a perderci sono gli educatori e le educatrici. Ci troviamo insomma di fronte a una vera e propria forma di speculazione a danno di lavoratori e lavoratrici, che senza il riconoscimento del livello D2 vengono pagati di meno. Ancora una volta si tratta di una questione di soldi”.
Un percorso sudato che ha portato il sindacato in questione a raggiungere traguardi diversi, come sottolinea Laura Castellani: “In due Comuni siamo riusciti a far riconoscere il livello D2 a tutti i lavoratori e le lavoratrici. Nei casi di mancato riconoscimento abbiamo invece fatto un presidio, come quello realizzato a giugno a Cattolica, dove è attivo con appalto il servizio della cooperativa Quadrifoglio, con base in Piemonte, che ha riconosciuto il livello D2 solo agli educatori e alle educatrici che hanno conseguito una laurea triennale in scienze dell’educazione L-19. La cooperativa in questione non lo ha invece riconosciuto a coloro che hanno ottenuto il titolo di educatore professionale attraverso il corso formativo apposito che ha permesso di avere i 60 CFU richiesti dalla legge ex Iori”.
A questo proposito abbiamo scritto una mail alla cooperativa menzionata per raccogliere un commento diretto sulla vicenda in questione, ma non ci è stata data risposta.
“Alcune educatrici della cooperativa Quadrifoglio si sono sindacalizzate ADL COBAS dopo diverse irregolarità emerse a gennaio”, specifica Laura Castellani. “Come sindacato siamo riusciti a far chiarezza e a migliorare la situazione di Cattolica, ma la questione resta ancora irrisolta livello contrattuale”.
La battaglia del sindacato è stata giocata anche sul fronte degli enti pubblici, come specifica la nostra intervistata: “Abbiamo chiamato in causa i Comuni, che in quanto garanti degli appalti devono far rispettare alle cooperative la tutela del lavoro e il contratto collettivo nazionale”.
Eppure la dinamica che emerge è quella di Ponzio Pilato, ossia il lavarsene spesso e volentieri le mani.
Photo credits: yalemedicine.org
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