Non voglio rischiare di essere banale e peccare di piaggeria nei confronti delle donne. Hanno già la capacità di essere prime, senza necessità che io, che non sono nessuno, aggiunga qualcosa. Provo a essere sequenziale e a non annoiare. 1. La paura Se siamo ancora al mondo, è perché abbiamo avuto paura nei momenti giusti, mentre chi […]
Elementi identitari del Terzo Settore
Dati fenomenologici del Terzo Settore (senza commento) Le istituzioni non profit attive in Italia sono 250.412[1]; Il 50% degli organismi del Terzo Settore sono localizzati al Centro-Nord I 2/3 degli organismi svolgono l’attività prevalente nel settore socio-culturale (servizi sociali-cultura- sport e servizi ricreativi) Il 55.2% è nato nell’ultimo decennio Sono ben 650.000 i lavoratori retribuiti […]
Dati fenomenologici del Terzo Settore (senza commento)
- Le istituzioni non profit attive in Italia sono 250.412[1];
- Il 50% degli organismi del Terzo Settore sono localizzati al Centro-Nord
- I 2/3 degli organismi svolgono l’attività prevalente nel settore socio-culturale (servizi sociali-cultura- sport e servizi ricreativi)
- Il 55.2% è nato nell’ultimo decennio
- Sono ben 650.000 i lavoratori retribuiti nel Terzo Settore
- Il fatturato annuo del TS è di 40.000 milioni di Euro
- Elementi di scenario utili a comprendere il pianeta del Terzo Settore
- La lunga storia identitaria del Terzo settore (attraverso alcuni immagini standardizzate)
- Cattolico (con un gene di carattere salvifico, con tare di tipo vetero-assistenziali da una parte, con il rovescio della medaglia costituito da un gene movimentista di tipo innovativo dall’altra)
- Di sinistra (a livello ovviamente politico e non partitico con un gene innovativo rispetto alle pratiche ed alle metodologie)
- Carismatico (molti organismi del Terzo Settore italiani sono nati a partire da alcuni fondatori – Cfr. gli organismi nati nell’ambito delle dipendenze patologiche a partire da alcune figure “carimastiche”)
- Autoreferenziale (spesso gli organismi del Terzo Settore sono fortemente autarchici, autoreferenziali e con grande difficoltà a lavorare in rete, sia con altri enti no-profit che con il Pubblico)
- Centrato sul fare (comunque, con il grande rischio di interventi da praticoneria sociale)
- Etica (si vuole continuare a dare alle prestazioni da parte degli organismi del Terzo Settore una plus-valenza etica in grado di garantire quella attenzione strutturale alla persona, ai valori inalienabile nella relazione persona-servizio)
- Gli elementi qualitativi del Terzo Settore nella costruzione dello Stato Sociale (in parte presenti in parte da conquistare pianamente)
- La dimensione anticipatrice (rispetto a nuove fenomenologie del disagio sociale, rispetto a nuove metodologie applicative, rispetto a nuove strumentazioni)
- La dimensione creativa (nella costruzione delle politiche sociali innovative- Cfr. interventi sulla riduzione del rischio e del danno, sulla sicurezza urbana, sulla mediazione interculturale, sulla cultura ed arte pubblica, sulla violenza di genere, sull’imprenditoria sociale, sulla comunicazione sociale, sulla formazione innovativa, sui nuovi profili professionali del sociale, ecc…)
- La dimensione professionale (si assiste ad un progressivo aumento delle capacità e competenze espresse dagli organismi del Terzo Settore, con il superamento della “praticoneria sociale”, con l’attenzione sempre più posta alla erogazione di servizi di qualità per un lato; dall’altra parte continua a persistere una dimensione “passionale” della frontiera da parte degli enti no-profit)
- La dimensione politica e partecipativa (Cfr. la partecipazione dal “basso”, la costruzione di reti sociali integrate, la definizione dei Piani Sociali di Zona, la strategia della definizione del Welfare Mix…). Ovvero una rivisitazione del complesso ed articolato rapporto con il pubblico (che ha avuto un ruolo, dagli anni ’60 agli anni ’90 in particolare, estraneo, indifferente, in ritardo, spesso con forte burocrazia, nella costruzione delle politiche sociali).
In particolare si sta cercando di strutturare politiche in grado di poter passare:
- Dalla delega alla co-progettazione. Questa dimensione deve essere assolutamente ri-implementata e posta al centro della negoziazione pubblico-privato, in una sorta di Patto di corresponsabilità nella costruzione dei servizi sociali territoriali e per chiudere definitivamente la pessima modalità, pseudo-trasparente, degli appalti pubblici per la gestione dei servizi, attuata sempre, di fatto, al ribasso economico con conseguente abbassamento della qualità del servizio e guerra tra organizzazioni sociali sempre in gara/competizione non virtuosa tra loro.
- Dall’auto-referenzialità alla costruzione del Welfare Mix (cfr. il ruolo del Pubblico con le sue funzioni di Responsabilità politica dell’intervento, con la definizione degli indicatori quanti-qualitativi, con una attenzione alla co-progettazione, con una funzione centrale nella valutazione delle azioni e del controllo di gestione e l’erogazione del finanziamento;
cfr. il ruolo del Terzo Settore con le sue funzioni di co-progettazione, di gestione dei servizi, di co-valutazione delle azioni e di co-finanziamento)
- Dall’assistenza e beneficenza alla costruzione del diritto al servizio sociale per tutti i cittadini. Purtroppo è questo un processo culturale in fase ancora implementativa che ha bisogno davvero di tempi lunghi. Per troppo tempo le politiche sociali sono state strutturate in forma di assistenza e beneficenza. La pur datata provocazione del Geremek (Cfr. il testo “La pietà e la forca. Storia della miseria e della carità in Europa, Laterza, 2003) è ancora purtroppo valida nel nostro tempo. C’erano due forme di sviluppo dei servizi sociali nei secoli passati: la pietà per i poveri sottomessi e ossequiosi al potere, la forca per i poveri rivoltosi e destabilizzatori. Oggi non siamo più a quel tempo, ma la l’assistenza e la beneficienza dominano ancora la costruzione delle politiche sociali. Si sta cercando ovviamente di fare un passaggio radicale e culturale evidenziando la centralità del diritto (per tutti i cittadini) ad avere servizi sociali (diritto già presente da tempo nell’ambito delle politiche sanitarie e della previdenza).
- Dal Welfare State (costruzione dello Stato Sociale) al Welfare community per evitare il Welfare Market (assistenza privatistica, appannaggio di pochi). il ruolo di sussidiarietà riconosciuto al Terzo Settore nella Legge Quadro sulle politiche sociali (Legge n.328/2000). Questo è un passaggio cruciale per porre al centro delle politiche di welfare la comunità locale con i suoi valori della prossimità, della gratuità, dello scambio sociale, del valore aggiunto del volontariato. Ridare capacità, dignità e competenza alla comunità significa riscrivere le regole delle politiche sociali non più verticistiche ma orizzontali, non più univocamente eterodirette ma circolari, in cui il ruolo degli Enti locali e del terzo Settore diventano centrali, unitamente al mondo informale (leader comunitari, gruppi dei “pari”, minoranze attive, movimenti spontanei, ecc…) che valorizza ancora di più l’aderenza al contesto locale.
- Nodi di criticità delle Organizzazioni del Terzo Settore
- La qualità non abita il sociale e le Organizzazioni sociali (ovvero la grande difficoltà di dotare il terzo Settore di strumenti di progettazione, di valutazione, di certificazione, di accreditamento, di qualità insomma). Il grande tarlo dell’assistenza e beneficenza (come archetipi della costruzione degli interventi sociali), come sopra evidenziato, è ancora fortemente presente nella nostra strutturazione delle politiche sociali (il diritto al servizio sociale può attendere!);
- Le fenomenologie sociali si complessizzano e chiedono nuovi servizi (aumento del costo sociale, necessità di una sempre maggiore qualità sociale nella erogazione di servizi qualificati e competenti). Oggi assistiamo ad un aumento preoccupante delle situazioni di estrema povertà e marginalità urbana; alla emergenza migrazione con un massiccio ingresso in Italia di centinaia di migliaia di profughi, richiedenti asilo; alla disoccupazione giovanile (in particolare) con una preoccupante presenza di NEET (giovani che né cercano lavoro né studiano); a fenomeni “multiproblemi” con coesistenza, nelle stesse persone, di situazioni di marginalità, di uso di sostanze psicoattive, problematiche psichiatriche, disoccupazione, mancanza di alloggio… Per tale complessizzazione di fenomenologie servono servizi di nuova generazione ad alta professionalità e qualificazione di offerte.
- Il residuale spessore politico e strategico del Terzo Settore (Un grande pianeta – parliamo di 8-10 milioni di persone – ha una davvero bassa incidenza nella costruzione delle politiche sociali. Non si riesce ad incidere sulla costruzione della Legislazione sociale: vedasi, per tutte, le ultime legislazioni a valenza “repressiva” come la Legge sull’immigrazione, la “famigerata” Bossi-Fini o la Legge sulle dipendenze; vedasi il ruolo di basso profilo “politico” del Forum nazionale del Terzo Settore; vedasi il conflitto costante con il Primo settore – la Pubblica Amministrazione – e la grande difficoltà di agganci significativi con il Secondo settore (il settore economico), con cui non si è quasi mai riusciti a far decollare la cosiddetta “responsabilità sociale delle imprese”; ed infine vedasi la distanza, molto spesso, dal cosiddetto Quarto settore, ovvero il mondo informale, dei gruppi sociali, dei cittadini);
- La frammentazione e la diffidenza all’interno del Terzo Settore (tra le associazioni di volontariato, in applicazione alla Legge 266/91, le associazione di promozione sociale in applicazione alla Legge 383/2000, e le cooperative sociali in applicazione alla Legge 381/91). Il pianeta del Terzo Settore a volte si presenta in maniera fortemente conflittiva tra i suoi 3 grandi segmenti: quello del volontariato, costruito attorno alla gratuità, quello dell’associazionismo, strutturato attorno alla specificità delle organizzazioni che si associano a livello tematico e di servizi alle persone, quello della cooperazione sociale infine costituito sulla gestione di servizi alle persone. Spesso tali anime, che dovrebbero costituire un corpus davvero integrato, evidenziano e stigmatizzano diffidenze, ostracismi, distanze inopportune.
- La trasparenza, i bilanci sociali, i curricula professionali delle organizzazioni del Terzo Settore e degli operatori sociali, gli esiti, l’efficacia e l’efficienza (il superamento della logica del pressappochismo e di un dilettantismo indecente). Su questi temi si potrebbe davvero scrivere pagine “ad libitum”… È importante evidenziare la necessità di offrire una totale trasparenza nella amministrazione dei bilanci delle Organizzazioni, porre una forte attenzione nella valorizzazione di curricula professionali adeguati ai servizi da mettere in campo, puntare con forza sull’efficacia e sull’efficienza degli interventi, con esiti chiaramente individuabili.
- La “precarietà” del Terzo Settore a livello contrattuale (rispetto al settore pubblico), economico e finanziario (servono fondi economici stabili e costanti, finanziamenti, crediti ed investimenti del mondi bancario ed imprenditoriale), professionale (servono competenze e profili professionali congrui ed adeguati per dare risposte di qualità sociale), le regole della concertazione e della governance delle politiche e dei servizi sociali (superamento della diarchia pubblico-privato, superamento della logica degli appalti, passaggio dalla logica dei progetti – innovativi ma a termine – alla logica dei servizi – costanti e duraturi nel tempo).
[1] Dati ISTAT 2014
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