Fare giornalismo in Italia è possibile, ma comporta una fase iniziale di precariato: provare a farsi pagare, cambiare redazioni, cambiare contratti, accettare retribuzioni basse e che spesso arrivano molto in ritardo.
“Durante la mia prima esperienza mi hanno detto che dal momento in cui scrivi e firmi sei una giornalista, non importa se vieni pagata o no” racconta Martina Toppi, 26 anni, dipendente di una redazione nel comasco. “L’ho trovato svilente, mi sembrava un hobby”.
Precarietà e paghe basse non permettono di coinvolgere generazioni di persone che non hanno capitali alle spalle. “Se devo scrivere un pezzo per 50 euro lordi (nel migliore dei casi) è chiaro che questo esclude una buona fetta di persone. È anche un problema di divario sociale”, racconta Francesco Guidotti, giornalista freelance che si occupa di tematiche legate al settore dell’informazione.
“Per la mia esperienza, l’aspetto più svilente è vedere che non arrivi dove vorresti, nonostante la fatica. Mi hanno detto che sono appetibile a livello lavorativo perché sono giovane e ho un bel curriculum, però quando uno dei requisiti è aver frequentato la scuola di giornalismo allora non vado più bene”. La confusione riguardante l’accesso alla professione rimane un nodo irrisolto: “In questo momento non c’è una via unica e questo crea giornalisti di serie A e di serie B”.
Un elemento fondamentale per regolare la professione è il ruolo ricoperto dall’Ordine dei giornalisti. “Deve avere un ruolo più decisivo: stabilire delle linee chiare, creare delle scuole di giornalismo accessibili a tutte e tutti”, chiosa Toppi. “Sono sempre meno le persone che si possono permettere di frequentare le scuole di giornalismo, anche a livello umano. Viviamo una vita piena di cose da fare e per fare un lavoro così totalizzante bisogna essere fortunati: avere genitori in salute, non avere figli; o meglio, puoi averli solo dopo un po’ che hai avviato la carriera”.
Le scuole di giornalismo, infatti, prevedono una presenza full time e non permettono di fare lavori extra. “Per quanto riguarda i giovani il problema è che puoi iniziare a fare il giornalista se riesci a permettertelo”, continua Guidotti. “È un investimento di cui si spera di rientrare”.
Sono pochissime in Italia le redazioni che riescono a fornire una formazione interna: nella maggior parte dei casi si tende a regolarizzare il giornalista freelance o i collaboratori storici, che “costano notevolmente meno alle aziende, nonostante spesso facciano una percentuale grossa del giornale. Senza di loro credo che alcune testate si troverebbero in grossa difficoltà”, chiude Guidotti.
“Per quanto ti impegni, poi, comunque ti senti in ritardo”, conclude a sua volta Toppi. “Nella realtà so che non è così, ma sei sempre spinto a proiettarti verso i grandi personaggi, le firme che ce la fanno anche da giovani. Ma come ci riescono?”
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Photo credits: StanJourdan via flickr.com