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Il mercato immobiliare da dietro le quinte
Di tutti i comparti che dal 2008 a oggi hanno subìto riduzioni e perdite, neanche il mercato immobiliare è stato risparmiato dal segno meno. Oggi i dati confermano indiscutibilmente il calo, con transazioni scese di oltre il 50% – 880.000 nel 2007 rispetto alle 420.000 del 2015 – ma la FIAIP (Federazione Italiana Agenti Immobiliari […]
Di tutti i comparti che dal 2008 a oggi hanno subìto riduzioni e perdite, neanche il mercato immobiliare è stato risparmiato dal segno meno. Oggi i dati confermano indiscutibilmente il calo, con transazioni scese di oltre il 50% – 880.000 nel 2007 rispetto alle 420.000 del 2015 – ma la FIAIP (Federazione Italiana Agenti Immobiliari Professionisti che associa oltre il 50% degli operatori della categoria) racconta un mestiere che è profondamente cambiato grazie ad una visione che ha saputo anticipare il cambio di pelle del mercato. Peccato che la politica abbia sempre parlato di casa solo affiancandola alle parole “piano emergenza” o “emergenza abitativa”, considerandola costantemente un mercato secondario.
Non ci sta Paolo Righi, Presidente onesto con se stesso e con l’intera categoria, che sa quel che dice e spinge il dibattito oltre i luoghi comuni che hanno sempre fatto comodo a molti.
“Credo che il mercato immobiliare meriti una sensibilità maggiore da parte di tutti perché, come le banche, dovrebbe tutelare i risparmi dei cittadini. Un agente ha il dovere di evitare danni ai consumatori e alle famiglie. Non per dolo ma per colpa l’agente rischia di far perdere soldi alle persone se non è correttamente preparato a fare questo lavoro ma nessuno pensa mai a questo rischio. La legge ha sempre messo in subordine questa professione che invece andrebbe valorizzata per il tipo di bene che gestisce”.
In cosa è cambiato il profilo dei vostri agenti?
La nostra è una professione che fortunatamente ha saputo osservarsi da dentro prima che i fattori economici e sociali mettessero a repentaglio l’intero mercato. Prima gli agenti mediavano un prodotto che era assolutamente ricercato da tutti e l’agenzia faceva semplicemente il suo lavoro: cercare di reperire le case migliori e offrirle ai clienti al miglior prezzo. Questi ci cercavano non tanto per la professionalità dell’agente ma perché avevano già individuato in vetrina o in pubblicità ciò che volevano. Dal 2008 abbiamo dovuto elevare di molto la professionalità passando da semplici mediatori a consulenti di livello e a questo contuniamo a puntare.
Un cambio radicale anche nell’approccio formativo.
Abbiamo completamente cambiato paradigma, l’intera categoria si è dovuta ricredere e uniformare a standard molto più alti, quelli consulenziali appunto. Abbiamo fatto cose che in passato non facevamo come corsi di elevata specializzazione insieme ad ABI Formazione (la training company della Associazione Bancaria Italiana) per stimare correttamente le perizie immobiliari.
In passato troppe volte alcuni agenti avevano il vezzo di stimare un immobile molto al di sopra del valore effettivo e lo facevano sia per non deludere il cliente sia per prendere l’esclusiva. Abbiamo fatto una dura battaglia con i nostri associati ma ne andava della sopravvivenza di una categoria, dovevano capire che il mercato di oggi non accettava più questa logica e che serviva un prezzo di mercato stimabile solo da un perito posizionato più in alto di loro.
Sono quindi partiti corsi rivolti anche alla fiscalità immobiliare, basti pensare al leasing immobiliare per l’acquisto della prima casa, appena introdotto dall’ultima Legge di stabilità: se l’agente non viene formato a dovere sulle potenzialità di questo istituto, non sarà mai competitivo nel dare le consulenze giuste. Ogni giorno eroghiamo in Italia sette o otto corsi di formazione, senza mai escludere anche la crescita sulle materie catastali.
Con quali presupposti si compra oggi una casa?
Il mercato è davvero variegato perché una stessa abitazione la troviamo a tre prezzi diversi: l’immobile all’asta, quello di chi deve vendere perché magari ha un’azienda e su quella casa ha posto le garanze per la banca e infine quelli che vogliono vendere semplicemente per migliorare la propria condizione abitativa e non per necessità.
Negli ultimi anni questi tre approcci così diversi hanno spaesato di molto chi si approcciava all’acquisto. Anche in questo abbiamo richiesto ai nostri collaboratori di affinare una profonda sensibilità.
Siete ancora strategici in un’era intrisa di facilitazioni e accelerazioni nei contatti, anche commerciali?
La sola messa in contatto delle parti oggi non basta più per giustificare la figura di un agente, non sarei onesto se dicessi il contrario. Oggi i canali internet, le chat e la rete in generale lo taglierebbe immediatamente fuori.
Per questo abbiamo capito che c’era ancora un ulteriore vuoto da coprire, cioè l’assistenza nella tutela della fase precontrattuale all’acquisto.
Nessuno o pochi ci pensano ma ai clienti serve anche questo e loro lo sottovalutano o non ne sono proprio a conoscenza. In Italia una legge prevede la corrispondenza tra planimetrie catastali e lo stato dei luoghi e se questa rispondenza non c’è, l’atto finale è annullabile. Il nostro ordinamento è pieno di leggi e cavilli e le famiglie, sia in autonomia se si muovono con altricanali sia grazie alla consulenza di un agente, devono esserne a conoscenza.
Questo è un mercato che può risultare insidioso e spesso ci troviamo solo alla fine a risolvere con difficoltà certe leggerezze dei consumatori.
Sembra che abbiate scelto di sviluppare con i clienti un rapporto di maggiore scambio, fiducia e consapevolezza.
Nel 2008 siamo stati gli unici in Europa a creare un ente bilaterale con i consumatori, Mediaconsum: l’unione di due associazioni di categoria – Fiaip e Adiconsum – che offrono servizi congiunti ai propri clienti. Offriamo modulistica, garantiamo mediazione e conciliazione assistita, cerchiamo di instaurare canali di assoluta trasparenza tra agenti e clienti perché senza confronto diretto ci rimettiamo tutti.
Partirete a giorni con le prime attività dell’Osservatorio Parlamentare Immobiliare. Il solito gruppo politico che cerca la vetrina per affiliare consensi o pensa si tratti di una iniziativa solida?
Per la prima volta l’Osservatorio vede nel suo Comitato di Presidenza la presenza di alcuni Presidenti di Associazioni. Il fatto che ci abbiano coinvolto dimostra che non siamo davanti alla solita associazione di parlamentari che discute di temi spesso lontani da loro.
Oggi la politica ha bisogno di più trasversalità. La casa è sempre stata vista solo con accezioni sociali e connotazioni politiche: i proprietari brutti, ricchi e cattivi e gli inquilini la parte debole. Basta coi luoghi comuni. Così come la politica parla sempre e solo di Roma o Milano dove bene o male il mercato si muove e ne parla perché la maggior parte di loro vive lì ma questa non è una fotografia realistica.
La stragrande maggioranza degli italiani vive in provincia dove i prezzi sono in calo e le transazioni stanno quasi a zero. Vogliamo che l’Osservatorio faccia subito quattro o cinque proposte e le metta nell’agenda del Governo, senza disperdere tempi e risorse.
L’immobiliare ha ossigeno sufficiente per ridare un po’ di fiato alla nostra economia?
Ne sono fortemente convinto e lo dico perché non si pensa mai al fatto che questo mercato muove ben 18 comparti industriali che lavorano lungo tutta la filiera (dall’edilizia al tessile per l’arredo alla chimica, giusto per citarne alcuni).
È ora di ampliare le vedute dei dibattiti politici ed economici. A fine mese faremo le prime tappe a Roma e Milano per presentare il progetto dell’Osservatorio e le nostre proposte da mettere sul tavolo politico.
Il mercato immobiliare si è dovuto fermare negli ultimi anni perché costretto dall’esterno. Nel frattempo abbiamo ingolfato le città e saturato l’ambiente. Quanto pesa oggi il recupero di una visione più ecologica nel vostro lavoro?
Nel 2008, durante i lavori della Commissione Ambiente alla Camera, dissi che bisognava smettere di costruire. Sottolineai che bisognava rinnovare il nostro patrimonio immobiliare già ricco.
Fu una bomba, tutti i parlamentari rimasero perplessi perché questo mercato non è mai stato visto dalla politica con uno sguardo di lungo periodo. Sempre e solo l’atteggiamento di chi deve risolvere emergenze.
E invece già otto anni fa era visibile il tasso di natalità vicino allo zero e il livello altissimo nel tasso di costruzione: essendo gli italiani per l’80% proprietari di case, era logico che sarebbero avanzate.
Il mio intento era chiedere di non consumare più territorio ma riadattare ciò che già c’era, efficientandolo. In quest’ottica ci sarebbe già stata una crescita culturale degli investitori. Prima l’investimento immobiliare (colpa nostra, delle banche e dei costruttori) era fatta con un assegno al portatore dimenticando che quell’investimento era di medio-lungo periodo (almeno dagli 8 ai 20 anni).
Bisogna smetterla di costruire a edilizia agevolata. Ci hanno sempre raccontato che i poveri dovevano avere la casa ma di fatto esistono due mercati, due categorie: a chi non ci entrerebbe mai deve pensarci la politica ma gli altri devono muoversi su altri fronti.
Si è sempre costruito troppo in questo Paese per colpa di interessi e favoritismi quando invece il pubblico avrebbe dovuto acquistare dai privati ciò che già c’era, valorizzandolo e ottenendo una quadratura del cerchio per tutti: meno immobili privati invenduti e soprattutto più integrazione sociale nelle nostre città invece che interi quartieri periferici isolati da una vita vera di relazione urbana.
La cultura di un Paese si misura anche così.
[Credits immagine: felicitarusso.it]
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