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Imprenditorialità: ieri, oggi, domani
Come sarà l’imprenditore del futuro? Questione di aziende, ma anche di scuola: l’abbiamo chiesto all’imprenditore Christian Bracich e al politico Alessandro Fusacchia.
Le imprese sono rilevanti nel processo di crescita e sviluppo di un territorio, così come dell’intero Paese, non solo dal punto di vista occupazionale e del contributo all’innovazione. Con l’evoluzione del digitale e dell’automazione, in uno scenario in perenne mutamento, che profilo avrà domani l’imprenditore, e in generale le figure che presiederanno i processi di gestione aziendale? Quali sfide affronteranno?
In un mondo reso ancora più incerto dalla pandemia, c’è bisogno di innovazione e di imprenditorialità in senso largo, di ripensare gli schemi e i modelli del presente per costruire ciò che ancora non esiste, o almeno rivedere ciò che non funziona. A fornirci prospettive e punti di vista su questi temi sono Christian Bracich, amministratore unico della CPI-ENG, azienda triestina di ingegneria e progettazione meccanica, e l’onorevole del gruppo misto Alessandro Fusacchia, membro della VII Commissione (Cultura, Scienza, Istruzione) e co-promotore dell’Intergruppo parlamentare sull’intelligenza artificiale.
Quali competenze avrà l’imprenditore del futuro?
Per Christian Bracich imprenditori si nasce. «La propensione al rischio, all’investimento, avere la mente aperta alle idee e ai cambiamenti, sono caratteristiche spesso innate». La sua azienda, nata come studio ingegneristico, è progressivamente cresciuta sul mercato nazionale e internazionale grazie a una decisa svolta tecnologica sul fronte della meccatronica e dell’intelligenza artificiale. A fare la differenza è stata la capacità di leggere con largo anticipo, anni fa, le direttrici che avrebbe preso anche in Italia il processo verso la manifattura digitalizzata.
«L’imprenditore o il manager di domani dovrà sempre distinguersi per capacità di visione e capacità di guardare oltre il presente per immaginarsi il futuro». Consapevole dell’esplosione nell’industria meccanica di Paesi quali India e Vietnam, più competitivi dell’Italia per il basso costo del lavoro, Bracich ha compreso di dover puntare tutto sull’innovazione di prodotto e di processo. «Ho dato alla CPI-ENG risorse, skill e professionalità che non avevo mai gestito. Ho assunto laureati in matematica, fisica, elettronica. Io stesso ho imparato cose che non conoscevo».
L’istinto di sopravvivenza, l’intuizione, sono fondamentali, così come la necessità di continuare a formarsi. Chi occupa le posizioni apicali in un’impresa o di una società non può più prescindere da un set di caratteristiche che comprende competenze economiche di base, soft skill e competenze tecniche. «Il mondo dove stiamo andando – conferma Alessandro Fusacchia – è un mondo in cui le professioni manageriali nel loro complesso avranno bisogno di competenze tecniche diffuse. L’archeologo, solo per fare un esempio di mestiere culturale, non potrà fare a meno dell’uso dei droni nell’evoluzione della sua professione. Si registra però il ritardo del Paese; l’organizzazione dell’Italia va ridiscussa e ripensata».
Il problema, aggiunge Fusacchia, è aver costruito un Paese a compartimenti stagni nelle università, così come nelle professioni, nei mestieri e nella società intera, mentre i fenomeni più interessanti avvengono sempre più alla frontiera tra materie, discipline, mondi che fino a oggi si sono parlati poco. Ergere barriere sarà sempre più controproducente.
«L’imprenditore italiano – sostiene Christian Bracich – deve cambiare mentalità; deve puntare a creare sinergie e realtà aziendali più grandi. “Sei un mio concorrente? Non posso lavorare con te” è un po’ la filosofia nel nostro Paese. Quello che ho potuto vedere in prima persona lavorando in Francia è un atteggiamento molto differente: “Sei un mio concorrente, ma se uniamo le forze otteniamo un risultato migliore”. Certo, la Francia guarda in larga parte a Parigi, mentre la spina dorsale del tessuto italiano è composto da micro, piccole e medie aziende. Ma proprio per questo sarebbe strategico, nell’ottica di una crescita futura, favorire operazioni di fusione anziché limitarsi a forme di collaborazione blande come le reti d’impresa».
Imprenditorialità è innovazione: scuola e PA vanno rivoluzionate
La formazione manageriale non riguarda solo l’industria o i servizi. Per l’onorevole Fusacchia dovrebbe essere una priorità delle istituzioni pubbliche, avendo come target anche la Pubblica Amministrazione a livello centrale, regionale e locale.
«Per ripartire dopo il COVID-19 e cogliere l’opportunità dei fondi del programma Next Generation EU serviranno profili professionali diversi da quelli inseriti fino a ora, formando intanto quelli che già ci lavorano. È importante intervenire sulla PA perché possa produrre, insieme al legislatore, quelle politiche necessarie a superare i compartimenti stagni che frenano il Paese». La PA non deve rimanere ai margini di questi processi, ma elevarsi ad attore protagonista del rinnovamento del Paese.
Una riflessione sul domani non può che mettere al centro la scuola. «Serve un aggiornamento – prosegue Fusacchia, che nel passato è stato capo di gabinetto al MIUR – del modello educativo italiano, di cosa si insegna e soprattutto di come si trasmette il sapere. Occorre innovare la dimensione metodologica e didattica, al di là dell’utilizzo di dispositivi tecnologici e tablet. La grande rivoluzione sarebbe ridurre il numero di studenti per aula: in un mondo complesso e denso di stimoli come quello attuale, l’insegnante potrebbe così prendersi cura in maniera più mirata e attenta di ogni studente».
Christian Bracich sottolinea l’importanza di insistere sull’alternanza scuola/lavoro come avvicinamento concreto all’occupazione, e di far crescere il network degli atenei italiani per consentire una maggiore connessione tra persone e competenze. «In Francia operano realtà formative di eccellenza, dove sin da giovani gli studenti si costruiscono una rete di contatti di alto profilo. Da noi questo aspetto è trascurato».
Fusacchia propone inoltre di pensare a schemi di alternanza scuola/università: «I giovani oggi non sanno chi sono, perché si impara a conoscere attraverso piccole e grandi esperienze, sperimentando più attività che possano risvegliare o meno una vocazione. Dobbiamo aumentare le opportunità per i giovani di fare esperienze formative scolastiche e soprattutto extra-scolastiche».
Le sfide dell’imprenditorialità: non solo fondi, ma creatività e partecipazione
In Italia la stragrande maggioranza delle imprese è di tipo famigliare, con tutte le problematiche connesse al passaggio generazionale e alla successione aziendale. Si assesta però anche il numero delle startup innovative, stabilmente sopra quota 10.000 (al 31 marzo 2020 se ne contano 11.206). Resta il nodo dell’ecosistema offerto dal nostro sistema Paese.
«I primi due anni di vita di un’impresa sono spesso i più delicati. Servirebbe più supporto da parte dello Stato sul versante fiscale. In Francia gli aiuti dati alle aziende sono superiori rispetto all’Italia. Ora che si discute di Recovery Fund e di fondi in arrivo dall’Europa, mi auguro si sostenga anche l’imprenditorialità, giovane e non solo», afferma Christian Bracich che, lo ricordiamo, è stato insignito del titolo di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana per aver promosso politiche aziendali fondate sulla conciliazione tra vita professionale e familiare e sulla tutela del valore della persona nel mondo del lavoro.
Come si gestirà un domani il rapporto tra imprenditori e capitale umano? «L’imprenditore dovrà sempre essere un po’ psicologo con i suoi collaboratori e dipendenti. Spero che nel futuro si affermi definitivamente la flessibilità, come avviene in CPI-ENG, dove non c’è vincolo di orario, ma adesione all’obiettivo da raggiungere. Chiunque lavori nella mia azienda deve sentirsi felice di farlo, essere responsabilizzato e reso partecipe delle dinamiche produttive».
Ma l’imprenditorialità, come abbiamo già detto, è un valore che deve attraversare tutta la società, partendo ancora una volta da quella fondamentale agenzia di socializzazione e orientamento che è la scuola. «Deve passare il messaggio che il lavoro si cerca, ma si crea anche. Sviluppare l’imprenditorialità nei ragazzi non significa far diventare tutti dirigenti e titolari, ma chiarire loro la strada da intraprendere nelle loro vite», conclude Fusacchia. «Incoraggiare la partecipazione attiva e lo sviluppo della creatività applicata al raggiungimento di determinati obiettivi sono pratiche che già esistono in diverse scuole e che vanno incoraggiate, grazie all’energia e all’impegno “esterno” di aziende, associazionismo, terzo settore».
«È importante che i ragazzi si accorgano che esistono molti tipi di aziende: imprese grandi e storiche; realtà artigianali, startup innovative. La priorità è soprattutto quella di formare una nuova generazione di cittadini critici, responsabili, pronti a mettersi in gioco e a sfidare, nel senso più positivo del termine, ciò che la scuola insegna loro ogni giorno.»
In Copertina i partecipanti al panel “Donne sull’orlo di una crisi di genere”. Da sinistra Alessandro Fusacchia, Christian Bracich, Stefania Zolotti, Barbara De Micheli, Giulia Perona e Giulia Cuter. Foto di Domenico Grossi.
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