Io, robot più umano degli umani: la favola triste di Kazuo Ishiguro

Un robot a energia solare si prende cura di una bambina dalla salute precaria in una società di uomini modificati per essere ultraperformanti; una delicata riflessione sul significato di umanità. Recensiamo “Klara e il Sole”, di Kazuo Ishiguro.

Kazuo Ishiguro (premio Nobel per la letteratura nel 2017) torna finalmente in libreria con un romanzo, Klara e il Sole, che invita alla riflessione e che non manca di scuotere le corde più intime del lettore.

Klara e il Sole: se un robot è più umano dell’umanità

Klara, la protagonista, è un AA, Amico Artificiale, appartenente alla categoria dei B2: un robot umanoide ad alimentazione solare. Pur essendo un robot, Klara è dotata di grande sensibilità, capace di scrutare nel profondo gli animi umani, rilevandone i dettagli più nascosti, sempre con dolcezza e delicatezza.

Come ogni altro AA, Klara è destinata ad affiancare un bambino, e nel suo caso sarà la quattordicenne Josie a sceglierla e portarla a casa. Josie ha una salute precaria e toccherà a Klara, assieme agli altri personaggi del romanzo, prendersi cura di lei e tenerla sotto controllo, vivendo in simbiosi e in completa devozione con la sua piccola umana.

Nel sole (essenziale per la sopravvivenza di tutti gli AA) Klara ripone ogni supplica e preghiera, serbando anche l’ultima speranza che la sua amica umana possa guarire e continuare a vivere, sia pure in un mondo profondamente ingiusto, che seleziona gli adolescenti tra i più “potenziati” e i “non potenziati”. Quella che racconta Ishiguro è una società di prescelti, destinati a diventare la classe dominante, dove l’uomo è condannato a vivere in uno stato di perenne solitudine in un mondo che va perdendo sempre di più il senso della solidarietà e dell’umanità.

Un’umanità che, per assurdo, il lettore riscontra in Klara, dallo sguardo puro e autentico, disposta a sacrificarsi pur di salvare chi ama nonostante – a differenza di un umano – non abbia storia, passato o ricordi.

La favola lirica di Kazuo Ishiguro

Si tratta di un’opera ricca di interrogativi ai quali è difficile dare risposte certe.

La tecnologia può davvero riprodurre in tutto e per tutto un essere umano? È moralmente corretto sottomettere i bambini a una modifica genetica per consentire loro di raggiungere obiettivi “socialmente elevati”? È giusta la sorte destinata agli AA ormai divenuti superati e inutilizzabili?

Su questo sfondo domina la difficoltà nei rapporti interpersonali. Attraverso la metafora distopica, Ishiguro affronta il tema a lui più caro: la condizione umana, e in particolare la solitudine dell’essere vivente.

La penna di Ishiguro è precisa e accattivante, in bilico tra una prosa lirica e il racconto favolistico. Il premio Nobel sa farsi riconoscere ancora una volta. L’autore ha il grande dono della sintesi: con semplicità riesce nella difficile arte di dire tanto e sottendere il doppio. La sensibilità del testo viene rappresentata magistralmente dalla narrazione in prima persona della protagonista Klara, che tenta di approcciarsi al mondo per la prima volta.

Il ritmo narrativo mantiene sempre la stessa continuità e scorrevolezza; l’unica nota negativa che riscontro in questo romanzo, nel quale la prima parte dell’opera è decisamente più attraente della seconda, che non accelera mai in ritmi più incalzanti, nonostante la trama sia perfetta per questo tipo di escalation.

Perché leggere Klara e il Sole

Sebbene abbia chiuso il libro con una sensazione di amarezza e un gusto agrodolce per la realtà rappresentata nel testo, consiglio vivamente a tutti di leggere Klara e il Sole perché trovo sempre incredibile la capacità di Ishiguro di far innamorare e spezzare il cuore nello stesso momento, in una commistione magistrale.

L’autore riesce a far riflettere su temi universali (amore, religione, tecnologia, rapporto con sé stessi, etica, religione, progresso) unendo realtà e fantasy, scrivendo un romanzo a quattro mani con il lettore: Ishiguro ispira, il lettore fa il resto.

Ho trovato meravigliosa la riflessione sull’essere umano e gli interrogativi a cui dà origine: “Cosa ci rende umani? Siamo solo un mucchio di ossa e di carne, oppure esiste qualcosa di più profondo? E se questo nostro ‘cuore’ esiste davvero, dove si trova? È possibile replicarlo, salvarlo da qualche parte, o sparirà con la nostra morte?”

La grande capacità dell’autore di affrontare con delicatezza tematiche così pesanti è indescrivibile. Siamo davanti a un romanzo che, in meno di trecento pagine, contiene infinite suggestioni e riflessioni profondissime. Una favola piena di speranza, malinconia e amore che non posso che consigliare a tutti.

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